L’aeroplano permette di raggiungere con relativa facilità luoghi un tempo remoti e avvolti nel mistero. Il mare d’inverno, un tempo rifugio di esteti solitari, diventa un fatto alla moda il che gli arreca oltraggio e lo rende banale. Resta la mente dell’uomo, la sua fantasia e la capacità di creare il mito, la costruzione del non luogo di valenza letteraria e favolosa.
Per questo, l’ultimo rifugio del viaggiatore non sono le corde e la piccozza, o la ricerca dell’emozione sempre più estrema, è la letteratura. Riempiamo una valigia di libri, se vogliamo viaggiare in buona compagnia, soprattutto se vogliamo arrivare a… Samoa.
Quando parliamo delle isole Samoa ci riferiamo a uno degli ultimi paradisi naturali del pianeta veramente degni di questo appellativo.
Ci troviamo in Oceania e dalla mappa potete comprendere quanto piccoline siano le due isole in questione. Occupano una superficie di poco meno di 3000 km quadrati, un decimo della superficie italiana.
Però sono 3000 km quadrati di paradiso terrestre. Il primo contatto con gli europei si ebbe solo all’inizio del XVIII secolo, ed erano contatti molto sporadici con viaggiatori e scopritori per mare, mentre i primi missionari giunti sulle isole per abitarvi stabilmente comparvero intorno al 1830.
Il clima fa invidia perchè le temperature non scendono in inverno sotto i 20 gradi, mentre in estate oscillano tra i 40 e i 48 gradi con quasi 8000 mm di pioggia durante la stagione dei monsoni.
Per il resto immaginate un paesaggio insolito e sorprendente, di origine vulcanica con una cima di 1858 m per il vulcano Mauga Silisili al centro dell’isola Savai’i.
Sebbene dal punto di vista geografico le isole Samoa rappresentino un arcipelago unico, dal punto di vista politico e giurisdizionale si tratta di due stati ben distinti, dei quali le Samoa Occidentali sono quello più ad Ovest (l’altro stato è rappresentato dalle Samoa Americane, territorio USA) Samoa Occidentali, dove è la natura a dettar legge.
È proprio dalle isole Samoa che i polinesiani salparono alla conquista dei mari ed è presso le Samoa che nel corso dei secoli hanno soggiornato famosi scrittori, star del cinema e intrepidi viaggiatori.
Uno dei primi occidentali ad insediarsi stabilmente in Samoa fu Robert Louis Stevenson, con una produttività varia e smisurata in cui spiccano i romanzi L’Isola del Tesoro, La Freccia Nera e Lo strano caso del Dr. Jekill e del Signor Hide.
Stevenson, da sempre di salute cagionevole, ed ispirato dai racconti esotici di Melville, accettò di trasferirsi nel sud del Pacifico con la famiglia per scrivere di quei luoghi. Toccò le Isole Marchesi, Tahiti e le Sandwich, Honolulu ed infine Upolu, a Samoa. Qui restò fino alla morte, nell’ammirazione della popolazione indigena che lo soprannominò Tusitala, narratore di storie.
Che cosa può aver indotto un uomo della levatura di Stevenson a decidere di voler vivere in quest’isola? Indubbiamente la bellezza dei paesaggi verdi e puntanti da frangipane ed ibisco, per le numerose cascate e le spiagge di coralli, per la cultura tradizionale risalente a 3000 anni, ma soprattutto per il loro stile di vita ancora forte come nel passato e unico nel suo genere caratterizzato da usi e costumi, tradizioni, rispetto per la famiglia e la comunità, la devozione religiosa e il legame con la natura. Questa forte tradizione culturale regola le giornate dei propri abitanti e si chiama Fa’a Samoa, in inglese The Samoan Way.
Però questa angolo di paradiso ha anche una complessità e ricchezza di passato coloniale, che troviamo espresse negli scritti di Sia Figiel.
Sia Figiel è una poeta e romanziera samoana. I suoi romanzi hanno vinto elogi per l’uso delle tecniche tradizionali di narrazione samoana, in particolare il suo primo romanzo, A cui un tempo appartenevamo del 1996, che ha vinto un prestigioso premio del Commonwealth Writers. Gli altri libri di Figiel includono i romanzi The Girl in the Moon Circle e They Who Do Not Grieve e la raccolta di poesie in prosa To a Young Artist in Contemplation. Ha registrato lavori con Teresia Teaiwa.
La poesia di Figiel Songs of the fat brown woman è stata inclusa in Best New Zealand Poems del 2003. Vive a Samoa.
Patricia Grace è una scrittrice maori. Nata a Wellington, in Nuova Zelanda nel 1937, ha insegnato nelle scuole primarie e secondarie ed è stata scrittrice alla Victoria University di Wellington nel 1985. Ora è una scrittrice a tempo pieno, vive nella terra ancestrale della sua gente di Ngati Toa, Ngati Raukawa e Te Ati Awa. I suoi romanzi precedenti includono Mutuwhenua: The Moon Sleeps e Potiki, che ha vinto la sezione di narrativa dei New Zealand Book Awards e Literaturpreis a Francoforte. Prima scrittrice in lingua maori che ha parlato della sua comunità e di che cosa significhi essere maori oggi, quando vi è necessità di testimoniare questa cultura in un paese che ha reso il maori una lingua straniera, straniera talvolta ai maori stessi e in casa propria.
I racconti descrivono la spiritualità, i valori e le relazioni personali nella moderna vita Maori in Nuova Zelanda.
Fa da contrappunto la narrativa del raffinato Bill Manhire, poeta e scrittore che, con tocchi sottili, ricorda l’importanza del luogo, la sua natura, quale unità transculturale capace di unire voci diverse nella comune difesa di un patrimonio unico al mondo. E’ anche critico di fiction, ha fondato l’influente programma di scrittura creativa presso la Victoria University di Wellington. È stato il primo poeta laureato della Nuova Zelanda e ha vinto numerosi premi per il suo lavoro, tra cui quello del Primo Ministro per il rendimento letterario. I suoi libri includono The Victims of Lightning e The Moderatamente Hungry Maggot, e un Selected Poems pubblicato di recente. È noto per il suo lavoro collaborativo nelle arti visive con il pittore Ralph Hotere, nella musica con il compositore jazz Norman Meehan e nella scienza con il fisico Paul Callaghan.
Raccolta di poems: “Nella poesia consolidata della Nuova Zelanda una forza dirompente rimbombò sulle riviste e poi esplose con Malady 1970. Qui è iniziata la rivoluzione di Bill Manhire. Comincia con parsimonia, con poesie immaginarie le cui voci calme sono in contrasto con l’egoismo dei contemporanei neo-romantici.”
Manhire è attratto dall’economia, dai paesaggi scarsamente popolati, dal territorio delle Saghe norrene (in cui investe una seria borsa di studio) e dall’Antartide. Mandò al suo editore una cartolina dall’Antartide, dove era poeta residente: stava facendo la sua prima gita di un giorno al Polo Sud. Di solito mantiene le stanze e la sintassi, ma la sua sintassi gira come una striscia di Mobius di Ashberian. Come studioso è vecchio stile e vuole comunicare, prendendo in giro i dialetti della critica e della teoria letteraria; è anche un esploratore del linguaggio a cui non piace tornare al museo tutti i giorni ma a lavorare sul campo. Nel momento più breve stabilisce il suo tema (ritmico, immaginario, sintattico) e inizia immediatamente a suonare le variazioni. “Collected Poems” si basa su otto libri precedenti.
Termino questa carrellata con un autore italiano Ambrogio Borsani; vive a Milano, dove ha lavorato come direttore creativo in Doyle Dane Bernbach e altre agenzie internazionali di pubblicità. Ha fondato e diretto la rivista di storia del libro Wuz. La sua attività di scrittore comprende romanzi e libri di viaggio ambientati nelle isole tropicali: Addio Eden, Tropico dei sogni, Stranieri a Samoa con cui ha vinto il Premio Chatwin.
Con il suo Stranieri a Samoa ha viaggiato attraverso le Samoa riportando l’incanto e l’emozione di queste storie cresciute come frutti prodigiosi in una lontana stagione di magie. Sono storie maggiori e minori, come quella di Emma Coe, intraprendente avventuriera che divenne regina di Nuova Guinea, o quella dello sfortunato quanto geniale conte Nerli, di Erich Scheurman, ambiguo autore del Papalagi, per arrivare alle vicende contemporanee con la singolare avventura del duca Caffarelli, che molti anni fa lasciò via Condotti per andare a vivere a Samoa. E ci rimase trent’anni.
Borsani si identifica completamente nei suoi personaggi, tracciandone un ritratto psicologico di rara acutezza. I Mari del Sud sono lo scenario favoloso che rende possibili questi racconti. Un Eden di cui pure l’autore coglie l’inarrestabile corruzione, come lo sfaldamento di un bel ricordo che assuma i contorni sfumati del sogno. Così, Borsani descrive da grande scrittore l’incontro con una prostituta samoana, il cui assalto è fronteggiato con l’offerta di un hamburger. Hamburger e Coca Cola (che bandisce sull’isola un concorso per voci nuove): ecco due segnali del “nuovo” che avanza.
Già prima, nel 1952, Samoa era diventata famosa perché Gary Cooper vi aveva girato un film. Oggi i turisti arrivano in pellegrinaggio solo per visitare in luoghi in cui è passato Gary Cooper.
Samoa, dunque, è il sogno. Anche se, scrive Borsani, la sua società si sta distruggendo, sopravvive il mito. Il non luogo dell’’immaginazione, forse l’unico in cui, come recita il bellissimo epitaffio sulla tomba di Stevenson “dai monti è tornato il cacciatore, e il marinaio dal mare”.
Ti auguro caro iCrewer di provare le stesse emozioni che ho provato io nello scriverlo.
Ho apprezzato molto
La ringrazio sinceramente. Non è stato facile reperire le notizie.