La linea gialla è un romanzo profondo e che ti induce alla riflessione ed oggi, per la nostra rubrica Sogni di carta, ci troviamo oggi con l’autrice: la dolcissima e talentuosa Stefania Meneghella.
La linea gialla… intervistiamo Stefania Meneghella
Cara Stefania, prima di iniziare voglio ringraziarti per essere qui con noi, seppur virtualmente; mi piacerebbe porti queste domande allo stesso modo come se avessi dinanzi un’amica che conosco da tempo, perché, in realtà, il tuo sorriso e il tuo sguardo mi infondono questo.
1) Innanzitutto, come stai?
Grazie per avermi invitata nel tuo spazio. Io sto piuttosto bene e sono felice di poterti parlare del mio libro e della mia scrittura.
2) Sei giovanissima, sei diventata un’assistente sociale, una professione lodevole che, ogni giorno, ti pone dinanzi a situazione delicate, anche commoventi se vogliamo, come affronti tutto ciò? Riesci a mantenere quello che è il classico sangue freddo, o comunque le emozioni, volente o nolente, vengono fuori?
La mia è una professione che amo, perché si entra quotidianamente a contatto con le storie delle persone, con i loro racconti, con le loro vite un po’ complicate. A volte, non si riesce a mantenere il giusto equilibrio e la giusta distanza; per questo occorre cercare di archiviare le emozioni, nel luogo lavorativo, per poi riprenderle fuori. Sono personalmente una persona molto emotiva, quindi faccio un grandissimo lavoro per non farmi sopraffare dalle sensazioni che provo e per agire con estrema professionalità.
Non sempre mi risulta facile, perché il dolore della gente, i momenti che hanno vissuto, i ricordi sono elementi che fanno parte della vita di ognuno di noi e in ogni istante possiamo riconoscerci e immedesimarci nel loro vissuto.
3) Hai dichiarato che a cinque anni, appena apprese le lettere dell’alfabeto piuttosto che disegnare hai prediletto la scrittura… ricordi qual è stata la primissima cosa che hai scritto?
Non ricordo esattamente, perché ho iniziato a scrivere all’età di 5 anni con l’insegnamento di mia madre, prima ancora di frequentare l’asilo. Scrivevo i primi racconti ma non avevano un vero significato. Però alle scuole medie fu pubblicato per la prima volta un mio racconto sul giornalino della scuola, e ne fui molto felice. A rileggerlo ora, a distanza di anni e pensando a quell’episodio, ancora mi viene da sorridere.
4) Preferisci il genere introspettivo, psicologico, insomma quel genere di lettura che esprime le emozioni, che ti guarda dentro, esatto?
Senz’altro. Il genere introspettivo-psicologico è il genere che prediligo. Quando ero adolescente ho studiato molto i libri di Virginia Woolf, la mia autrice preferita, e da lei ho preso ispirazione per costruire il mio stile narrativo e il genere che utilizzo nei miei scritti. Preferisco parlare di quello che abbiamo dentro, piuttosto che della realtà che vediamo con gli occhi.
5) Il tuo ultimo romanzo, La linea gialla è un romanzo che pone una certa analisi interiore, che ti proietta alla riflessione insomma. A me, personalmente, ha fatto molto pensare, e quindi ti chiedo: era questo ciò che volevi? Cioè che la gente, leggendo il tuo libro, si soffermasse a pensare che la realtà che ci circonda non sempre è rose e fiori, o quantomeno non per tutti.
Sì, era esattamente questo. “La linea gialla” è un inno alla vita, ma la vita in tutti i sensi. La vita che salva, e la vita che distrugge. Volevo portare il lettore alla consapevolezza che esistono tante altre realtà, che spesso ignoriamo ma che invece sono molto più importanti delle realtà che viviamo quotidianamente. Credo che questo ci porti a riflettere su noi stessi e su quello che siamo, ma soprattutto sui nostri sogni e sul futuro che possiamo costruirci.
6) Partiamo dal titolo: pensi che ognuno di noi si trovi quotidianamente a non sapere da che parte della linea gialla stare? Ritieni sia difficile scegliere?
La linea gialla significa tante cose, ma soprattutto significa che dobbiamo essere noi i primi a scegliere da che parte andare. E’ come la linea di ogni stazione: sappiamo che dall’altra parte può esserci distruzione, quindi morte, e per questo scegliamo di restare esattamente dove siamo. Nella vita non è invece così. Nella vita, al di là della linea gialla non sempre c’è morte, ma può esserci anche salvezza. Spetta a noi decidere se rischiare o meno. Ovviamente è una decisione difficile da prendere, ma non è detto che non ne valga la pena.
7) Ti sei ispirata a qualcuno in particolare per il personaggio di Adham? Credi che la realtà di quest’ultimo sia una realtà comune a molti giovani?
Sì, il personaggio di Adham nasce da una mia esperienza lavorativa in una comunità educativa, che ancora oggi ricordo con enorme piacere. Adham è esistito davvero e anche lui, come molti ragazzi, non sapeva da che parte andare, se attraversare o meno quella linea gialla che gli comparve all’improvviso dinnanzi la porta. Ho visto tanto tra quelle mura, e ho anche imparato tanto. Ho imparato soprattutto che quelle realtà esistono, ma possono essere protette in ogni momento. Come? Semplicemente ascoltandoli, rispettandoli, portarli a comprendere che noi adulti ci siamo e li aiuteremo sempre. I ragazzi come Adham – come scrivo nel libro – hanno solo bisogno di sentirsi dire «Come stai?». Solo questo.
8) Adham è un bambino cresciuto troppo in fretta, un ragazzo che crede che avere quel genere di potere sia tutto, ma al tempo stesso è un ragazzino dall’anima ferita, un giovane uomo al quale, in fondo, è mancato l’affetto dei suoi cari, affetto che ha bramato, richiesto urlando in silenzio, dentro se stesso; un ragazzo che si sente cattivo e come tale ritiene di non meritare il bene: nel tuo lavoro hai riscontrato casi simili?
Certo, Adham è anche un riassunto di tutti i ragazzi che ho incontrato. Il desiderio di potere, la consapevolezza di non farcela che si mischia con la paura di farcela. E poi, un dolore immenso nel cuore, una famiglia che non li protegge, la distanza da casa, la carenza di affetto. Questo e molto altro è presente in ognuno di loro. L’ingrediente segreto non è quello di sostituirsi a tutto quello che gli è mancato, ma quello di creare nuove dimensioni che non hanno mai conosciuto. Noi non siamo la loro famiglia e non lo saremo mai ma, in questo momento, nel qui e ora, ci siamo ed è questa l’unica cosa che conta per loro.
9) Nel libro, poi, si intrecciano le storie di altri personaggi per così dire particolari, che, con le loro storie – altrettanto profonde e commoventi – aiuteranno il nostro giovane fanciullo a comprendere ed a comprendersi. Da dove nasce questa idea?
L’idea delle statue nasce dal bisogno di Adham di salvarsi. Non può farlo da solo, ha bisogno di qualcuno che lo accompagni in questo viaggio. Le statue rappresentano l’immortalità dei sentimenti, quello che resta senza morire mai, cioè le storie.
Le storie che le tre statue raccontano ad Adham lo portano, un passo alla volta, a raggiungere la salvezza e a comprendere che nella vita non tutto è perduto e che la linea gialla non solo l’ha attraversata, ma se l’ha portata assieme.
E poi, le tre statue rappresentano anche i tre cicli della vita: bambino il primo, adulto il secondo, anziano il terzo. Tutti personaggi, questi, che si impersonano in Adham e che diventano lui inconsapevolmente.
10) Non citi espressamente il luogo dove la storia si svolge ma è intuibile da certe espressioni che tu stessa utilizzi nel libro, come appunto era stata sparata, o da certe esclamazioni dei personaggi stessi. È voluta la scelta di non indicare la località?
Sì, questa scelta era voluta perché credo che esplicitare la località non fosse necessario ai fini del racconto di questa storia. Il luogo però lo nascondo dietro le parole, utilizzando appunto termini dialettali e folkloristici. Ovviamente riescono a comprenderli solo coloro che provengono da questa zona.
11) L’epilogo – non sveliamo ai nostri lettori quale sia – mi è molto piaciuto, così come ho apprezzato il percorso compiuto da Adham per arrivarci. D’altronde, ognuno di noi, ogni tanto, dovrebbe compiere questi viaggi introspettivi, aiuterebbe a comprendersi meglio, non credi?
Ti ringrazio per i complimenti. Sì, era proprio questo che volevo trasmettere al lettore. Non solo è importante, ma è soprattutto necessario, compiere questi viaggi in noi stessi. Ci aiutano ad ascoltarci, a capire chi siamo e a comprendere soprattutto i nostri sogni e le nostre passioni. Queste sono le base per costruire tutto il resto.
12) Hai già in mente un prossimo romanzo?
Durante il lockdown, ho scritto il mio terzo romanzo dal titolo “Magnete”, che verrà pubblicato a breve dalla casa editrice Ego Valeo Editore. Ma per il momento, non posso svelarvi nulla.
La nostra intervista è giunta al termine, nonostante la chiacchierata sia stata solo virtuale, è parso davvero di trovarci vis a vis con Stefania, proprio per la semplicità e la dolcezza delle sue risposte; queste ultime, infatti, lasciano trasparire una persona dai sentimenti puri e genuini, una ragazza che ha a cuore i bisogni altrui, che si spende per poter dare una mano a quanti ne abbiano di bisogno. Una donna che non si ferma alle apparenze e che cerca con convinzione di aiutare chi la circonda a tirare fuori il meglio di loro stessi!
Grazie ancora Stefania, consigliamo la lettura de La linea gialla a tutti coloro che hanno voglia di leggere una bella storia che ti aiuterà a leggerti dentro.