Caro iCrewer oggi con la rubrica “Libri da…” andiamo in Serbia. Un paese europeo nel sud-est della penisola balcanica senza sbocco sul mare.
Belgrado è la capitale non solo amministrativa ma anche economica, culturale e scientifica del paese e, insieme a Novi Sad, è il maggior centro urbano della Serbia.
Belgrado è una delle città più grandi dell’Europa orientale e sorge dove confluiscono i fiumi Sava e Danubio. Tra le sue attrazioni: la fortezza di Kalemegdan, i musei del paese e dei Balcani, i palazzi reali e altri monumenti. Belgrado è la città con il tenore di vita più alto.
La seconda città più importante della Serbia è Novi Sad, sia per l’economia che per la cultura serba. Quando l’Impero Ottomano conquistò la Serbia, molti si rifugiarono a Novi Sad che allora era sotto la dominazione asburgica, per sfuggire alle persecuzioni dei Turchi. A Novi Sad venne fondata anche la Matica Srpska, una delle istituzioni culturali e scientifiche più importante e antica della Serbia, con lo scopo di preservare e promuovere gli elementi culturali e scientifici dei rispettivi popoli. Fu fondata nel 1826 a Budapest e, successivamente, fu trasferita a Novi Sad, che a quell’epoca era sotto la dominazione austro-ungarica. La Matica Srpska fu promotrice dell’Accordo di Novi Sad del 1960, fra filologi serbi e croati, per creare un’unica norma grammaticale e ortografica per la lingua serbo-croata. Fu compilato anche un Vocabolario della lingua letteraria serba standard in sei volumi.
Inoltre, dal 2001, a Novi Sad si organizza Exit: un festival musicale di fama internazionale, che si tiene annualmente nel mese di luglio nella fortezza di Petrovaradin a Novi Sad. Originariamente era una forma di protesta contro la dittatura di Slobodan Milošević, ma ora è un evento molto conosciuto e atteso in tutto il mondo.
Tra le bellezze naturali di questo paese: la Fruska Gora una catena di colline alte non più di 600 metri. L’area è stata dichiarata Parco Nazionale e ospita una ricca varietà di flora e fauna, oltre a custodire i monasteri ortodossi, che sono i veri custodi della cultura serba.
Poi i laghi e le cascate naturali di Zlatibor e, nella Serbia occidentale, nei pressi del confine con la Bosnia ed Erzegovina, si trova il Parco nazionale di Tara istituito nel 1981.
La maggioranza della popolazione serba vive in Serbia e Montenegro, mentre altre importanti comunità si possono trovare in Bosnia ed Erzegovina e in Croazia. Altre piccole comunità vivono in Macedonia, Slovenia, Romania, Albania e Ungheria; mentre a seguito della diaspora serba, importanti concentrazioni di serbi si sono stanziati in altri paesi come: Germania, Austria, USA , Australia ecc.
La lingua serba è una lingua slava meridionale parlata in Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Montenegro. Una caratteristica della lingua serba è l’uso parallelo di due alfabeti: l’alfabeto cirillico e l’alfabeto latino. Nonostante l’alfabeto ufficiale sia quello cirillico, tutte le persone istruite usano normalmente entrambi gli alfabeti.
Per quanto riguarda la letteratura del novecento di questo paese, nella metà degli anni ottanta ebbe molto successo il libro Hazarski rečnik (Dizionario dei Chazari) di Milorad Pavić. Il testo è un romanzo realizzato in duplice versione: maschile e femminile, in cui si racconta la storia dei Chazari, popolo turco che si stabilì sulle rive del Mar Caspio tra il VII e il X secolo e di cui oggi quasi non restano tracce. Si convertirono a una delle tre grandi religioni: secondo i cristiani al Cristianesimo, secondo i musulmani all’Islam, secondo gli ebrei all’Ebraismo. Per tale ragione il libro si compone di tre parti: libro rosso (fonti cristiane sulla questione chazara), il libro verde (fonti islamiche sulla questione chazara), il libro giallo (fonti ebraiche sulla questione chazara).
Altro scrittore di successo: David Albahari originario della città di Peć e autore di diversi romanzi: Gec i Majer (Goetz e Meyer) un romanzo storico ambientato nella Serbia occupata dai nazifascisti in cui è descritto l’Olocausto e lo sterminio da parte di due sottoufficiali delle SS, Goetz e Meyer appunto.
E Sanguisughe, un romanzo molto particolare con una narrazione senza interruzioni che ha la forma di un monologo. E’ la coscienza del protagonista che, da improvvisato investigatore, si muove tra i misteri di Belgrado. L’atmosfera è quella di un thriller caratterizzato da grande suspance.
Affilato e ossessivo monologo dai contorni kafkiani e le claustrofobiche atmosfere alla Hitchcock, “Sanguisughe” è un intrigo in bilico tra realtà e finzione, sempre sul filo dell’ironia, che riesce a dar voce ai demoni della grande letteratura mondiale.
Questa la trama: Può un semplice schiaffo scompaginare l’intero ordine dell’universo? Può un enigmatico “manoscritto vivente” contenere le risposte a tutte le domande possibili? Sono due tra i tanti interrogativi che all’improvviso sconvolgono l’esistenza anonima e solitaria di un giornalista belgradese, involontario spettatore, una domenica di marzo sulle rive del Danubio, di un episodio apparentemente banale: un tizio prende a ceffoni una ragazza, poi entrambi scompaiono nel nulla. La presenza, nello stesso luogo, di un misterioso uomo vestito di nero e di uno strano segno esoterico destano la sua curiosità e lo spingono sulle tracce della donna. Ben presto, con l’entrata in scena di un manoscritto intriso di misticismo ebraico – un “libro di sabbia” di borgesiana memoria, il cui contenuto cambia ogni volta che viene aperto -, la vicenda si tinge di giallo e l’inquietudine cede lentamente il passo alla paranoia. Il protagonista si ritrova così intrappolato in un’inestricabile rete di simboli cabalistici, apparizioni spettrali ed esperimenti metafisici, fino a diventare vittima sacrificale dei cupi e violenti rigurgiti di antisemitismo e sciovinismo che scuotono la società serba di fine anni novanta.