Venerdì 27 novembre 2020, alle ore 17:00, lo scrittore Kader Abdolah ci racconterà del suo ultimo libro, Il sentiero delle babbucce gialle, edito da Iperborea. L’evento si svolgerà online sulla pagina Facebook di Iperborea e vedrà lo scrittore iraniano dialogare con le libraie Maria Carmela Sciacca di Vicolo Stretto e Paola Piolatto di I libri di Eppi. L’interprete sarà Sonia Folin.
Kader Abdolah è uno scrittore iraniano, rifugiato politico in Olanda dal 1998 perché perseguitato dal regime dello scià e poi da quello di Khomeini. Considerato un autore bestseller di questo Paese, Kader Abdolah ha pubblicato tutti i suoi romanzi in Italia con Iperborea, e c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Per conoscere un po’ meglio Kader Abdolah ti propongo, oltre al già citato Il sentiero delle babbucce gialle (2020), anche il primo libro che ha pubblicato in Italia con Iperborea, quasi vent’anni fa: Il viaggio delle bottiglie vuote (2001)
Inoltre, ti ricordo che nel sito di Iperborea sono disponibili degli estratti dai libri di Kader Abdolah in formato pdf. Che aspetti?
Il sentiero delle babbucce gialle, di Kader Abdolah
Il nuovo grande romanzo del cantastorie e affabulatore iraniano Kader Abdolah, ispirato alla vita di Said Sultanpur, poeta di spicco della rivoluzione iraniana, giustiziato nel 1981.
Sultan Farahangi, famoso cineasta iraniano rifugiato in una fattoria della campagna olandese, si immerge nei ricordi per riannodare i fili della sua avventurosa esistenza e raccontarla in una catena di storie seguendo le orme di Sherazade. Un viaggio nella memoria che come d’incanto ci trasporta nell’antica città di Arak, divisa fra tradizioni secolari e la forzata modernizzazione a stelle e strisce con cui lo scià, nel secondo dopoguerra, importa la gomma da masticare e il seducente mondo del cinema.
Figlio di una nobile famiglia di commercianti di zafferano e cresciuto in un castello fiabesco, tra gli spiriti tutelari del nonno, le lotte femministe della cugina Akram jun e l’amicizia del feroce bandito Hushang Braccio Mozzo, Sultan comincia a osservare il mondo fuori con il cannocchiale dell’alta torre dove ama rifugiarsi.
Scopre così quella vocazione che lo condurrà alla scuola di cinema di Teheran e poi a intrecciare il suo destino con quello della regina Farah Diba e dell’ayatollah Khomeini, a interrogarsi sulla libertà dell’arte e sull’etica del sacrificio per una causa, a subire il carcere politico e a trovare la via di fuga per la vita in Europa.
Fondendo realtà, mito e fiaba orientale con raffinatissima grazia poetica, Kader Abdolah rievoca l’antica Persia e i mutamenti che l’hanno travolta in un romanzo di formazione che è in realtà un viaggio interiore alla ricerca di sé, delle proprie radici di uomo e di artista. Il percorso pieno di nostalgia di un migrante d’eccezione per mappare i sentieri che la vita gli ha offerto e ricomporre attraverso la letteratura il disegno di un’esistenza destinata a farsi ponte tra due mondi.
Il viaggio delle bottiglie vuote, di Kader Abdolah
«Eravamo precipitati di colpo da una cultura in cui tutto succedeva dietro i veli e le tende a una società seminuda», da un paese in cui tutto era proibito a uno in cui tutto è permesso, dalla repressione alla totale libertà, dall’Iran khomeinista all’Olanda: è l’esperienza di un profugo che racconta Bolfazl, il protagonista, la testimonianza di un uomo che, costretto allo sradicamento della fuga, scrive per dar voce a tutti coloro che sono rimasti e ridotti al silenzio.
Ma è soprattutto l’esperienza di un immigrato, la testimonianza di un lungo processo di adattamento a una realtà così diversa da quella finora vissuta che può essere pensata e capita solo man mano che si impara la nuova lingua che la esprime. Ed è questo uno dei fascini del romanzo, quella scrittura essenziale che è funzionale allo sforzo di apprendimento nella sua semplicità e al tempo stesso ricca di vibrazioni poetiche di tradizioni lontane.
Perfino quel verde, quegli orizzonti piatti, la pioggia, la nebbia, le nuvole sono estranei a chi viene da un paesaggio di montagne del colore delle pietre sotto cieli perennemente tersi. Bolfazl è un esule in quell’Olanda in cui la gente prende il sole nuda nei propri giardini, indifferente, più che tollerante, al destino di chi le vive accanto, ma in fondo esule è anche René, il vicino omosessuale, la cui amicizia è il primo passo per superare la solitudine e il disorientamento di chi sente di essere «diventato niente».
L’identità è in quel passato di ricordi che la memoria continuamente tradisce e che l’immaginazione ricuce fondendoli alle leggende della patria e ai racconti dell’infanzia. Scisso tra passato e presente, tra diversità e desiderio di integrazione, Bolfazl sente la sua fuga rallentare man mano che accetta di seguire il fiume della sua esistenza, quel fiume che porta verso il mare, avvolte in un sacco, le bottiglie vuote tenute per secoli in cantina che racchiudevano la storia, i segreti e gli amori degli avi di casa.