Un viaggio nell’incantevole mondo fatato della Norvegia, dalle fiabe di Asbjorsen al teatro di Ibsen, al mondo di Sofia
Con i nostri viaggi letterari, abbiamo scoperto terre stupende, le loro origini, i loro abitanti, la storia ma soprattutto la loro cultura, una ragione più che valida per atterrare con la nostra fantasia in Norvegia, uno dei luoghi più suggestivi del mondo, terra dei leggendari Vikinghi, da sempre, culla di scrittori e patria di una grande tradizione letteraria.
E’un mondo magico quella della Norvegia, porzione di terra che si sviluppa da Nord a Sud lungo il bordo occidentale della Penisola Scandinava, e precisamente da Capo Nord, l’estremità settentrionale del continente europeo, alle coste dello Skagerrak. Tra i suoi territori nell’estremo Nord d’Europa l’arcipelago delle Svalbard e l’isola di Jan Mayen, nelle regioni australi le isole Bouvet e Pietro I, oltre che la Terra della Regina Maud, vasto settore dell’Antartide.
Tra fiordi e ghiacciai, illuminata dall’aurora Boreale e con ripide cascate, buona parte del territorio, in base alle latitudini, è posta a Nord del Circolo Polare Artico, una posizione che permette alla Norvegia periodi diurni estivi molto lunghi con fenomeni spettacolari come il sole di mezzanotte che, nelle zone più settentrionali, dura 71 giorni. Inverso, il lungo inverno caratterizzato dell’oscurità notturna che si alterna, ma solo per alcune ore, con una luce molto pallida e grigiastra, più vicina ad una luminosità crepuscolare. La mancanza di luce viva, è tuttavia compensata dall’azione della calda Corrente del Golfo, che consente alle acque superficiali di non gelare mai.
Terra di conquista, la storia del Paese scandinavo, ci racconta che già dall’età più remota le genti erano dedite soprattutto alla navigazione e ai commerci, alcune incisioni rupestri risalenti all’Età del Bronzo raffigurano segni del passaggio delle tipiche navi dei Vichinghi, marinai razziatori, con i quali la Norvegia ha fatto l’ingresso ufficiale in Europa. Non sono certo mancati momenti di grandi agitazione. Per tutto il IX secolo la Norvegia è stata teatro di conflitti e cessioni di territori, con una più che giustificata emigrazione delle popolazioni; solo con l’abolizione da parte della Gran Bretagna (1849) dell’Atto di Navigazione l’attività marittima della Norvegia aumentò di colpo e la cresciuta prosperità dell’agricoltura contribuì ad aumentare il benessere.
Le origini storiche di ciò che è la struttura politica del Paese Scandinavo sono estremamente articolate. E’ importante, tuttavia, citare che il primo re della Norvegia dei nostri tempi fu Carlo di Danimarca, genero di Edoardo VII d’Inghilterra, che il 18 novembre 1905 salì al trono col nome di Haakon VII. Sotto il suo regno si sono combattute le due guerre mondiali. Durante la prima, rimase neutrale, una scelta pagata a caro prezzo con la perdita del controllo marittimo ma successivamente compensata dall’annessione del 25 delle Svalbard. Nella seconda guerra, invece, la Norvegia fu invasa dai tedeschi, appoggiati dal capo dei nazisti norvegesi, Quisling. Pur lottando strenuamente il re e i ministri dovettero fuggire in Inghilterra lasciando Quisling a capo d’un governo fantoccio filohitleriano. Dopo la sconfitta della Germania nel 1945, Haakon VII rientrò in patria e Quisling venne fucilato il 24 ottobre del 1945. Successivamente, prendendo posizione attiva, la Norvegia scelse di aderire alla NATO, era il 14 aprile 1949.
Un territorio affascinante ma limitato nella zona che ospita una percentuale alta di popolazione, un limite che ha generato nei secoli una forte migrazione delle genti autoctone che, in successione, hanno trovato la giusta collocazione verso le zone a più a sud della costa, lasciando indomiti, nelle zone più impervie, i Lapponi, o Saami, da sempre in grado di sopravvivere con la pesca e l’allevamento della renna.
Eppure, pur con tutti i limiti naturali, la Norvegia, attualmente, è al primo posto nel mondo per l’indice di qualità della vita, è ricca di risorse naturali quali carbone, petrolio e gas, corsi d’acqua utilissimi per la produzione di energia idroelettrica, mari pescosi, foreste e, in misura minore, giacimenti minerari, soprattutto di ferro. Elementi che, senza dubbio, consentono una eccellente situazione economica e sociale, risultato di un sistema denominato nel recente passato “socialismo scandinavo”, in grado di combinare il benessere economico con la sicurezza sociale.
La bellezza dei luoghi, il paesaggio incontaminato delle montagne, si fondono con i miti e le leggende così come sono forti i legami tra la cultura dei norvegesi e il loro modo di vivere la natura, vero simbolo nazionale, e forte componente dell’identità del luogo. A Natale è uso scambiarsi come augurio di prosperità la maschera di una testa di caprone con le corna intrecciate di paglia. Il 21 gennaio viene celebrato il “giorno del sole”, cioè la fine della lunga notte polare, non solo, il solstizio d’estate è rallegrato da fuochi notturni e dallo springar e il ganga, balli accompagnati dal tele (una specie di violino) con corde in parte di metallo e in parte di budello e dalla langleik, simile alla cetra.
Inevitabile che le tradizioni popolari abbiano influenzato la produzione letteraria. Le origini della letteratura norvegese, infatti, sono legate alla letteratura norrena nata in Islanda e diffusa ad opera di esuli norvegesi, i quali curarono e mantennero viva l’eredità letteraria dei padri, che si ritrova quasi intatta nell’Edda e nella poesia scaldica. Tuttavia è possibile dare alla letteratura norvegese una identità temporale. In qualche modo la si può inserire in tre periodi distinti nei quali è comunque evidente la trasformazione ideologica pur mantenendo vivi i legami con il tradizionale. Dal 1545 al 1765, sono molti gli autori che si impegnano nel far conoscere la storia e le tradizioni della Norvegia oltre i confini della Scandinavia, Peder Claussøn Friis, traduttore della Heimskringla di Snorri, Hallvard Gunnarssøn e Peter Dass (1647-1707), Ludvig Holberg nato a Bergen ma vissuto a Copenaghen testimone del suo attaccamento alla terra natale in una Descrizione della Norvegia.
Il massimo splendore della letteratura norvegese è, comunque, dal 1800 in poi; l’interesse per lo studio delle tradizioni popolari, linguistiche e storiche spingono Peter Christian Asbjørnsen e Jørgen Moe a pubblicare nel 1842 la raccolta Fiabe norvegesi, rieditate nei giorni scorsi da Iperborea e tradotte da B. Berni. Nello stesso periodo si fa strada la corrente romantica con Henrik Ibsen, significativo per la sua produzione teatrale che comprende Casa di bambola (1879), Spettri (1881), L’anitra selvatica (1884), i personaggi sono degli esseri deboli, spesso tormentati da secolari pregiudizi, dai quali riescono a liberarsi per affermare la propria libertà individuale e vivere una vita avulsa da ipocrisie e da compromessi.
Nella letteratura contemporanea, Jostein Gaarder è certamente l’autore maggiormente riconosciuto soprattutto di libri per ragazzi. Nel 1991 pubblica Sofies verden (Il mondo di Sofia) conquistando un grande successo in molti Paesi. Attraverso gli occhi della ragazza protagonista del romanzo, lo scrittore parla di storia e filosofia, così come accade per le grandi domande della vita ne Il viaggio di Elisabeth scritto nel 1999. E sempre ai bambini Gaarder affida il compito di interrogarsi sul significato dell’esistenza, sull’evoluzione della specie, sull’amicizia in C’è nessuno? (2001), sulla malattia e la morte in In uno specchio, in un enigma (2001).
Altri autori della letteratura contemporanea norvegese ormai tradotti in diverse lingue sono Erik Fosnes Hansen e Lars Saabye Christensen, mentre specializzate nel genere giallo sono Kim Småge, Unni Lindell e Karen Fossum (Lo sguardo di uno sconosciuto 1996, Amatissima Poona 2000), considerata la migliore scrittrice norvegese nel campo del thriller psicologico.