Un’intervista a Gabriele Ametrano, patron del festival “La città dei lettori”, approfittando della sua grande disponibilità, ecco cosa ti propongo oggi, caro iCrewer.
Sul sito dell’associazione Wimbledon, Ametrano viene descritto così:
Cinque tatuaggi, due piercing e sedici quarti di sangue nobile. Giornalista da più di dieci anni, scrive, parla in radio ma soprattutto legge. Balla poco ma in compenso sa restare fermo in un angolo ad osservarvi. Crede alle parole, quelle chiare, senza fraintendimenti. Il resto, per lui, è solo un chiacchiericcio.
Noi gli abbiamo posto alcune domande che hanno a che fare con il nuovo panorama editoriale post covid. Ricordiamo intanto che “la città dei lettori” si terrà dal 27 al 30 agosto a Villa Bardini a Firenze; il 4 e il 5 settembre alla Biblioteca Civica di Calenzano (FI). La rassegna è ideata e curata dall’Associazione Culturale Wimbledon con la direzione di Gabriele Ametrano, la collaborazione e il contributo di Fondazione CR Firenze, Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Estate Fiorentina 2020 del Comune di Firenze, Comune di Calenzano e Biblioteca Civica di Calenzano, il sostegno di Unicoop Firenze e IED Firenze, la gentile collaborazione della Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi amministrata da Ubi Banca.
Per ulteriori informazioni: www.lacittadeilettori
Intervista a Gabriele Ametrano, patron de “la città dei lettori”.
Inizio l’intervista a Gabriele Ametrano con una domanda scomoda. Un festival dei lettori è un’impresa per lo meno azzardata in un momento in cui l’editoria pare colare a picco. Sembra che il lockdown abbia dato il colpo di grazia a una situazione che già non era rosea. Cosa potrebbero aspettarsi i (pochi) lettori rimasti? Quali saranno i ritmi di pubblicazione delle case editrici? Ha ancora senso pubblicare ‘mitragliate’ di libri?
Gabriele Ametrano: Abbiamo sicuramente fatto una scelta coraggiosa e controcorrente organizzando comunque La città dei lettori dal vivo. Crediamo che, oggi più che mai, il ruolo dell’organizzatore culturale sia anche un ruolo sociale. Il nostro festival assume quindi il significato di rinascita culturale, di gesto verso una fiducia e un ritorno verso la normalità che vogliamo trasmettere al pubblico. Ma non solo al pubblico quest’anno dedichiamo l’organizzazione della manifestazione: i destinatari sono anche autori e case editrici, soggetti che nell’emergenza sanitaria hanno subìto uno stop importante e di difficile gestione. Il settore editoria sta cercando di curare un forte colpo alla sua economia: con la nostra manifestazione speriamo di dare un piccolo sollievo a coloro che pensavano ad un futuro nero e senza speranza. Gli editori stanno cercando d’interpretare le conseguenze della pandemia, muovendosi con cautela, cambiando i propri piani. Io credo che questo momento di riorganizzazione sia l’occasione per privilegiare la qualità delle pubblicazioni rispetto alla quantità.
Parliamo di tendenze: quali sono le nuove mode della lettura? Quale il linguaggio che attira più lettori, quale il genere che gode di maggior attenzione, quale ambientazione affascina di più?
Gabriele Ametrano: Difficile parlare di una tendenza univoca per tutto il popolo dei lettori. Gusti, attenzione e gradimento
variano per fascia di età e per vocazione. Mi accorgo però sempre più che nelle narrazioni un linguaggio per immagini accoglie più gradimento. Anche il genere giallo o i thriller vengono particolarmente amati dai lettori, soprattutto se le storie hanno attinenza con la realtà o fatti realmente accaduti. I giovani, invece, sono attirati da letture che vanno dal romance ai saggi, senza una vera e propria indicazione. Credo che non esista una vera e propria tendenza nella lettura: diciamo che la vera tendenza dovrebbe essere leggere.
La letteratura italiana ha ancora potenzialità? Esiste ancora la possibilità che un libro italiano diventi un grande classico? Voglio dire: il panorama editoriale italiano è in grado di produrre un Manzoni del 2020?
Gabriele Ametrano: Io credo che esista la possibilità. Sono cambiati i termini di confronto naturalmente, è cambiato il contesto in cui si pubblica, ed è per questo che la nostra attuale percezione non compone una lista di classici ma ne esistono e saranno sicuramente importanti quanto I promessi sposi. Semplicemente lo saranno per caratteristiche totalmente diverse. Prendiamo Il nome della rosa, Gomorra o le pubblicazioni di Elena Ferrante: sono oramai classici inseriti già nelle antologie scolastiche.
Certamente non hanno la valenza linguistica di un Manzoni ma s’inseriscono in maniera fondamentale nel percorso storico della letteratura, sia nel nostro paese che all’estero. Dobbiamo dare tempo a un libro di diventare un classico ma di alcuni percepiamo la fondamentale importanza e certamente quelli troveranno posto nelle librerie delle prossime generazioni.
Intervista a Gabriele Ametrano, patron de “la città dei lettori”
Sui gruppi di lettori nei più utilizzati social, rimbalza spesso la domanda ‘ebook o cartaceo?’. Siamo in un momento di passaggio in cui il cartaceo esercita ancora una fascinazione ma l’ebook permette una fruizione più semplice, comoda, economica e d’impulso. Se infatti l’acquisto di impulso in libreria non è più possibile, dato il costo di ogni singolo volume, negli store on line i prezzi degli ebook e i sistemi di reso permettono una lettura usa e getta e acquisti perpetrati anche senza l’intenzione reale di lettura. Pensa che si andrà verso lo smantellamento delle librerie? O più propriamente verso un diverso utilizzo della libreria fisica? L’ebook potrebbe sostituire il libro, che a volte diventa anche oggetto di status o di arredamento, oppure il cartaceo avrà sempre il proprio spazio?
Gabriele Ametrano: L’ebook esiste ma il cartaceo vive un’ottima vita. La lettura digitale è comoda e veloce, a volte più
economica, ma non ha soppiantato il cartaceo e non lo farà. Il mercato dell’ebook ha avuto un’impennata durante il periodo di lockdown ma sappiamo che ci sono ovvie ragioni per questo. Non esiste comunque paragone tra i due mercati: l’ebook non ha mai pareggiato le vendite del cartaceo.
Detto questo le librerie sono veri e propri presidi culturali cittadini e, sebbene alcune abbiano adottato la vendita di merchandising che non ha nulla a che fare con il mondo dei libri, in queste il libro nella sua forma classica, cartacea, non perderà mai il suo posto principale. Credo che nella più concreta delle ipotesi l’ebook potrebbe diventare (e forse già in parte lo è) il supporto che affianchi il libro durante i viaggi o gli spostamenti.
Come si sposa l’iniziativa de “La città dei lettori” con la città di Firenze? La spettacolare cornice di villa Bardini è un richiamo già di per sé, ma come ha reagito la città all’evento che si conferma alla sua terza edizione? Ce ne saranno altre?
Gabriele Ametrano: La città dei lettori ha colmato un vuoto nel capoluogo toscano. Mancava un festival di letteratura italiana e quindi il pubblico locale, ma oramai possiamo dire regionale e nazionale, partecipa con grande entusiasmo e piacere. Questa sarà una terza edizione speciale, che soffre delle limitazioni imposte dalle norme sanitarie in vigore, ma gode della fiducia di un pubblico che lo segue già da due anni. Ci saranno sicuramente altre edizioni e spero vivamente che si possa tornare a programmare il festival nel suo periodo originario, ovvero nei primi dieci giorni di giugno.