Al nome di Louisa May Alcott viene associata una serie, principalmente: la celeberrima tetralogia di Piccole donne. Letti e riletti, trasposti in film, soggetti a nuove edizioni sempre più curate; insomma questi volumi possono essere considerati a tutti gli effetti oggetti da collezione, libri iconici da regalare e classici senza tempo.
Come molta della produzione di Louisa May Alcott, Piccole donne si rivolge a un pubblico giovane – quasi prettamente femminile, soprattutto se teniamo conto che è stato scritto nel 1868 e i personaggi principali sono in buona parte ragazze – e per questo nell’opera è presente anche un lieve tono moraleggiante. Dopotutto l’autrice era cresciuta circondata dalla filosofia – il padre era un filosofo – e fin da subito aveva rivolto le sue opere letterarie ai più piccoli – una raccolta di fiabe scritta per la figlia di un amico di famiglia.
Ovviamente la sua produzione non si limita certamente a queste cinque opere, ma comprende anche romanzi, racconti brevi, libri per ragazzi – in gran numero – e una raccolta epistolare. I volumi rivolti a un pubblico adulto, invece, vennero pubblicati con lo pseudonimo di A. M. Barnard – per lo più si tratta di storie scritte in un tono all’epoca popolare, sensazionali e avventurose, che riscossero subito un certo successo.
Tuttavia, a richiame l’attenzione in tempi più recenti è stato un altro lavoro di Luoisa May Alcott, rimaso fin’ora indetio.
L’amuleto d’ambra: il romanzo ritrovato di Louisa May Alcott
A ritrovare questa perla – pubblicata in Italia dalla casa editrice Elliot – è stata Daniela Daniele, che ha scovato il volumetto all’interno dell’archivio dei libri rari della Houghton Library dell’Università di Harvard.
Sebbene la genesi del racconto collochi la sua stesura durante uno dei due viaggi in Europa dell’autrice statunitense, l’ambientazione di parte di L’amuleto d’ambra è quanto di più distante dall’Ottocento europeo si possa immaginare: l’India, quando ancora era il gioiello dell’impero coloniale inglese.
E proprio durante questa narrazione, pubblicata per la prima volta sul Frank Leslie Magazine agli inizi del 1870, Louisa May Alcott si scosta momentaneamente dalla letteratura per ragazzi per raccontare “con il suo stile realistico, o meglio al limite del macabro che esplorò nella sua produzione di scrittrice gotica, di thriller di gialli per un pubblico adulto e poco incline alle smancerie che ora Elliot sta meritoriamente ripubblicando. Qui infatti la sua scrittura scarna sfiora la brutalità, in contrasto evidente con una certa idea di letteratura femminile addomesticata, moralmente edulcorata che evidentemente Louisa May Alcott aborriva.”
L’amuleto d’ambra è un romanzo ambiguo, in cui spiccano le due anime della scrittrice: la femminista che vuole il suffragio universale, e la donna dei suoi tempi, che per quanto si sforzi, non può separarsi del tutto dai dettami della società a lei coeva.
Ecco qui la trama:
In questo romanzo mai pubblicato finora (il manoscritto è stato solo recentemente ritrovato dalla curatrice di questo volume) l’autrice di “Piccole donne” rielabora l’immaginario indiano reso popolare da Jules Verne per narrare il passato coloniale del protagonista diviso tra la nostalgia per l’Oriente e la malinconia parigina.
Un ex colonnello inglese sopravvissuto alla rivolta dei mercenari Sepoy a Delhi crede di riconoscere su un palcoscenico di Parigi la fanciulla indiana che gli aveva salvato la vita. Tra audaci domatori e abili seduttrici, Alcott ci avvolge nel vortice di emozioni tipico dei suoi primi thriller, narrando la magia ma anche le contraddizioni di una società dello spettacolo seppur ancora agli albori.
Ne emerge un testo di grande fascino che si snoda tra i fasti e i posticci travestimenti del teatro, il tedio e le crisi coniugali degli spettatori di una nuova modernità, alla costante ricerca di emozioni esotiche e nuovi diversivi.