Il tuo sguardo su di me, di Margherita Giacobino, pubblicato da Mondadori, è uno di quei libri su cui, caro lettore, non posso esimermi di dare un giudizio personale. Se è vero che una recensione deve avere una buona dose di oggettività e cercare di consigliare (o meno) i libri basandosi su criteri di massima; mi riferisco alla correttezza della scrittura, alla coerenza di trama e personaggi, allo stile dell’autore, è anche vero che quando mi imbatto in un’opera del genere non riesco proprio a stare zitta.
Ebbene, se ti ho incuriosito seguimi nei miei ragionamenti perchè potrei addirittura sconvolgerti, caro lettore. Il tuo sguardo su di me, di Margherita Giacobino, è un libro scritto da una penna esperta, matura, stilisticamente perfetta. Una scrittura complessa eppure non criptica, parole sferzanti scelte minuziosamente. Ho trovato che Il tuo sguardo su di me, di Margherita Giacobino, sia una lettura piacevolissima. Non c’è una trama vera e propria perchè le pagine si riempiono con gli episodi di vita dell’autrice e di sua madre Maria Grazia.
Il tuo sguardo su di me, di Margherita Giacobino per Mondadori
Allora? mi chiederai, caro iCrewer, come mai hai da giudicare un libro così ben scritto, così ben architettato, con personaggi che emergono pennellata dopo pennellata in un puzzle creato da un’artista della parola (questo è indubbio!).
Ebbene, caro iCrewer, Il tuo sguardo su di me, di Margherita Giacobino veicola dei messaggi che sono tutto ciò che io non voglio essere. Comunica tutto ciò che io non voglio diventare, educa in un modo in cui rifiuto di educare mia figlia. Sarà per il femminismo militante che traspare dalle pagine, quella convinzione strisciante che ogni persona dotata dell’appendice che lo definisce maschio non sia altro che una bestia immonda. Gli uomini sono descritti esclusivamente in chiave malevola: beoni, giocatori, distruttori di vite, segregatori violenti.
Le donne invece sono tutte, tutte, senza tralasciarne una, eroine dei loro tempi: vittime coraggiose o ‘capitani della barca’, corsari che si dibattono nelle tempeste della vita. Tutte eh, caro iCrewer, non è che ce ne sia qualcuna che è cattiva o maligna. Sono tutte fantastiche. Gli uomini invece tutti trogloditi. Vorrei dire all’autrice che, per la legge dei grandi numeri, esistono le persone per bene tra gli uomini. Io ne conoscevo e ne conosco tante, e non solo nell’epoca moderna, in cui i mammi casalinghi sono apprezzati e stimati.
In tante, tantissime famiglie, dagli anni ’20 in poi (cito l’epoca perchè ho testimonianze dirette) la legge di molte famiglie, dettata dai padri era: la moglie devi farla stare bene, alla moglie devi volerle bene, deve essere felice lei come te. E ho conosciuto tante, tantissime donne contente della loro vita piena di sacrifici, con poche cose e tanto da fare, a cui non è mai stato rinfacciato uno spicciolo speso, seppure era portato a casa dal marito. Esistono uomini buoni, ne sono sempre esistiti e a loro va portato lo stesso rispetto che pretendono le donne buone.
L’autrice è vissuta in un mondo di donne, parecchie nonne, una madre che è stata il perno della sua vita. La sensazione è che l’autrice non abbia mai smesso di essere figlia, non si sia mai evoluta in qualcosa di diverso dalla figlia, abbia visto sempre sua madre con gli occhi di una figlia, non di una donna, non di una persona che guarda un’altra persona.
Come ti permetti? mi domanderai, caro iCrewer, stai dando giudizi affrettati e troppo severi. Ebbene, questo è quello che mi arriva dalle pagine, bellissime ma distanti da me, di questo libro che mi ha irritato. Avrei dovuto leggerlo con molta più superficialità, avrei dovuto fare spallucce e ignorare il messaggio che è il contrario stesso della mia vita e della vita che mi ha circondato da sempre. Mia nonna lavorava già negli anni trenta, portava a casa uno stipendio come suo marito e ha tirato su due figli. Infinite schiere di contadine hanno sfamato generazioni di figli tenendo saldo il mestolo di casa.
Io non comprendo l’odio pregiudizievole nei confronti degli uomini come rappresentanti del loro sesso. Non lo capisco e non voglio far parte della schiera di femministe militanti che odiano gli uomini, repellenti al confronto con l’altra metà del mondo che considerano inferiore. Mi dispiace, non apprezzo. Se è vero che ancora oggi le donne sono meno (di gran lunga) valorizzate degli uomini e ci sono ancora tabù infrangibili intorno alle donne, è anche vero che una donna che decide di fare la mamma a tempo pieno, viene giudicata da queste odiatrici di professione come una fallita schiava di un marito despota (???).
Dagli all’untore che sciupa con le proprie scriteriate scelte l’immagine della donna rampante, aggressiva, sempre più uomo. La donna che mortifica i propri doni, che non sa che farsene di bambini da guardare, che rifiuta la propria femminilità in cambio di una somiglianza sempre più confusa all’uomo.
Aggiorno l’autrice sui nuovi sviluppi, che ovviamente hanno fatto parecchi passi indietro rispetto agli anni addietro: esistono donne lavoratrici, madri, mogli, casalinghe, psicologhe, autiste, rammendatrici, sarte, costumiste, medici, infermieri, organizzatrici di feste (organizzatrici, al femminile! Perchè un poeta donna è una poetessa. Un sindaco donna è sempre un sindaco, è un’autorità asessuata, ma un poeta femmina si chiama poetessa) che si destreggiano in una vita priva di riconoscimenti, che vanno avanti con il sorriso e ringraziano della vita piena che hanno, stanche, affamate, assetate e felici.
Se si vuole essere femministe nel 2021, è da lì che si deve passare, dal sostegno alla libera scelta delle donne, alla possibilità di essere madri a tempo pieno senza la necessità di scegliere tra il lavoro e la famiglia. Si dovrebbe passare dall’aumento di pena per lo stupro, dall’accoglienza alle madri in difficoltà, dalla reale possibilità di tutela nel caso in cui una donna scelga di lasciare il marito. Questa dovrebbe essere la vera rivoluzione, la libertà di scelta… l’odio lo lascio a chi non ha altre battaglie da combattere, a chi detesta tutto ciò che è stato ed è sempre esistito, per esempio le coppie formate da uomo e donna.
Finisco con una frase che mi è rimasta impressa: la madre Maria Grazia parla del marito dicendo
‘meno male che era un vigliacco. Se tutti gli uomini fossero come lui le guerre finirebbero subito’.
Anche la vigliaccheria è un merito? No, non mi hanno insegnato così. Questo messaggio io lo rifiuto.