Quando si parla di donne e di antichità è, purtroppo, spesso necessario aggiungere un altro componente all’equazione: l’analfabetismo. Infatti, se di per sé le civiltà antiche avevano un tasso d’alfabetizzazione infimo rispetto a ora – tendenzialmente sapevano leggere e scrivere solamente nobili uomini e clerici – alle donne in molti casi era vietato persino imparare, figurarsi consultare manoscritti o un qualsiasi tipo di testo. E qui entra in gioco in nüshu, la lingua segreta delle donne.
Recenti avvenimenti e la storia del secolo scorso ci insegnano che uno dei metodi prediletti per ribellarsi al sistema, pur rimanendone all’interno – per scelta o per necessità – è scrivere, comporre, tramandare tutti quegli insegnamenti che il potere conquistatore vorrebbe estromettere.
E fu proprio così che fecero le donne del popolo cinese Yao quando la regione cinese di Hunan venne ammessa al territorio degli Han, soprattutto alla luce delle differenze sociali e culturali tra le due popolazioni. Dove gli Yao erano organizzati secondo un sistema matriarcale, infatti, gli Han aderivano fermamente al patriarcato, a uno stile di vita basato su insegnamenti che volevano la donna relegata dentro casa, incapace di muovere anche solo pochi passi – a causa della pratica dei piedi bendati – con il cucito, la casa e i figli come uniche occupazioni.
Fu in questo contesto che le donne Yao decisero di non lasciarsi soggiogare, e di trovare un metodo alternativo per tramandare, di madre in figlia, di nonna in nipote, la propria cultura: la scrittura nüshu.
Nüshu: una lingua di ricami e segreti
Come anticipato, la lingua nüshu rimase segreta fino alla metà abbondante del secolo scorso, e questo non perché fosse celata ai più o fosse poco diffusa, anzi. Fino a circa gi anni Ottanta del Novecento, erano moltissime le donne che parlavano nüshu, ma poi, anche grazie all’accesso più semplice all’istruzione, la pratica andò in disuso. L’ultima parlante madrelingua era Yang Huany, morta nel 2004. Tuttavia, riconosciuta l’enorme portata culturale di questa lingua, il governo cinese ha attuato campagne d’informazione e d’insegnamento, per evitare che questo patrimonio andasse perso completamente.
Tuttavia, tornando al metodo di trasmissione, i modi in cui il nüshu veniva utilizzato erano tre: prima di tutto il canto nei momenti in cui le donne si riunivano in cucina, o tra di loro, mentre gli uomini erano impegnati nei campi o in politica – ambiti in cui la presenza femminile era bandita. C’erano poi dei libricini in tessuto, gli sānzhāoshū, che la sorella giurata regalava alla sposa il terzo giorno dopo il matrimonio, per augurare un futuro felice e armonioso.
Infine, i ricami; ricami su abiti, su cinture, su ventagli. Erano i vestiti maggiori portatori di testi nüshu. Questo perché i tratti che compongono questo alfabeto – punti, virgole, archi e line orizzontali, tutti scritti con un tratto molto sottile, quasi filiforme – sono forme facilmente passabili per motivi decorativi.
E qui arriviamo alla maggiore particolarità, in ambito linguistico del nüshu: non si tratta di un sistema di scrittura basato su logogrammi come il cinese (in cui ogni carattere rappresenta una parola o una parte di essa), ma di un alfabeto fonetico, in cui a ogni segno corrisponde una sillaba. Zhou Shuoyi, l’unico uomo a conoscere questa lingua, e compilatore di un dizionario, l’ha definito come la semplificazione meglio riuscita del sistema di scrittura cinese.
Utilizzando i caratteri di questo alfabeto, che sono circa sei o settecento, è possibile comporre testi senza avvalersi degli oltre trentamila logogrammi della lingua cinese antica. Il metodo di scrittura tradizionale prevedeva di procedere in colonne, da destra verso sinistra; mentre ora si possono seguire anche i parametri del cinese moderno (orizzontale, da sinistra a destra).
Per quanto riguarda la data di nascita del nüshu, purtroppo non ci sono informazioni certe, principalmente per due motivi: la stoffa e il filato non si conservano in buono stato in ambienti umidi. C’era, inoltre, l’usanza di seppellire o bruciare i componimenti insieme alla loro proprietaria, una volta che avesse lasciato questo mondo. Tuttavia, analizzando il lessico e le forme utilizzate nei reperti sopravvissuti, gli studiosi sono stati in grado di riconoscere semplificazioni della lingua cinese utilizzate durante le dinastie Song e Yuang, tra il XIII e il XIV secolo. Pare, inoltre, il picco di notorietà di questo idioma sia stato durante la dinastia Quing (1644-1911).
Come approfondire l’argomento
Se ti dovesse interessare approfondire questo argomento, per conoscere più a fondo il funzionamento e la storia del nüshu, ecco qui una lettura che potrebbe fare al caso tuo. Si tratta di Il leggendario Nüshu. La scrittura creata dalle donne per le donne di Zhao Liming, pubblicato da CSA editrice.
L’opera analizza i luoghi e la storia dei villaggi culla della tradizione del Nüshu, che sono fondamentali nello sviluppo di questa lingua. Viene dato ampio spazio alla figura della “nobildonna”, intesa come ragazza ligia ai precetti confuciani e aderente alla ‘cultura’ Nüshu che non doveva rappresentare un affronto alla società maschile, quanto un mondo parallelo in cui le donne potevano trovare conforto.
L’autrice ci parla anche degli oggetti tipici di questa cultura, delle tradizioni e delle festività. Un’opera il cui valore è esaltato dai tantissimi brani riportati in lingua originale e nella traduzione in italiano, accompagnati dall’elenco di tutti i caratteri Nüshu e dei loro significati. Un saggio che avvicina il lettore alla cultura del Nüshu rendendola tangibile.