Buongiorno iCrewer! In questo primo lunedì del 2021, per la rubrica Leggilo anche tu vorrei parlarti di un libro che ho letto qualche anno fa ma che, come succede con le opere migliori, mi ha lasciato una profonda impressione, tanto da portarmi a tenerlo comodo sulla libreria e a rileggerlo spesso. Si tratta di La forma dell’acqua di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, con illustrazioni di J. Jean.
Edito da Tre60 nel 2018, questo volume potrebbe esserti noto soprattutto grazie al film che ne è stato tratto e che ha vinto quattro Premi Oscar e il Leone d’Oro della Mostra del Cinema di Venezia.
La forma dell’acqua: non una semplice storia, ma una galleria di ritratti
Quello di Guillermo del Toro non è un romanzo con cui ho avuto un imprinting in libreria, ma stranamente (molto stranamente, considerando che sul grande schermo guardo praticamente solo film d’animazione) è stato l’entusiasmo che ha circondato la pellicola a incuriosirmi.
Sono anni, ormai, che evito di guardare film tratti da libri, soprattutto se li ho letti, perché mi conosco: sono troppo puntigliosa per scendere a compromessi su opere che mi sono piaciute. Tuttavia, quella volta credo che ci sia stata una congiuntura positiva: saranno stati i colori della locandina o una mia semplice disposizione di spirito, fatto sta che, dopo aver ascoltato per l’ennesima volta la mia compagna di corso lodare le scene (a lei i film piacciono davvero molto), ho acquistato il libro all’origine del lungometraggio.
Forse non dovrei dirlo, ma mi ha rapito fin da subito, tanto che ammetto di aver seguito molto poco di quella lezione.
Uno stile fluente, scorrevole ma molto, molto coinvolgente. Una storia particolare, che non i dà nessun indizio sulla direzione che sta per prendere. Un’inquietudine sottile che striscia sullo sfondo, di soppiatto, che sia accumula fino a quasi uscire dalla pagina, nei momenti di climax.
Tuttavia, dell’opera di Guillermo del Toro e Daniel Kraus, più della trama, dell’ambientazione, delle vicende, a stregarmi è stata la varietà di tipi umani che sono stati in grado di rappresentare.
Potremmo considerarlo uno scritto che tende al fantasy (dopotutto, il Deus Branquia non è esattamente umano), o un romanzo quasi sentimentale, vista la relazione che intercorre tra i protagonisti. Tuttavia, mi sembra doveroso sottolineare un altro aspetto della narrazione.
I personaggi a cui è dato più rilievo, che offrono la loro voce all’inchiostro, fanno tutti parte di categorie che, negli anni ’60 specialmente, erano discriminate – più o meno apertamente: portatori di handicap; persone di colore o di un etnia non americana; omosessuali; donne; immigrati; e il Dio del Fiume, considerato nulla più di una cavia da laboratorio.
Tutti loro sono imbrigliati dalle catene delle convenzioni, da ciò che la società ritiene opportuno. Per gran parte del romanzo sembrano anche essere rassegnati ad accontentarsi, abituati come sono a chinare il capo e schermarsi da sussurri affilati come lame.
Con lo scorrere delle pagine, però, la loro percezione di sé poco a poco cambia. Certo, il mutamento di Elisa, la protagonista, è forse quello più palese, ma non è l’unico e, forse, nemmeno il più profondo. Non dico che ci siano sconvolgimenti epocali, sarebbe anacronistico. Intendo che, pian piano, ognuno si accetta per com’è, senza più cercare di rientrare in standard preconfezionati.
Nella vita, alla fine, cosa conta di più che essere felici? E se per fare ciò hai bisogno di non rimanere a casa tutto il giorno a rassettare; o di tenere per mano un altro uomo; o di smettere di chinare il capo e subire, beh, allora prendi il coraggio a due mani e sii chi vuoi essere. Questo è ciò che mi hanno comunicato i capitoli finali del romanzo.
Concludo dicendoti, caro iCrewer, che La forma dell’acqua di Guillermo del Toro e Daniel Kraus mi è piaciuto così tanto, che dopo il formato digitale ho acquistato anche il cartaceo (sebbene già allora lo spazio nella mia libreria non è che fosse in esubero). Ed è stata una scelta davvero azzeccata: in questo modo ho potuto gustarmi ancora meglio le splendide illustrazioni di J. Jean.
La trama del romanzo di Guillermo del Toro e Daniel Kraus
Baltimora, 1962.
Dopo aver perso l’uso della voce a causa di un incidente, la giovane Elisa conduce una vita spenta, senza ambizioni. Ma un giorno, all’interno del laboratorio in cui lavora come donna delle pulizie, entra per sbaglio in una stanza e fa una scoperta straordinaria: in una vasca piena d’acqua c’è una strana creatura. È sicuramente prigioniera e con ogni probabilità è lì perché oggetto di un esperimento. Ma cos’è? Anzi: chi è?
All’insaputa di tutti, Elisa entra in contatto con quella creatura e tra i due si crea un legame sempre più forte. Un legame incomprensibile al mondo, che vede in lei una donna insignificante e nella creatura soltanto un mostro da studiare. Un legame che però ha i tratti e la forza del vero amore…