Caro Lettore oggi nel caffè letterario motivazionale voglio parlarti di un libro che ti consiglio di leggere perchè è meraviglioso.
E’ La vita davanti a sé di Romain Gary (pseudonimo di Roman Kacew), uscito la prima volta in Francia nel 1975 con lo pseudonimo di Émile Ajar.
“Con la pubblicazione postuma di Vie et mort d’Emile Ajar, si seppe che Emile Ajar, il romanziere più promettente degli anni Settanta, il vincitore, cinque anni prima, del Goncourt con La vita davanti a sé, l’inventore di un gergo da banlieu e da emigrazione, il cantore di quella Francia multietnica che cominciava a cambiare il volto di Parigi, altri non era che Romain Gary”.
Il romanzo è ambientato a Parigi negli anni ’70 e racconta la storia del piccolo Momò. Il bambino viene dato in custodia a Madame Rosa, una ex prostituta ebrea in pensione, scampata ai campi di concentramento, che ospita dietro compenso i figli delle sue ex colleghe.
La storia viene raccontata in prima persona proprio da Momò con un linguaggio esplicito ma non volgare, perché si sente proprio che è assolutamente in linea con l’età e l’esperienza del personaggio.
Momò racconta la sua vita, la sua realtà con l’immediatezza della sua età, senza girare intorno ai concetti.
Mi sono affezionata a questo bambino, ho provato molta empatia per lui, apprezzandone la lealtà, la capacità di amare incondizionatamente e di affrontare le cose, anche le più difficili da comprendere, soprattutto per un ragazzino, come se fossero normali.
Tra le tematiche affrontate ci sono, infatti, la vecchiaia, la droga e l’eutanasia.
Un bambino che vive in un contesto degradato ma che trova il modo di affrontarlo grazie all’amore che ha intorno a sé. Un amore che non ha razza, età, condizione sociale e che può guarire anche le ferite più profonde perchè è puro, vero.
L’unico intento di Momò è di non perdere la sua amata Madame Rosa, colei che a suo modo l’ha amato e cresciuto e che le ha insegnato a vivere.
Altre figure di rilievo nella sua vita sono Hamil, il vecchio venditore di tappeti musulmano che gli ha insegnato tutto quello che sa; madame Lola che è un trans senegalese, ex campione di boxe, che aiuta madame Rosa economicamente.
C’è anche il signor Walumba, il mangiatore di fuoco, che vive in una stanza al quinto piano con la sua tribù: anche loro si danno da fare per far rinvenire madame Rosa quando va in catalessi.
Momo fino alla fine cerca sempre di trovare delle soluzioni per non cadere più in basso e si aggrappa ad ogni barlume di speranza anche la più insignificante. E questo suo modo di essere lo salva: a salvarlo è l’amore, la bellezza che trova negli occhi della sua cara e vecchia madame Rosa e in chi gli dà una mano.
C’è sempre un altro modo di vedere le cose e Momo ce lo mostra.