Succede sempre così, ogni volta che mi trovo a scrivere un articolo per questa splendida rubrica che ci guida attraverso gli autori provenienti da tutto il mondo. Succede sempre che prima ancora di mettermi a svolgere delle ricerche riguardanti la nazione in questione, ricerche letterarie, mi domando cosa conosco effettivamente io di questo paese.
Oggi parliamo della Namibia, e quindi, attingendo alle mie conoscenze e al mio flebile bagaglio culturale, cosa associo di primo impatto a questa nazione africana? Frank Fredericks! che no, caro lettore di ICrew, non è uno scrittore e nemmeno un letterato, ma bensì un atleta. Un grande atleta. Negli anni ’90 è stato uno dei velocisti più quotati a livello mondiale, forte nei 100 m e fortissimo nei 200 m. Devo dirti che era il mio preferito in assoluto. Ha sempre avuto la sfortuna di trovare un avversario più forte di lui, ma i suoi piazzamenti sul podio alle Olimpiadi o ai mondiali di atletica leggera sono davvero numerosi. Quindi, fregandomi le mani, ho pensato che cercando un libro con la biografia di questo grande campione avrei risolto la questione articolo sulla Namibia, rischiando pure di sconfinare verso la rubrica Sport in Book ben gestita dall’amica e collega Donatella, e invece no. Nessuna ricerca ha portato a qualche traccia della presenza di un libro dedicato a colui che è uno dei personaggi namibiani più conosciuto nel mondo, se non addirittura il più conosciuto. Spero davvero che sia stato io imbranato a compiere le ricerche perchè trovo grave, anzi gravissimo, che nessuno abbia mai pensato di dedicare delle pagine a questo campione.
E dunque, dopo questo preambolo leggermente “personale”, tuffiamoci a capofitto tra i deserti di questa terra che si affaccia sull’Oceano Atlantico e che si trova nell’Africa meridionale.
La Namibia, dopo la Mongolia, è lo stato con la minore densità di popolazione del mondo e questo è dovuto al fatto che gran parte del territorio è costituito da enormi distese di deserto; il più famoso è quello del Namib, da cui deriva anche il nome dello stato. Avendo ottenuto l’indipendenza dal Sud Africa solo nel 1990 è anche uno dei paesi più giovani del mondo.
Come spesso avviene per questi territori africani, la storia del paese è ricca di esplorazioni e colonizzazioni. La Namibia è stata scoperta nel 1486 dall’esploratore Bartolomeo Diaz, e nei secoli è stata colonia tedesca, inglese fino a diventare poi una provincia del Sud Africa. In origine queste terre erano abitati da diversi gruppi ed etnie di Boscimani.
Pur essendo la lingua ufficiale del paese, l’inglese è parlato da solo il 6% della popolazione, in buona parte di pelle bianca. Il resto dei namibiani, di pelle scura, parlano lingue derivanti da ceppi linguistici bantu e khoisan. Il tedesco, l’afrikaans e l’oshiwambo sono lingue regionali riconosciute. Quest’ultima è la lingua che parla metà della popolazione e viene insegnata alla scuola primaria. Tornando all’inglese, che come detto è la lingua ufficiale, viene utilizzata solo per momenti istituzionali e pubblici.
Legato al tema della lingua, c’è quello della tante etnie che principalmente sono di origine bantu, suddivise a sua volta in tante altre piccole etnie. In piccola percentuale, a causa del passato di paese colonizzato, ci sono etnie provenienti dall’Europa e la percentuale di uomini bianchi, seppur minima come già detto, è una delle più alte nell’Africa subsahariana.
Tante lingue e tante etnie non sono mai di aiuto nella creazione di una ricostruzione letteraria e come succede per tutti gli stati che hanno uno sviluppo simile, è la tradizione orale la più ampia rappresentazione della cultura del paese. E’ vero anche, che gli europei colonizzatori, nei secoli hanno scritto dei testi riguardanti quello che avevano trovato in questa terra, ma sono scritture che raccontano il punto di vista dell’europeo e non quello dei popoli colonizzati.
Essendo la tecnica orale, ovvero quello di tramandare testi raccontandoli e cantandoli, la più sviluppata del paese, sono senza dubbio la poesia e i canti le forme d’arte più sviluppate in questo paese. Del resto la poesia, a costo di essere ripetitivo, è la forma di scrittura che meglio si presta a rappresentazioni teatrali e folcloristiche.
A cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, però, si fa strada nella produzione letteraria del paese, la scrittrice Neshani Andreas, nata nel 1964 e morta nel 2011 dopo una lunga guerra contro il cancro. E’ stata una insegnante che ha lavorato e collaborato con i corpi di pace americani. Figlia di pescivendoli, ha fin da giovane sviluppato il desiderio di fare la scrittrice che l’ha spinta a fare una lunga carriera di studentessa. Nel 2001 ha pubblicato The Purple Violet of Oshaantu, libro che l’ha resa celebre. In questo libro, Neshani, traendo spunto dalla sua esperienza personale, racconta la condizione delle donne nella società namibiana. Il grande successo di questo lavoro viene suggellato in quanto inserito nella raccolta African writers series, una raccolta inglese di volumi scritti dai più grandi autori africani. Questo è senza dubbio un grande risultato per la scrittrice che così ha ottenuto una fama internazionale, pur vivendo in un paese che non ha una grossa tradizione letteraria.
Purtroppo, almeno secondo l’esito delle mie ricerche, questo romanzo non è stato mai tradotto in italiano, ma su Amazon si trova la versione scritta in inglese. The Purple Violet of Oshaantu narra la storia di Mee Ali, una donna che è giustamente appagata per il suo felicissimo matrimonio nonostante per molti, nel suo villaggio, il matrimonio sia sempre sinonimo di felicità. Specie dal punto di vista della donna.
Visto che siamo in tema di feste natalizie, dato il periodo, è giusto aggiungere, concludendo, che essendo per la maggior parte di religione cristiana, di dottrina luterana, anche in Namibia il 25 dicembre si festeggia il Natale, mentre il 26 si celebra la giornata delle famiglie.