La storia dello Stato di Palestina è tristemente nota e travagliata, legata a doppio filo con quella dello Stato d’Israele. Stato di Palestina e Palestina non sono la stessa cosa: il primo comprende Gerusalemme Est e i territori occupati palestinesi, ovvero Cisgiordania e Striscia di Gaza, mentre la Palestina è quel lembo di terra – storicamente e geograficamente noto con questo nome – che questi territori condividono con Israele, Siria, Giordania e Libano.
Autoproclamatosi indipendente in modo unilaterale nel 1988, è uno stato che a oggi non possiede un’organizzazione tipica: non ha un esercito e una parte dei suoi territori sono occupati. Lo Stato di Palestina è riconosciuto come tale solo da 137 membri dell’ONU, mentre sono 50 i membri che, al 2018, ancora non lo riconoscono.
Per parlarti di questo popolo ho scelto tre scrittrici molto diverse tra loro: Selma Dabbagh, Adania Shibli, Khulud Khamis.
Fuori da Gaza
Sono le 8:00 di sera, Gaza è sotto bombardamento israeliano. Rashid sta fumando uno spinello sul tetto di casa, ha appena saputo di aver vinto una borsa di studio per Londra: la via di fuga che stava aspettando. Iman, la sua sorella gemella, è un’attivista molto rispettata che viene contattata dall’ala islamica per farsi esplodere in un attentato suicida… Ambientato tra Gaza, Londra e il Golfo, “Fuori da Gaza”, segue le vite di Rashid e Iman nel loro tentativo di costruirsi un futuro tra l’occupazione, il fondamentalismo religioso e le divisioni delle varie fazioni palestinesi. Scritto con umanità e humor, il libro ripercorre le recenti vicende di un popolo, dando al lettore l’opportunità di calarsi in una storia di ordinaria vita palestinese.
Selma Dabbagh nasce in Scozia nel 1970 da madre inglese e padre palestinese. Avvocato per i diritti umani, ha ereditato dal padre – esiliato – quel senso di smarrimento che condividono tutte quelle persone che non sono nate e cresciute in un territorio comune da poter chiamare Patria. E nel suo primo romanzo, Fuori da Gaza, pubblicato da Il Sirente, racconta con un sottile humor British di questo groviglio di sentimenti che popola chi sa di non poter tornare a casa.
Pallidi segni di quiete
“Pallidi segni di quiete” raccoglie i più bei racconti di Adania Shibli, la giovane scrittrice palestinese il cui primo romanzo, “Sensi” (Argo 2007), è già noto al pubblico italiano. Calando l’asciutta enunciazione di minuti fatti quotidiani in un’atmosfera oscillante tra stupore e sgomento, Adania Shibli consegna al lettore un mondo drammaticamente incomprensibile. Da “Senza rami” a “Necrologio di un bravo professore del quartiere armeno” a “Pallidi segni di quiete”, che dà il titolo alla raccolta, è un incessante succedersi di finestre che si spalancano su un universo bello e terribile, fissato da occhi inermi e spietati.
Adania Shibli nasce nel 1974 in Palestina e oggi vive tra Londra e Ramallah. Ha una formazione in comunicazione e studi culturali, e ha iniziato a scrivere pubblicando racconti su diverse riviste. Vincitrice per due volte del premio Young Writer’s Award–Palestine promosso dalla A.M. Qattan Foundation, è considerata una delle più promettenti voci di lingua araba. Pallidi segni di quiete e Sensi sono le sue due opere tradotte in italiano.
I frammenti di Haifa
Ad Haifa, una ragazza coraggiosa cerca di mettere in ordine i frammenti della sua vita, tra Palestina e Israele, musulmani e cattolici, sessualità e indipendenza. Donna, atea, di famiglia cattolica, frequenta un ragazzo musulmano e disegna gioielli per una ricca commerciante israeliana. Non lavare i piatti e bere vino è la sua piccola rivoluzione, che si consuma nell’appartamento che si affaccia sul suk, pulsante di profumi e colori. Al suo interno Maisoon è alle prese con l’intima amicizia con la giovane Shahd, aspirante medico, e l’irritante apatia del fidanzato Ziyad. Sarà un misterioso diario venuto dal passato a svelarle il cammino verso il futuro, che era sempre stato lì, in mezzo ai suoi frammenti.
Khulud Khamis è una scrittrice femminista palestinese, cresciuta tra le linee grigie di due culture: sua madre è di nazionalità slovacca mentre suo padre è palestinese. Vive ad Haifa e fa parte dell’organizzazione femminista Isha L’Isha- Haifa Feminist Centre. Nel suo primo romanzo, I frammenti di Haifa, pubblicato da Fila 37, parla delle difficoltà che devono affrontare quotidianamente i palestinesi con cittadinanza israeliana: dall’esser considerati traditori all’esser guardati con sospetto alla scissione identitaria interiore. Ma, alla fine, offre anche uno spunto positivo per il futuro.