La violenza sulle donne sta dilagando, le ali spezzate sono troppe e non è una novità, è sempre esistito; solo che adesso è di dominio pubblico perché i media, i social lo sbandierano e, a volte, non come monito.
A nulla servono i movimenti, le associazioni quando è l’imperativo della violenza che deve essere studiato per evitare che vengano riportati sui quotidiani come delitti passionali o, ancor più frequentemente, come conseguenza di raptus improvvisi da parte di compagni improbabili o conoscenti sicuri.
In questa ottica ci sono scrittori e scrittrici che tanto stanno cercando di ottenere attraverso le parole scritte -il detto “verbo volant, scripta manent”, è quanto mai opportuno in questo caso –
Giorni fa scorrevo le pagine di Facebook (anche io mi lascio coinvolgere… Sono umana), e mi è capitato di visionare la foto della copertina di un libro con un titolo “particolare”
Le ali spezzate. La tragica storia di Anna Morrone.
“Svolgeva il suo lavoro con amore e passione, amava i suoi pazienti. Era una donna bella ed intelligente, mamma, figlia e sorella affettuosa; era una donna colta, ma anche una moglie organizzata, ordinata. Preparata professionalmente , tenace e coraggiosa….”
Sono per natura molto curiosa, ed ho cercato di saperne di più. Ricerca doverosa in internet, tra i libri, e l’ho trovato… Ma… Notizie… Zero! Il libro c’è, ma senza copertina, senza una sinossi che mi aiuti.
Chi l’ha scritto è una dolcissima, schiva signora, si chiama Teresa Scotti. Nata a Montevideo, vive ora a Cosenza, felicemente sposata con un pittore, Edison Vieytes; 4 figli, una nipotina.
I suoi amori: in primis i figli, poi leggere e scrivere, comporre poesie, favole, racconti e tanto altro ancora.
Un fatto di cronaca successo nella città in cui vive la scuote a tal punto da spronarla a cercare un mezzo per lanciare un grido d’amore e di speranza per tutte le donne.
Nasce così “Le ali spezzate – la tragica storia di Anna Morrone”
“Uccisa dal marito, dopo anni di violenze subite in silenzio tra le mura di casa. È successo il 2 luglio del 1999 ad Anna Morrone, giovane ostetrica di Cosenza, madre di un figlio di 16 anni. Vessazioni e soprusi, per anni, erano stati inflitti ad Anna senza che nessuno se ne accorgesse. Fino ad arrivare a una denuncia. Rivelatasi, purtroppo, inutile e che non è riuscita a evitare il peggio.”
Un omicidio che ha lasciato una cicatrice profonda sul territorio. Perché la storia di Anna, purtroppo, è la stessa di molte altre donne. In Italia e nel mondo, donne perdono la vita per mano di un uomo che, nella gran parte dei casi, è il marito, il compagno o un ex.
I dati ISTAT, poco lusinghieri (passatemi il termine lusinghiero) per la verità, denunciano una crescita esponenziale del problema, ogni 72 ore una donna perde la vita.
L’impegno che la scrittrice ha assunto nei confronti di questa “morte annunciata” è andato oltre la scomparsa di Anna, ha significato soprattutto riflettere sul tema della violenza domestica, e ha speso parte del suo già impegnato tempo per promuovere iniziative e arrivare dopo tanti sforzi ad ottenere che venisse dedicata una strada “per non dimenticare” a Anna Morrone.
Troppe le storie di violenza che accomunano tante donne e che toccano nel profondo ognuna di noi, tanti, troppi i “voltafaccia” da parte della società in genere e soprattutto delle istituzioni che, per prime, devono farsi carico di un fenomeno sempre più in espansione, ad oggi una vera e propria piaga sociale. Non bastano le denunce che le donne, coraggiosamente, sporgono alle forze dell’ordine e che spesso vengono ignorate o prese con estrema sufficienza.
È assordante il silenzio, è disarmante la mancanza di interesse, la violenza contro le donne, è una violazione dei più elementari diritti umani e ci riguarda tutti, indistintamente.
Donne esposte sul posto di lavoro a molestie e abusi sessuali, donne vittime di matrimoni coatti o riparatori, donne costrette alla schiavitù sessuale, alla prostituzione forzata, donne che subiscono atrocità dalla notte dei tempi semplicemente per il fatto di essere donne alle quali viene negata la loro individualità e identità.
Questo può non essere sufficiente, ma almeno è un mezzo per l’attuazione di misure idonee atte a contrastarla.
Grazie Ornella Feletti per la segnalazione del mio libro.