L’imperatrice delle anime di Kylie Lee Baker è un tuffo nella mitologia giapponese. Una storia che parla prima di tutto di amore fraterno, di essere disposti ad aggirare la morale e ciò che è comunemente accettato in onore di qualcosa che si ritiene più grande e importante. E poi sì, c’è anche un’epica battaglia per sconfiggere i nemici giurati, come in ogni fantasy che si rispetti.
Degno seguito de La collezionista di anime, sempre pubblicato da Fanucci editore, conclude la dilogia che Kylie Lee Baker, traendo spunto dalle sue origini irlandesi, giapponesi e cinesi, dedica a mietitori e shinigami, esplorando due diverse rappresentazioni della Morte e degli Inferi. Essendo il libro molto collegato al primo volume, non escludo la presenza di spoiler in questa recensione (anche se alcuni snodi si possono facilmente sospettare o sono già esplicitati nella quarta di copertina), soprattutto perchè i due volumi non sono per nulla indipendenti.
La storia di Ren riprende dieci anni dopo
Dieci anni in cui Ren ha cercato di farsi accettare come degna Dea della Morte, in cui ha cercato di esercitare il potere che le spetta, seppur lo spirito di Izanami sia sempre acquattato nell’ombra. Dieci anni in cui, giorno dopo giorno, incessantemente, ha mandato i suoi servitori ombra nell’abisso per cercare Neven, e in cui non si è tirata indietro dallo sporcarsi le mani, pur di ritrovare colui che ama più di tutti al mondo.
All’improvviso, però, gli equilibri cambiano e in una piccola cittadina del Giappone… il tempo si ferma.
L’imperatrice delle anime di Kylie Lee Baker: la mia recensione
Non sempre, quando il primo libro è piaciuto, o ha funzionato particolarmente bene, il secondo ha lo stesso effetto. È necessario non solo ricreare la stessa atmosfera, ma anche immaginare uno sviluppo di trama che sia al tempo stesso coerente ma anche innovativo e interessante. Bene, in L’imperatrice delle anime, a mio parere Kylie Lee Baker ci è riuscita.
La storia di Ren riprende prima che la nuova minaccia sia svelata, dando modo di esplorare i nuovi equilibri creatisi dopo l’ascesa della ragazza al potere. E così si tratteggia una quotidianità complessa, oppressa dal dolore e dall’estenuante e continua lotta per affermare di essere in grado di ricoprire un ruolo che la protagonista non ha mai desiderato, ma che si è ritrovata addosso. Un ruolo altamente connotato a livello culturale e simbolico, tra l’altro.
Perché se a Londra Ren era la shinigami, a Yomi è la mietitrice. Kylie Lee Baker continua quindi il suo dialogo con i temi dell’appartenenza e dell’inclusione, sottolineando come si tratti di una tela di Penelope: ogni passo avanti può essere distrutto nel giro di una notte.
Mi è piaciuta l’esplorazione del pantheon giapponese, anche qui senza chiamare in causa come co-protagoniste due delle divinità maggiori, Amaterasu e Susanoo, ma lasciando spazio a Tsukuyomi, un personaggio più quieto, imperscrutabile, fatto non solo di luce, ma anche di ombra. Certo, ammetto che mi sarebbe piaciuto che l’aspetto romantico fosse un po’ più sviluppato, ma alla fine di tutto, va bene così.
Credo di aver apprezzato Ren più nel secondo volume che nel primo: per quanto si perpetui il suo camminare sulla linea sottile tra ciò che è considerato o meno morale, è anche più sicura di sé. Si rende conto che, anche se spiacevoli o difficili, certe azioni vanno compiute e, pur cercando assiduamente di espiare le sue colpe, non si fa fermare dal rimorso.
Forse è proprio per questo, perchè ho percepito lo sforzo di Ren nel porre rimedio ai suoi errori passati, che per buona parte del libro ho mal tollerato Neven. Tuttavia, è anche vero che io non ho mai dovuto passare dieci anni della mia vita immersa nel mio incubo più profondo, con la certezza che mia sorella non sarebbe arrivata a salvarmi.
Con il suo stile scorrevole e avvincente, Kylie Lee Baker ha dato vita a un racconto che nulla ha da a invidiare ai miti da cui prendere spunto. Lo sviluppo della trama, poi, è ricco di guizzi inaspettati, che mantengono alto l’interesse. In questo contesto, la cover e la formattazione ben curate da Fanucci non fanno altro che migliorare la situazione.
Per concludere, consiglio vivamente L’imperatrice delle anime di Kylie Lee Baker a chi avesse voglia di fare un viaggio nella mitologia giapponese, senza però cadere nel banale o nel polveroso. A chi desidera un’avventura fantasy. A chi vuole una protagonista pronta a lottare con le unghie e con i denti contro i propri demoni, anche quando sembra che nessuno sia pronto a spalleggiarla. Ovviamente, però, è necessario leggere prima La collezionista di anime (ma niente paura, anche quel libro scorre che è una meraviglia).