Eccomi a te caro iCrewer per il nostro consueto viaggio nel panorama dei libri da… Oggi ti porto in
Montenegro
Una perla ancora tutta da scoprire.
La trovi dall’altra parte dell’Adriatico, incastonata tra la Croazia e l’Albania. E ti svela un volto del Mediterraneo ancora poco conosciuto. Tra il blu del suo mare cristallino che fa da contrasto al verde quasi irreale della vegetazione, puoi vedere, quasi abbracciati dalla roccia, i monasteri ortodossi, tra i quali spicca Ostrog, che si erge addossato a uno strapiombo quasi verticale.
Se ti addentri puoi approfittare di una passeggiata nel verde del parco nazionale del Monte Durmitor (che non significa dormitorio), bellezza naturistica e tutelata dall’UNESCO, dove si trova il Tara, il canyon più profondo al mondo, secondo solo a quello esistente in Colorado.
Questo ex Stato dell’Europa balcanica ha avuto una vita molto breve: è nato nel 2003 con la dissoluzione della Jugoslavia e si è scisso nelle due repubbliche di Serbia e Montenegro con il referendum del 2006. Confinava con l’Ungheria (N), la Romania e la Bulgaria (E), la Repubblica di Macedonia e l’Albania (S), la Bosnia Erzegovina e la Croazia (W-SW) e il Mare Adriatico (SW). Nell’antichità questo territorio era abitato da Illiri, Sarmati, Traci e Greci, pur sotto l’influsso romano che però non impedì loro di venire slavizzati: l’arrivo delle prime tribù slave a partire dal sec. VI d.C. segnò infatti, per queste popolazioni, un mutamento etnico irreversibile la cui traccia unitaria e consolidata non ha tuttavia garantito convivenza pacifica e fratellanza alla loro genia. Cuore geografico della vecchia Jugoslavia, la Serbia e Montenegro era uno Stato federale formato dalla Repubblica di Serbia, in cui erano comprese anche le regioni autonome della Vojvodina e del Kosovo, e dalla Repubblica del Montenegro; le entità costitutive di questa federazione sono le uniche ad avere mantenuto un legame dalla dissoluzione della Jugoslavia ai primi anni Novanta. Serbia e Montenegro, che si trovano al centro dei Balcani, sono accomunate dalla medesima origine etnica di gran parte della loro popolazione e da una spiccata affinità culturale che si manifesta nella lingua comune (a prescindere da alcune varianti), e dalla medesima religione cristiana ortodossa. Ma al di là della condivisione di un limitato, benché significativo, percorso storico riferibile ai primi secoli dell’era cristiana, le due repubbliche nei secoli passati hanno avuto una storia politica separata, riunendosi solo dal 1918 nel medesimo Stato denominato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, divenuto Regno di Jugoslavia nel 1929. Caduta questa monarchia con a capo sovrani serbi nel 1941 e trascorsa la seconda guerra mondiale sotto l’occupazione italo-tedesca, la Serbia e il Montenegro hanno fatto parte di una nuova Jugoslavia repubblicana, federale e socialista che non è però riuscita a cancellare i segni evidenti dell’emergere di due differenti sentimenti di appartenenza nazionale, pur nella consapevolezza della comune origine slava. La loro genesi è antica nel tempo, risalendo alla dominazione turca, modesta e limitata nell’isolato Montenegro, che ha potuto maturare una specifica e distinta identità. Identità cercata con la strada dell’autonomia nel maggio del 2006, quando votarono a favore dell’indipendenza.
La parola scritta e orale è sempre stata importante nella storia del Montenegro come base per la sopravvivenza sia spirituale che fisica o come espressione del bisogno di trovare il proprio posto tra la terra e il cielo.
Attraverso la storia, i talenti letterari del Montenegro si sono misurati con due grandi discipline: la pittura e la poesia. Il bisogno profondo di esprimersi si concentrò su di esse generando molti scrittori di fama internazionale. In proporzione ai suoi abitanti, sono poche le nazioni con così tanti poeti e scrittori.
I primi documenti scritti dell’odierno Montenegro risalgono alla seconda metà del XII secolo. Un esempio è Il Vangelo di Miroslav, scritto per volere di Miroslav, Principe di Zahumlje, fratello di Stefan Nemanja: è l’opera in cirillico più importante del Medioevo. Con le sue 300 miniature e iniziali, è un connubio di stile bizantino e romanico.
Nella seconda metà del XII secolo venne scritta la Cronaca di un Prete Docleano. Questa cronaca, il cui autore è un anonimo prete cattolico di Bar, racconta la storia dei sovrani del paese dall’epoca in cui gli Slavi si spostarono nei Balcani fino al periodo in cui venne scritta la Cronaca. La seconda parte della Cronaca è una bellissima storia d’amore, dedicata al re Vladimir e a sua moglie Kosara, che per le caratteristiche poetiche e psicologiche dei suoi personaggi si può assimilare alla letteratura cavalleresca che sarebbe stata scritta molti secoli dopo.
La prima tipografia in Montenegro fu fondata nel 1493, quarant’anni dopo la tipografia di Gutenberg. Il suo fondatore fu Djuradj Crnojevic, l’ultimo sovrano medievale di Zeta. Hieromonk Makarie gestì la tipografia. In essa vennero stampati cinque libri, tra cui il più importante fu Oktoih. Si trattava del primo libro stampato in cirillico dagli slavi del sud, in due colori, con caratteri e iniziali in stile rinascimentale.
L’Oktoih rappresentò un modello per molte tipografie slave dell’epoca. Una delle più importanti, in quanto contribuì a preservare il patrimonio spirituale montenegrino, fu quella di Bozidar Vukovic Podgorican, fondata all’inizio del XVI sec. a Venezia.
Fino alla metà del XIX secolo però, in alcune zone la letteratura è principalmente orale e non si limita a raccontare un evento, ma dimostra anche che tale evento è realmente accaduto.
Parallelamente alla letteratura orale, nelle città costiere del XVI e XVII secolo, più soggette all’influenza dell’Europa e anche a quella di altri paesi, appaiono opere di letteratura che tenevano più o meno il passo con gli sviluppi del nostro continente. Questi scrittori, tra cui Andrija Zmajevic, produssero opere vicine alla letteratura barocca.
Petar II Petrovic Njegos, vescovo, principe, nonchè poeta, è il più grande scrittore nella storia della letteratura montenegrina. Ispirandosi a forme non scritte di letteratura, Njegos combinò la forza della letteratura orale e la sua conoscenza della tradizione letteraria europea, rappresentando nella sua opera l’intera epoca del romanticismo. La sua opera principale, ancora oggi è considerata il massimo capolavoro letterario nazionale, Gorski vijenac – Il serto della montagna del 1847, poema epico divenuto ben presto una sorta di testo sacro per tutti coloro che lottavano in difesa della libertà contro l’oppressione ottomana.
Nel filone della stessa tradizione si colloca Avdo Mededovic, contadino originario di Bijelo Polje, considerato il più importante guslar (cantante e compositore di poemi epici accompagnato dalla gusla, strumento popolare a una sola corda).
Fra i più grandi scrittori del XX secolo, troviamo Danilo Kis. Numerosi suoi romanzi sono stati tradotti in italiano tra cui ti segnalo Clessidra e Una tomba per Boris Davidovic. Sette capitoli di una stessa storia.
“Il volto di Boris Davidovic e quello butterato del suo carnefice, intento a estorcergli l’ennesima “falsa confessione”, si specchiano nel buio di una cella densa di fumo, “ansanti e spossati”: in un fronteggiarsi di convinzioni ugualmente “imparziali, inviolabili e sacre”, il primo cerca di conservare la dignità nella caduta e nella morte, l’altro di preservare la severità impersonale e astratta della “giustizia” stalinista. Ma questo scontro è solo il più cupo fra le sette variazioni su un unico tema, quello della sopraffazione e della persecuzione costitutive non solo del “socialismo reale”, ma della Storia in assoluto.”
L’autore Miodrag Bulatovic si è conquistato la fama con il suo humour nero e la visione tragica e grottesca della realtà umana. Ivo Andric premio Nobel nel 1961 per il romanzo Il ponte sulla Drina.
Da quando ha stabilito la sua indipendenza nel 2006, il Montenegro è emerso come centro culturale nel contesto più ampio della ex Jugoslavia, e una manciata di scrittori contemporanei sta riscuotendo particolare successo per le loro visioni uniche del Montenegro moderno.
Pavle Goranović è uno di loro. Nato nel 1973 a Nikšić, in Montenegro, è un laureato in filosofia ed ha scritto recensioni di prosa e letteratura, dividendo anche il suo tempo come co-editore, art director e, soprattutto, poeta. In precedenza ha dichiarato che “l’era del Montenegro post-eroico è arrivata” e la sua collezione del 2009 What Books Smell Like lo dimostra con una struggente nostalgia radicata nell’ansia esistenziale. I dubbi sollevati dai soggetti poetici di questa collezione smentiscono lo stereotipo onnicomprensivo di “Umanità ed eroismo” proposto come rappresentante nazionale del Montenegro.
Dalla Montagna Nera, scrittori e poeti montenegrini contemporanei
E’ un’antologia. Uno spaccato dell’esperienza letteraria contemporanea del Montenegro. E’ il primo testo organico, di questo spessore, a essere pubblicato in Italia, esso ha l’obiettivo di illustrare la particolarità dell’esperienza letteraria montenegrina, presentando i momenti di spicco della sua produzione letteraria; davanti al lettore si trovano testi finora non tradotti scritti da eremiti letterari sia balcanici che mediterranei. L’antologia rende nel migliore dei modi l’attuale mappa letteraria montenegrina, alquanto frastagliata, senza caratteri costanti, rappresentata dai trentacinque autori selezionati da Pavle Goranovic.
Le opere di questa raccolta contribuiscono a plasmare un nuovo rapporto nei confronti dell’eredità universale, rapporto che diventerà il motore di nuove energie creative.
L’integrazione europea è la principale forza motrice del progresso montenegrino.
Le delusioni del passato hanno punito molte nazioni balcaniche che sono state spazzate via dai violenti venti della storia. Mentre il Montenegro ha sempre cercato di poter far parte dell’Unione Europea. Questo darebbe grande impulso all’economia montenegrina.