Caro Lettore, il nostro viaggio continua in Sri Lanka, anche noto come Lacrima d’India per la sua particolare forma e la sua vicinanza alla costa indiana. Già colonia britannica, indipendente dal 1948, fa parte del Commonwealth britannico con il nome di Ceylon. Dal 22 maggio 1972 diviene Repubblica democratica socialista assumendo il nome di Sri Lanka.
Dal punto di vista culturale la Lacrima d’India ha sempre avuto in sè forti componenti indiane, per poi ricevere ulteriori influenze malesi, arabe e dai Tamil, gruppo etnico originario dello Stato del Tamil Nadu. Per parlare di letteratura sarà prima necessario capire la situazione linguistica dello Sri Lanka: l’adozione del singalese come lingua ufficiale dell’isola venne fin dagli inizi decisamente contrastata , con violenti moti di piazza che culminarono nel 1955 in scontri tanto sanguinosi quanto futili. Il singalese è la lingua madre di circa 3 milioni di individui ed è un idioma indoario (un ramo della famiglia delle lingue indoeuropee) importato nell’isola dall’India. Separato dal subcontinente, ebbe poi modo di evolversi per suo conto elaborando una propria identità letteraria. Dopo questa piccola infarinatura senza più indugi possiamo avventurarci insieme nei meandri della letteratura cingalese!
La prima opera letteraria da citare è il Mahavamsa (“Grande cronaca”), un poema epico del V secolo che racconta la storia dello Sri Lanka dalle sue origini leggendarie fino al 302 d.C, anno del regno di Mahasena. Il poema fu scritto da un monaco buddista ed ha grande importanza sia per le informazioni storiche che vengono fornite, sia dal punto di vista linguistico e politico: l’opera viene infatti considerata come un importante documento che testimonia il fatto che fin dall’antichità lo Sri Lanka è stato uno Stato buddista.
In termini più recenti non possiamo non citare quello che è considerato da tutto il padre della letteratura moderna sinhalese: Martin Wickramasinghe, autore di romanzi e racconti i cui temi fondamentali sono la cultura e la vita del popolo dello Sri Lanka, nonché la ricerca di radici. Dopo di lui, altri due importanti autori della letteratura cingalese sono Rajiva Wijesinha e Michael Ondaatje.
Rajiva Wijesinha nato il 16 maggio 1954 a Colombo, scrittore e storico cingalese, è professore di lingue presso la Sabaragamuwa University in Sri Lanka. Tra le sue opere, sono due i titoli noti in Italia. Il primo è Servi (2002). Vediamo insieme la trama: Negli anni Sessanta, nell’ovattato mondo di Shalimar, si respira un’aria di cambiamenti apportati dalla “rivoluzione dell’uomo comune” che ha avuto luogo nel 1956. Nella villa in cui vive un’agiata famiglia singalese, il numero di servi viene ridotto, e le donne avanzano pretese fino ad allora mai rivendicate, come quelle di portare i pantaloni invece del sarong. Piano piano sfilano tutti i servi, i cuochi, le ayah e le persone che hanno lavorato a Shalimar. A Shalimar la lingua inglese, segno di distinzione tra la classe alta, si mescola alle lingue locali dei cuochi e dei giardinieri, alle storie delle reincarnazioni del Buddha raccontate ai bambini e alle cronache dei servi che si affrancano dagli obblighi imposti dai loro padroni.
Il secondo titolo di Rajiva Wijesinha che ti voglio presentare è Atti di fede (2006): Questa nuova opera muove dall’uccisione di Shiva, giornalista tamil scomodo al governo, durante la guerra civile scoppiata nel 1983, che dilania un giovanissimo Stato nato solo un decennio prima. Una guerra che ha causato morti, distruzione ed emigrazioni massicce, facendo travisare e misconoscere un popolo intero agli occidentali, che spesso considerano Ceylon senza storia né futuro.
Per concludere in bellezza, arriviamo a parlare del più noto autore singalese: Michael Ondaatje, nato in Sri Lanka ma naturalizzato canadese. Autore di numerosi romanzi, Michael Ondaatje è noto soprattutto per Il paziente inglese (1992) da cui è stato tratto l’omonimo film, vincitore di ben 9 premi Oscar. Vediamo la trama: Sul finire del secondo conflitto mondiale, tre uomini e una donna si rifugiano in una villa sulle colline di Firenze. Al piano superiore giace, gravemente ustionato in un incidente d’aereo e accudito dall’infermiera Hana, il misterioso «paziente inglese». Dai suoi racconti, allucinati dalla morfina, riemergono l’amore travolgente per Katharine e le avventurose peregrinazioni nel deserto. Intorno alla sua convalescenza s’intrecciano le vicende degli altri abitatori della villa: Hanam Caravaggio, un ladro che lavora per i servizi segreti, e Kip, un sikh, abile artificiere. La memoria, i miti e le leggende dei quattro protagonisti, lacerati e turbati dall’esperienza della guerra, ripercorrono la storia di un’epoca, e ci permettono di giudicarla. Ma “Il paziente inglese” è soprattutto una grande storia d’amore, un sogno emozionante, animato da una trascinante tensione lirica, ambientato in un fragile Eden, troppo vicino all’Apocalisse.
Il nostro viaggio letterario oggi giunge al suo termine. Spero che questo excursus ti abbia entusiasmato e in qualche modo arricchito!