La casa di Battel, sottotitolo Ricordi sepolti di un’infanzia agreste, scritto da Luisa Florian e pubblicato da Mazzanti Libri, è un libro molto intimo in cui si intersecano le storie di due famiglie. È un libro delicato, scritto con la stessa minuzia di chi si veste a festa la domenica mattina. Sembra quasi un libro di altri tempi, con termini volutamente ricercati mescolati a parole tratte dal dialetto locale, quello veneto. La casa di Battel è un libro autobiografico a cui Luisa Florian ha affidato la propria infanzia di bambina cresciuta nelle distese del Veneto orientale nella seconda metà del secolo scorso.
I luoghi de La casa di Battel
Da veneta abitante nella città metropolitana di Venezia quale sono, mi sono ritrovata nel paesaggio descritto ne La casa di Battel, e leggerne mi ha fatto anche un po’ di tenerezza, come quando ti trovi a sfogliare un album di fotografie dove vedi i tuoi genitori bimbi e i tuoi nonni giovani come lo sei tu ora ma dai lineamenti molto più maturi di quelli che tu vedi riflessi nello specchio.
Tra i luoghi citati dia Luisa Florian, per esempio, c’è anche l’Isola di San Francesco del Deserto, una tra le più belle e meno note isole della laguna veneta. Coincidenze della vita, ho avuto la fortuna di visitarla qualche giorno prima di arrivare alle pagine in cui Luisa Florian ne parla. Ed è stato emozionante ritrovarsi nella calma di quei cipressi e tra le mura di quei chiostri, con le sole cicale ad accompagnare la lettura di quelle memorie.
Detto questo, mi trovo in difficoltà a recensire La casa di Battel, e ti confido perché. Premesso che, come ho detto prima, è un libro scritto bene, con sostanza e corpo, da leggere con calma assaporando la piena di ricordi che a tratti tracima gli argini, la domanda che mi sono posta una volta finita la lettura è stata: ma serviva davvero un libro così?
Volutamente provocatoria e volutamente facendo la parte dell’avvocato del diavolo, questa domanda scaturisce dal fatto che libri come questo sono, secondo me, come quegli album di fotografie di famiglia troppo recenti per indossare con disinvoltura il fascino della storia. La casa di Battel è come una ballata folk uscita in un’epoca sbagliata.
Quindi, la mia risposta è comunque sì, perché indubbio è il suo valore di documento storico (sebbene molto personale) di una realtà locale che cambia giorno dopo giorno senza quasi farsi notare. L’avrei però fatto invecchiare ancora qualche anno, come del buon vino nelle botti. Ma questa è la mia personalissima opinione e, se vorrai, dopo averlo letto mi dirai la tua.
Luisa Florian
Luisa Florian nasce negli anni Sessanta a San Donà di Piave, un comune di quasi 42mila abitanti della città metropolitana di Venezia, dove tutt’ora risiede con la famiglia. Docente di lettere presso la scuola media Enrico Toti nel vicino comune di Musile di Paive, ha vinto numerosi premi relativi a ricerche storiche realizzate coinvolgendo anche i suoi studenti e altre docenti dell’Istituto.
Tra queste: Storie dei senza storie. Il dolore dei dimenticati (libro vincitore di un premio d’onore dal’Ateneo Veneto, Biennegrafica, 2014), Musile non muore. Grande Guerra e ricostruzione raccontante da alunni e docenti dell’I.C. Enrico Toti, Biennegrafica 2018 (vincitore del premio nona edizione di Ma che storia! Centro Studi A. Mori), Attività Amministrativa – Primo Mandato elettorale – Vita Sociale del Comune di San Donà di Piave, Digipress 2019 (vincitore del premio ottava edizione di Ma che storia! Centro Studi A. Mori), Gioia Gioia Gioia. Ricercando tra passato e presente incontriamo Lucia Schiavinato, Mazzanti Libri 2017.
La casa di Battel è il suo primo libro autobiografico.