Sao Tomè e Prìncipe è un piccolo arcipelago di venti isole che si trova nell’Oceano Atlantico, al largo dell’Africa centrale, più precisamente nel golfo di Guinea.
E io che pensavo che fossero delle isole caraibiche.
Posso partire da questa mia affermazione per mettere nero su bianco due grosse verità: la prima è che la mia geografia è molto rivedibile, la seconda è che questa rubrica che ci apre gli occhi sul mondo è davvero utile per te che leggi desideroso di conoscere la cultura letteraria di ogni stato, ma anche per noi che quotidianamente facciamo ricerche per arrivare in ogni pagina scritta e custodita in ogni angolo, anche il più recondito, del mondo.
Oggi Sao Tomè è una repubblica semipresidenziale, ma in passato è stata una colonia portoghese, in quanto sono stati proprio i lusitani a scoprire questa isola nel 1471, nel giorno della commemorazione dell’apostolo San Tommaso, e se uno più uno fa due, ecco svelata l’origine del nome dell’isola. Sao Tomè è anche il nome della capitale, che è una delle città più popolose dell’arcipelago con i suoi 53.000 abitanti.
La storia di questo paese ci rivela che prima dell’arrivo dei portoghesi, le isole erano completamente disabitate, e per i colonizzatori queste terre sono state per secoli un punto strategico come base per il commercio della costa. Nei primi periodi dopo la scoperta di Sao Tomè, fu la coltivazione dello zucchero a rendere queste isole una vera richezza, poi, con il passare dei decenni, e la comparsa di altre colonie americane, queste terre si trasformarono in una sorta di dogana per il transito del commercio degli schiavi. E’ proprio la schiavitù che ha fatto nascere i primi albori di una rivoluzione, il fermento è iniziato nei campi di coltivazione del caffè e del cacao (per anni Sao Tomè è stato il paese al vertice dell’esportazione mondiale del cacao) ed è sfociato negli scioperi e nella nascita di movimenti per la liberazione apparsi a metà del novecento. L’indipendenza è arrivata nel 1975.
Quelle di Sao Tomè sono isole vulcaniche, occupate per la maggior parte da piantagioni e villaggi agricoli. La sua vicinanza all’equatore, fa si che ci sia un clima equatoriale con temperature gradevoli per tutto l’anno, ma allo stesso tempo con una forte concentrazione di piogge che resta costante per tutti i dodici mesi.
La religione più diffusa è quella cattolica, mentre la lingua più parlata è il portoghese, per ovvi motivi dovuto alla storia di queste isole. In realtà ci sono altre tre lingue ufficiali che sono tre idiomi creoli derivati dal portoghese: il forro, l’angolar e il principese (ma non chiedermi di dirti qualche parola perchè io sono già in difficoltà con il collaudato portoghese). La lingua straniera più studiata e più diffusa è il francese.
Ma come si conciliano tutte queste nozioni sulla storia del paese con la cultura e con il mondo dei libri?
Ovviamente l’influenza portoghese è agli albori anche dell’arte di Sao Tomè. I chiloli furono le prime rappresentazioni teatrali arcaiche a comparire sulle isole, prendevano spunto dagli autos portoghesi ma avevano tempi e ritmi adattati al popolo africano, che come si sa, ha davvero un passo in più in quanto a musica nel sangue. Il primo autore di cui ci sia traccia è Francisco Stockler, vissuto nel XIX secolo e autore di poesie con cui scriveva con saggezza, ironia e sarcasmo le cose del mondo.
Francisco Josè Tenreiro, nato a Sao Tomè nel 1921 e morto a Lisbona nel 1963, è considerato il più grande scrittore, poeta, di questo paese. E’ stato uno studioso della geografia (non proprio come me) alla corte di Orlando Ribeiro, e ha affinato i suoi studi prima a Londra e poi a Lisbona. Questi studi sono spesso sfociati in articoli su varie riviste e su quotidiani, uno di questi, il Claridade, l’ha visto anche nel ruolo di fondatore. Ha legato le sue opere letterarie al suo paese nativo, alla condizione degli schiavi e all’origine delle sue terre, tanto che il premio nazionale di letteratura che ogni anni si tiene a Sao Tomè è a lui intitolato, come del resto la più grande biblioteca che si trova nella capitale. Il volume che contiene tutte le sue opere pubblicate è uscito postumo e si intitola Obra Poesia completa (1967), anche se ne è stata stampata una nuova versione nel 1982 dal titolo tradotto in inglese Heart of Africa .
Dopo l’indipendenza ottenuta, però, sembra sfiorire il periodo d’oro della poesia, il tema della rivincita sociale e della ribellione alla schiavitù non è più fonte di ispirazione, e gli scritti prendono una strada che porta alla ricostruzione nazionale e alla nascita di un nuovo stato indipendente. E’ come se per scrivere poesie serva sempre il dolore.
Chissà . . .
Quel che più mi colpisce, mi appassiona e mi riempie di gioia, è che ancora una volta, come è già successo per altri piccoli e poco conosciuti stati del mondo, è la poesia l’arma vincente della cultura locale. Davvero possiamo considerare la poesia una forma di scrittura, ma anche di comunicazione, senza confini. Senza barriere e senza distinzioni di razza e di colore, La poesia arriva oltre i limiti della nostra conoscenza e della nostra percezione. Ed è bellissimo che i versi, le poesie e se vogliamo anche i canti, siano un elemento che accomuna, che fa prendere per mano popoli così distanti e così diversi tra loro.
La poesia arriva oltre la conoscenza, del resto davanti a dei versi splendidi, cosa importa se sono stati scritti ai caraibi o nel golfo di Guinea?