Quanto dura un attimo è la biografia di un grande campione che ha segnato la storia del calcio italiano: Paolo Rossi, detto Pablito. Un campione che ha saputo reagire alla squalifica per il calcio scommesse ed è tornato sul tappeto verde diventando l’idolo e la star indiscussa dei mondiali di calcio del 1982. Se sei abbastanza grande per ricordare quell’estate magica, avrai sicuramente ancora impresse nella memoria le mirabolanti prestazioni di Paolorossi ( sì, detto tutto attaccato ) che hanno condotto l’Italia a vincere quel campionato del mondo giocato in Spagna.
L’autobiografia, edita da Mondadori, e scritta a quattro mani con la giornalista Federica Cappelletti, parte dallo spogliatoio, dai minuti che precedono la finalissima di Madrid contro la Germania, e ripercorre a ritroso, passando per la tripletta al Brasile e per le pagine buie della squalifica, la carriera di questo straordinario giocatore che è stato uno dei pochi italiani a vincere il Pallone D’Oro.
Quella di Pablito, la storia raccontata in Quanto dura un attimo, è una storia che va al di là del valore sportivo e della cronaca delle imprese di un campione. E’ un esempio di come si può reagire alle difficoltà e di come si può, partendo da un “fallimento”, risalire e diventare un campione attraverso il lavoro, l’entusiasmo e la forza di volontà.
L’AUTORE
Paolo Rossi è nato a Prato nel 1956. E’ stato uno dei calciatori italiani più forti di sempre. Ha collezionato trofei e raggiunto traguardi individuali vincendo più volte il titolo di capocannoniere e affermandosi in competizioni nazionali e internazionali. Nel campionato del mondo del 1982 ha vinto il titolo di miglior giocatore del torneo guidando l’Italia sul tetto del mondo per la terza volta nella sua storia. Oggi è opinionista sportivo per le reti Rai.
Federica Cappelletti è nata a Perugia del 1972. E’ una giornalista con la passione per la scrittura e per la sceneggiatura.
Per me che nel 1982 avevo 6 anni, il Mundial spagnolo rappresenta il primo approccio al mondo del calcio. Un approccio talmente travolgente da aver condizionato il resto della mia vita di appassionato, pur con alti e bassi. Va da sé che, perciò, ho sempre nutrito un’ammirazione smisurata nei confronti dei 22 “eroi” (anzi, 23, scusa “vecio”) di Spagna.
Così, nel 2002, corsi in libreria non appena uscì “Ho fatto piangere il Brasile”, la prima autobiografia pubblicata da uno dei campioni del mondo. Si parla naturalmente di Paolo Rossi, idolo d’infanzia di tanti bambini della mia età. E quel libro lo apprezzai davvero, nella sua semplicità. Dubito che l’abbia scritto lui, ma è comunque un racconto cronologico interessante, senza particolari picchi stilistici ma pur sempre una testimonianza prima manu di una carriera tra le più estreme (nel bene e nel male) mai viste nel calcio.
A distanza di quasi vent’anni, vengo a sapere che di Rossi è uscito un altro volume, scritto a quattro mani con una giornalista. Incuriosito, lo prendo in prestito in biblioteca, aspettandomi chissà quali novità. Avendo concluso la lettura poco fa, non posso che felicitarmi di non aver speso nemmeno un centesimo. Da quel che ho capito, si tratterebbe di una ricostruzione semiromanzata della vita del calciatore, incentrata però sul mondiale spagnolo. Il problema è che, avendo pubblicato un’autobiografia 17 anni prima, non si capisce l’utilità di riparlarne più o meno negli stessi termini (ma su questo punto tornerò dopo). Senza contare che la qualità letteraria è davvero modesta, con lirismi da scuola media che lasciano spiazzati per la loro ingenuità.
Spinto da un tenue sospetto, ho effettuato qualche ricerca, scoprendo che la giornalista che ha affiancato (?) Pablito nella stesura di quest’opera è in realtà la sua seconda moglie. Il che spiega la malcelata freddezza con cui nel testo si parla della precedente consorte, Simonetta, di cui in pratica si dice che è stata spostata solo perché la Juve faceva pressioni affinché il giocatore regolarizzasse la sua situazione sentimentale. Se non bastasse, tuttavia, salta fuori un terzo libro, “1982 – Il mio mitico mondiale”, anch’esso frutto della collaborazione con la Cappelletti, risalente al 2012.
Ora, capisco che in questo periodo si sono moltiplicate le autobiografie degli eroi dell’82 (Causio, Zoff, Gentile, Tardelli, ecc.), ma che senso ha fare uscire tre libri autobiografici nel giro di 17 anni, considerato che dalla pubblicazione del primo a quella del terzo nella vita di Rossi non è successo nulla che giustificasse l’aggiornamento del resoconto della sua esistenza? E non voglio nemmeno credere che la sua situazione finanziaria sia talmente disperata da richiedere la vendita di qualche migliaio di copie per sbarcare il lunario, né che una giornalista senta il bisogno di sfruttare la fama (seppur remota) del marito per fare cassa.
Un enorme dilemma. Quel che è certo è che mi sento di sconsigliare vivamente la lettura di questo titolo a chiunque serbi un caro ricordo delle notti di Vigo, Barcellona e Madrid. Anche perché più sento il diretto interessato respingere qualsiasi responsabilità per la condanna legata al calcioscommesse dell’80, più dubbi mi vengono…