Quando ho preso tra le mani questo volume di The Passenger dedicato all’India, pubblicato da Iperborea, ho avuto subito quella netta impressione di essere in sintonia con questo libro. La prima sensazione è tattile. La copertina ruvida mi ricorda la carta usata con le penne stilografiche e mi ha messo subito in una condizione di piacere. Il piacere di toccare qualcosa di prezioso.
L’aletta anteriore riporta diversi dati sull’India, alcuni molto classici – popolazione, superficie, densità … – altri piuttosto particolari come, per esempio, il numero di famiglie che possiede un frigorifero. L’aletta a sua volta si apre e ci sbatte in faccia la grandezze dell’India. Tutti sappiamo che l’India è enorme – è uno stato composto da stati –, ma vederla su carta, dopo averne letto i dati, mi ha trasmesso la reale portata delle sue dimensioni. E questo ha creato la condizione mentale ideale per capire i contenuti che sarei andata a leggere di lì a poco.
L’India richiede tempo
Sfogliando questa pubblicazione, a metà tra un libro, un magazine e qualcosa di inedito, mi tornano in mente le parole di Natascia, un’amica fotografa che a gennaio è andata in India per un paio di mesi. «L’India chiede Tempo. Un giorno non basta neppure per scrollarsi di dosso la sua polvere. Questo paese ti dà pugni nello stomaco in continuazione e lo fa, paradossalmente, con discrezione. Questo è uno dei suoi mille contrasti. Con gli occhi neri e lucidi della sua gente, con i suoi mille odori, con i suoi silenzi inaspettati si creano delle alchimie particolari, intense ed estreme allo stesso tempo. L’India sembra racchiudere l’anima del mondo, è corpo, mente e spirito assieme».
Un Paese dai mille contrasti
È quello che emerge dall’introduzione. Oggetto di mistificazione da parte di élite di occidentali in fuga ma contemporaneamente paese in prima linea nell’innovazione digitale. Megalopoli che crescono economicamente a un ritmo vertiginoso fanno da contraltare a un’agricoltura che dipende ancora dal monsone e subisce sempre di più le conseguenze dei cambiamenti climatici. Movimenti di emancipazione – tra cui quella femminile – si scontrano con il sistema delle caste e il nazionalismo indù.
Com’è strutturato India | The passenger
Il sommario è molto chiaro. La pubblicazione è divisa in una sorta di capitoli indipendenti, ognuno a sé stante. Sotto il titolo, c’è una breve descrizione di quello in cui si andrà a parlare. Si tratta di saggi narrativi, reportage letterari, approfondimenti, illustrazioni, inchieste. La varietà è proprio, secondo me, la forza di questo libro. Tra gli argomenti trattati: donne e lavoro, il programma spaziale indiano, essere atei nel paese delle mille divinità, desiderio di indipendenza, le letterature dell’India – ci tengo a precisare che gli argomenti trattati sono molti di più, ma non ti voglio svelare tutto! –
Negli articoli sono presenti vari compendi informativi per permettere anche a chi non ne sa molto su quel particolare argomento, di capire fino in fondo ogni riga. Non sono solo testuali: ci sono anche piccole infografiche o illustrazioni. Faccio un esempio. Nel saggio “Il sangue dei tulipani”, lo scrittore kashmiro Mirza Waheed «ci spiega cosa significa crescere nella regione più militarizzata del mondo, dove da decenni il desiderio di indipendenza dallo stato centrale si scontra con una repressione feroce che non guarda in faccia nessuno».
Per capire meglio il testo, e la situazione di cui parla, c’è una timeline descrittiva del conflitto indopakistano (dal 1947 al 2019), ci sono i numeri delle violazioni dei diritti umani in Kashmir, e una serie di mini-approfondimenti sulla Radcliff line, sull’articolo 370 della costituzione indiana, e sulle sette sorelle.
All’inizio e alla fine di questo libro, puoi trovare delle pagine particolari. Sono riconoscibili perché di un altro colore, in questo caso, rosa. Tra queste ci sono un paio di infografiche in cui vengono dati alcuni numeri significativi sul paese, una playlist musicale (leggere il libro mentre la si ascolta è come leggere anche con un altro senso, l’udito), e una raccolta di suggerimenti letterari per approfondire l’argomento.
Fotografie, grafica e impaginazione
Il libro è pieno di fotografie, tutte con lo stesso stile, fatte da un’unica persona. Ho notato subito che vicino alle foto c’è la didascalia ma non il nome dell’autore. Appena sotto il sommario viene spiegato il perché: per ogni volume di The Passanger c’è un progetto fotografico fatto ad hoc, assegnato a un/a fotografo/a. Il progetto è realizzato in collaborazione con Prospekt Photographers e le fotografie di questo numero sono di Gaia Squarci.
La palette di colori usata per la grafica è quella del rosa, una sorta di rosa antico che si sviluppa fino a tonalità simili alla vinaccia. Questi colori dominano le illustrazioni, le infografiche, le mappe. Servono anche a evidenziare: i testi di approfondimento sono scritti in rosa, così come alcune pagine hanno lo sfondo rosa. Non so con certezza perché hanno deciso di usare proprio questo colore. So che una sfumatura di rosa, a Jaipur, è stata usata nell’intonaco che riveste alcuni palazzi del centro. E in qualche modo questo rosa lo ritrovo anche nelle fotografie presenti in questa pubblicazione di Iperborea, anche solo in alcuni dettagli, e questo crea una sensazione di grande armonia.
Infine, ho adorato sia l’impaginazione a doppia colonna, perché permette una facile lettura dei testi, sia come sono riusciti ad alternare, armonizzandoli, articoli, infografiche, illustrazioni e altre tipologie di contenuto.
Se vuoi sapere qualche curiosità in più su questa pubblicazione, ti consiglio questa breve intervista a Gioia Guerzoni, la consulente editoriale di questo numero di The Passenger.
Wow! Aumenta il desiderio di saperne di più e contemporaneamente di partire! Grazie