Eccoci ancora insieme sulla nostra mongolfiera virtuale che piano piano, sorvolando i cieli, ci aiuta a scoprire nuovi mondi e con essi la loro tradizione e la cultura letteraria. Ogni giorno, ci ritroviamo a respirare e scoprire ciò che esiste lontano da noi ed è a quello che, a mio avviso, è giusto rifarsi, poichè dalla conoscenza siamo in grado di comprenderne le tradizioni e le varie culture.
Nel nostro precedente viaggio siamo andati alla scoperta del magico e misterioso Marocco, ti ho raccontato degli usi e dei costumi, abbiamo conosciuto poeti e scrittori, oggi, invece, siamo nel Congo, una terra difficile, campo di battaglia da sempre, territorio reso inagibile per le continue guerre civili, un popolo decimato dalle continue epidemie con una percentuale di mortalità infantile altissima, depauperato del diritto di una politica democratica resa impossibile dalle continue cessioni dei territori all’occidente, dai capovolgimenti politici, l’instaurazione di regimi dittatoriali terminati con atti sanguinosi, logica conseguenza della reazione di un popolo che, esasperato, per vivere, è costretto a fuggire .
La nuova denominazione dice che l’ex repubblica dello Zaire o Ex Repubblica popolare del Congo, ora sia diventata la Nuova Repubblica del Congo ma il percorso per raggiungere questa nuova ma flebile forma di libertà dal colonialismo e dall’oppressione, è stata lunga e tortuosa. Ancora oggi il Congo è teatro di incursioni integraliste tese a ribaltare o o sovvertire un equilibrio già precario ottenuto con un genocidio che il mondo politico intero non ha saputo fermare. Il Congo è comunque un territorio dalle mille sorprese e dalle tante virtù non da meno ha proprio nella sua espressione letteraria un punto di forza, tuttavia, è doveroso, conoscere meglio questo lembo di territorio africano.
Ti dico subito che la Repubblica del Congo, ex Congo belga, è uno Stato dell’Africa centrale compreso fra il Gabon a Ovest, il Camerun e la Repubblica Centrafricana ,a Nord, si affaccia per 200 km sull’Atlantico ed è una delle maggiori unità politiche dell’Africa. La sua capitale è Brazzaville, capitale dello stato e situata a 307 m s.l.m. sulla riva destra del Pool Malebo, di fronte a Kinshasa, ospita circa un terzo della popolazione, è importante scalo ferroviario e fluviale, nonché sede di un aeroporto internazionale, sede di università e ospita l’Ufficio regionale per l’Africa dell’Organizzazione mondiale della sanità. Le etnie sono varie ma il principale è quello bantu, che comprende a sua volta diversi sottogruppi (luba, lunda, kongo, mongo), caratterizzati da culture e strutture sociali diverse mentre, un’esigua minoranza di pigmei vive nel cuore della foresta. Il Congo è uno dei Paesi più ricchi di materie prime, ma la sua economia continua, comunque, ad essere molto arretrata a causa della mancanza di infrastrutture, dell’inefficienza e della corruzione della pubblica amministrazione, dei conflitti che da lungo tempo la travagliano, dal pesante indebitamento con l’estero e dalla variabilità dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali.
Da un punto di vista politico, il Congo è una Repubblica presidenziale ed è indipendente dal 1960 dopo la svolta decisiva che, sancita dalla nuova Costituzione approvata nel 2002, consentiva la variazione della denominazione da Repubblica Popolare del Congo in Repubblica del Congo. Essa prevede l’elezione diretta del presidente, con un mandato di 7 anni; un Parlamento bicamerale composto dall’Assemblea nazionale, i cui membri vengono eletti con mandato di 5 anni, e il Senato. Il sistema giudiziario si basa sul diritto francese e la Corte suprema e la Corte d’appello, con sede nella capitale, ma è ancora in vigore la pena di morte anche se non ci sono esecuzioni dal 1982. Il servizio militare viene effettuato su base volontaria, ha una durata di 2 anni ed è aperto sia alle donne che agli uomini.
La storia ci racconta che anche il Congo è stato in qualche modo “battezzato” nel 1880 da un italiano al servizio della Francia, Pietro Savorgnan di Brazzà, che impose il primo trattato di protezione a Makoko, re della popolazione congolese della riva destra. La colonia costituita fu denominata prima Congo e poi Medio Congo, successivamente, nel 1910 entrò a far parte dell’Africa Equatoriale Francese e nel 1940 aderì alla Francia libera venne, nel 1910, diventando uno dei quattro territori dell’Africa Equatoriale Francese. da cui si rese indipendente il 15 agosto del 1960.
Per la valorizzazione della colonia si diede inizio nel 1921 alla costruzione della ferrovia Brazzaville-Mayombè, ultimata solo nel 1934 non senza perdite di vite umane. Dopo la seconda guerra mondiale, il Congo francese seguì le tappe dell’evoluzione politica con l’Unione francese), optando per lo status di repubblica autonoma e Ii 15 agosto 1960 il Congo-Brazzaville accedette alla piena indipendenza come Repubblica del Congo. Nell’agosto del 1963, con un colpo di stato il presidente Foulbert Youlou venne sostituito da Alphonse Massemba-Débat, capace di dare al Paese una nuova Costituzione, approvata l’8 dicembre 1963. le crisi politiche interne si succedono sanguinose con l insediamento nel 1968 con l’insediamento di un Consiglio Nazionale rivoluzionario, presieduto dal capo dell’esercito Marien Ngouabi, divenuto capo dello Stato il 31 dicembre 1968. Una nuova Costituzione, tuttavia, promulgata il 3 gennaio 1970, diede vita (fino al 1992) alla Repubblica Popolare del Congo, con una forte rappresentanza del Partito Congolese del Lavoro (PCT) di ispirazione marxista-leninista. Capo dello Stato divenne il colonnello J. Yhombi-Opango, sostituito nel 1979 da D. Sassou-Nguesso, poi rieletto nel 1984, nel 1989 e nel 97 dopo 5 mesi di guerre civili. Indubbia che ci fosse l’intenzione di restituire al Paese un periodo di pace ma la rielezione non senza conseguenze oppressive, di Sassou-Nguesso nel 2002 riattivò la miccia della guerriglia interna, messa tuttavia a tacere dalle forze di coalizioni alleate con lo stesso Presidente. Nell’ottobre 2015 è stato prevedibilmente approvato attraverso un referendum il progetto di riforma costituzionale che ha permesso a Sassou-Nguesso di candidarsi per un terzo mandato alla guida del Paese; alle presidenziali, tenutesi nel marzo 2016, l’uomo politico è stato riconfermato con il 67% dei voti.
Da punto di vista culturale e delle tradizioni letterarie quella congolese, quella più contemporanea, è senza dubbio intrisa e condizionata dagli umori di contestazione di chi ha respirato e vissuto continue trasformazioni . Di certo, all’inizio la produzione letteraria si è diffusa attraverso una produzione orale, favole, canti, la poesia e il teatro, mezzi di comunicazione più espressivi per l’epoca, quella scritta, invece è apparsa tardivamente, a causa della scarsa alfabetizzazione. Tra gli scrittori in lingua francese più significativi ricordiamo G. F. Tchikaya U’Tamsi (1931-1988), drammaturgo, poeta e romanziere, una delle più alte voci dell’Africa nera, E. Dongala poeta e romanziere apparso negli anni 70, insieme a J.B. Tati-Loutard e S. Labou Tansi. Negli anni Ottanta si affermano numerose scrittrici, tra cui F. Hazoume A. Néné, C.-I. Diamoneka, M.-L. Tsibinda, esule dal 1999. Il teatro mette in evidenza autori come G. Menga, che è anche romanziere, il cui Oracle è stato recitato a Parigi nel 1969, e S. Bemba e G. F. Tchikaya U’Tamsi, Altri autori significativi sono stati F. Mouangassa, P. J. Lhono, F. Loubaki, E. Boundzeki Dongela, A. Letembat-Ambili, M. Malinda e M. N’Debeka.
Gli anni Novanta tuttavia, con il succedersi delle vicende sanguinose, hanno spinto molti scrittori, come E. Dongala, a lasciare il Paese e a scrivere della realtà africana anche all’estero. Madre dell’Africa centrale e padre congolese, il romanziere, nato nella Repubblica del Congo nel 1941, ha studiato negli Stati Uniti e ha insegnato all’Università di Brazzaville, dove ha anche ricoperto una posizione dirigenziale. Attualmente è professore di chimica al Simon’s Rock College, nel Massachusetts, e professore di letteratura africana francofona al Bard Collage di New York ed è il vincitore del prestigioso premio Fonlon Nichols nel 2003 per la sua eccellenza letteraria. Il suo ultimo romanzo (Johnny chien méchant, 2002), tradotto in Italia nel 2006 con il titolo Johnny Mad Dog, che narra la storia di un bambino soldato, è stato trasposto in film nel 2008.
Suoi questi pensieri, mi sono sembrati giusti e doverosi da farti leggere…
Vengo dall’Africa, il continente primigenio, da cui emersero i primi esseri umani che partirono poi alla conquista del resto della Terra. Potrei vantarmi di essere figlio di quella terra originaria, madre di tutta l’umanità.
Purtroppo, vengo anche dalla terra di Yaguine Koïta e Fodé Tounkara, i due adolescenti guineiani trovati morti nel carrello di un aereo in una capitale europea. Due ragazzi che hanno sacrificato la loro vita sulla strada dell’Europa perché, hanno scritto, “si soffre troppo in Africa”.
Si soffre troppo in Africa. Posso tradurre in statistiche ciò che intuitivamente i due ragazzi hanno capito: l’Africa è il continente che annovera il maggior numero di conflitti armati e anche il maggior numero di rifugiati al mondo, l’Africa è il continente in cui vive il 95 per cento degli orfani di Aids, l’Africa è un continente che si sta descolarizzando, l’Africa è il continente che racchiude 18 fra i 20 paesi più poveri del mondo.
Fermiamoci qui. Sì. Yaguine e Fodé, avete ragione: “soffriamo enormemente in Africa”.
In un continente martoriato e disperato, abbiamo il dovere di far sognare i Yaguine e i Fodé, di fare in modo che la gioventù tradita dalla politica, non perda la speranza e sappia che la vita non è soltanto fame, malattia, povertà, guerra e uomini politici che si comportano da capi delle milizie.
Abbiamo il dovere di far sapere loro che la vita può essere vissuta diversamente, che può essere migliore, che i fiori esistono e che ci sono delle stelle nel cielo, che il vino di palma non si beve solo durante le veglie funebri ma anche per i matrimoni e le nascite.
E quando questi giovani avranno qualcosa da dire o da chiedere, non si rivolgeranno più “alle loro Eccellenze, signori responsabili d’Europa”, ma si rivolgeranno a noi, i fratelli maggiori, i genitori, gli amici.
Chi può svolgere questo compito meglio di noi scrittori?
Quando nell’esercizio del nostro mestiere riusciamo a strappare un sorriso a un uomo o a una donna al colmo della disperazione, è una vita umana che abbiamo salvato perché quel sorriso è un’apertura alla speranza, una scommessa per la vita.
Quindi niente paura. Scriviamo! Non dobbiamo “scusarci, scusarci infinitamente di scrivere”. Viviamo nel e con il popolo per testimoniare, mettiamoci accanto alla sofferenza per parlarne, alziamoci di fronte agli irresponsabili uomini politici per meglio denunciarli. Infine, scendiamo nel profondo di noi stessi per far sorgere la gioia e la speranza che portiamo in noi.
Scrittori, apparteniamo alla stessa razza di coloro che erano presenti agli albori del mondo. Abbiamo il dovere di essere sempre presenti finché esso esisterà.
Un poeta e romanziere in questo caso, da segnalare è Alain Mabanckou, nato a Pointe Noire nella Repubblica del Congo, pluripremiato in Francia, finalista nel 2015 al prestigioso Man Booker International Prize e nella cinquina per il Premio Strega Europeo. Dopo aver studiato legge a Brazzaville ed essersi trasferito in Francia, attualmente insegna letteratura francofona alla Ucla a Los Angeles. Il suo romanzo più celebrato è Pezzi di vetro, adattato anche per il teatro. Al centro della storia il bar “Credito a morte” l’affollatissimo e assai equivoco bar aperto giorno e notte attorno al quale tutto ruota. Il padrone, Lumaca testarda, odia le frasi fatte del tipo “in Africa quando muore un vecchio, è una biblioteca che brucia” alle quali oppone: “Dipende dal vecchio, smettiamola con le cazzate, io mi fido solo della parola scritta”.
Un altro suo romanzo da segnalare è African psycho, memorie di un aspirante serial killer Grégoire Nakobomayo, onesto lavoratore e carrozziere provetto, vorrebbe diventare un serial killer. Ispirandosi alle gesta del suo idolo, l’efferato pluriomicida Angoualima, tenta invano di commettere stupri e assassinii, ma le cose non vanno mai per il verso giusto.