Caro iCrewer eccoci giunti, in questo giro letterario intorno al mondo, al più piccolo pezzo di terra del Sudamerica che confina ad est con la Guyana Francese, a ovest con la Guyana e a sud col Brasile. La capitale è Paramaibo, la lingua ufficiale l’olandese che affianca lo sranan tongo, anche se a causa della multietnicità si parlano anche l’hindi, il giavanese e la saramacca.
Il primo popolamento europeo fu opera degli inglesi e risale al 1650. Passò dalla Gran Bretagna ai Paesi Bassi con il Trattato di Breda nel 1667 ma diventò colonia della Guayana Olandese definitivamente nel 1815. Con l’abolizione della schiavitù (era il 1863) si aprirono le porte all’immigrazione asiatica (indiani e indonesiani) causa anche di tensioni tra le diverse comunità etniche. Nel 1954 il Suriname conquistò ampia autonomia interna ma raggiunse la piena indipendenza il 25 novembre 1975.
La capitale Paramaibo ha dato i natali a Anton De Kom a febbraio del 1898: Anton era figlio di schiavi deportati dall’Africa; si scopre così che questo piccolo Stato ha fatto da palcoscenico alla tratta degli schiavi nella sua versione più cruda, con catene e marchiature a fuoco, praticata per tenere in piedi l’economia a vantaggio dei padri colonizzatori. Nel 1863 la schiavitù viene abolita formalmente poiché le catene legali e i soprusi umani e psicologici venivano ancora utilizzati a danno non solo di neri africani, ma di tante altre etnie coinvolte in questo traffico disumano: nel 1873 arrivarono milioni di schiavi dall’India Britannica (oggi India, Pakistan e Bangladesh), poi giavanesi dall’Indonesia e anche cinesi. Gli africani rimasero a lavorare nelle piantagioni e quelli che riuscirono a fuggire (alcuni popolarono le foreste dando vita a gruppi indipendenti) vennero chiamati marrons, in italiano cimarroni, in olandese più spregevolmente bosneger.
Anton De Kom, il cui cognome deriva da quello scritto al contrario del padre schiavo che si chiamava Mok, come spesso avveniva, nei suoi pochi anni di vita agì in prima linea nel combattimento alla schiavitù; tra i vari lavori che riesce a trovare per sopravvivere collabora con una rivista di scrittori di sinistra e si unisce anche a molte organizzazioni di sinistra e all’organizzazione nazionalista indonesiana degli studenti, ma a partire dagli anni ’20 arriva il suo primo arresto per attività sediziosa comunista; seguirono altri arresti e nel 1934, ritrovatosi libero ma disoccupato scrisse la sua opera più importante, Wij slaven van Suriname – Noi, schiavi del Suriname – che verrà pubblicato ma con una notevole censura.
“We Slaves of Suriname racconta la storia della formazione dell’ex colonia olandese del Suriname in Sud America dal punto di vista di Anton De Kom, figlio di uno schiavo che divenne instancabile combattente della resistenza e membro del Partito comunista dopo l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi nel 1940. Un resoconto chiave della storia decolonialista, We Slaves of Suriname integra l’esperienza di oppressi, popoli multietnici nella più grande storia del Sud America e aggiunge alla narrazione o alle lotte contro la schiavitù, l’imperialismo e il razzismo. Nel suo racconto sprezzantemente ribelle, De Kom traduce la sua rabbia personale per il brutale retaggio degli olandesi in una storia bella e appassionata e un richiamo alle armi. Pubblicato per la prima volta in olandese nel 1934 e successivamente tradotto in russo, tedesco e spagnolo, il libro ora vede finalmente la sua traduzione in inglese in un momento in cui il popolo del Suriname sta ancora lottando contro le vestigia del colonialismo.“
Anton De Kom scriverà in seguito anche saggi, romanzi e poesie, rimasti negli archivi familiari. Wij slaven van Suriname uscirà senza tagli solamente nel 1971. Per un destino beffardo, Anton muore nel 1945 di tubercolosi in un campo di concentramento olandese, perché dal 1940 partecipò attivamente alla resistenza anti nazista in Olanda, scrivendo anche sul giornale clandestino De Vonk-La scintilla. Nel 1944 venne arrestato dalla Gestapo e deportato a Sandbostel dove finì i suoi giorni, di nuovo, schiavo.