Oggi spolveriamo in libreria. I vecchi libri, i loro racconti e i ricordi…
Un pomeriggio casalingo con la voglia di fare ordine e pulizia: tanta buona volontà e armi adatte per affrontarlo. Certo, detto così sembra una partenza per una improbabile guerra combattuta a colpi di ramazza, piumini e stracci da spolvero e in fondo lo è. Le battaglie casalinghe contro la polvere sono degne delle migliori strategie di guerra. Zona di combattimento, lo studio e le librerie: aree strategiche per chi ama i libri e per la conseguente polvere che decide di stabilircisi in pianta fissa. Eccoci quindi, l’un contro l’altro armati, come disse… Chi lo disse? Boh, non lo ricordo più ma importa poco: conta la volontà di affrontare il combattimento.
Con in mano le armi contundenti di strategia offensiva, mi avvicino alla zona calda, quella più alto, meno frequentata e terreno fertile del nemico: qui le cose o si affrontano di petto o si soccombe. Hai presente gli scaffali delle librerie più in alto, dove in genere si conservano i libri meno usati o quei testi scolastici dove hai sudato le proverbiali sette camicie di sangue, in lunghi pomeriggi di studio? È da qui che voglio cominciare. E da qui che uno dopo l’altro, tolgo testi di letteratura, di storia, di psicologia, proprio quelli più usati, quelli che mi hanno vista studente desiderosa di conoscerne tutti i segreti.
Man mano che li tolgo dallo scaffale, riaffiora una vagonata di ricordi e la voglia di sbirciare fra le pagine è inevitabile. Pagine vissute e ingiallite dal tempo, quelle dei libri usati: note a margine, spiegazioni, appunti, sottolineature a matita, a penna, a pennarello e fogli, foglietti, pezzi e persino fazzolettini di carta con appunti decorati da disegni che non hanno niente da invidiare all’arte contemporanea, ai graffiti o ai murales… Libri non solo usati ma vissuti e strapazzati, quelli di scuola. Acquistati nuovi o di seconda mano alla fine dell’anno scolastico avevano tutti un’impronta personale fatta di geroglifici che a rileggere adesso non capisco neanche più.
La voglia di mettermi a sfogliare diventa pressante e inevitabile, tra le pagine ritrovo anche messaggi lasciati da qualche compagno/a di scuola che ho totalmente perso di vista ma che in quel periodo costituiva un mondo fatto di uscite, passeggiate, sortite in discoteca, feste, scherzi, risate e pianti. Anche pianti sì, dimmi se non hai mai pianto le tue prime pene d’amore sulla fragile e giovane spalla di un amico/a, che era più confuso sentimentalmente di te ma che sapeva tirare su il morale con una battuta o con un messaggio scritto tra una lezione e l’altra, sul libro di psicologia. Materia più gettonata fra noi ragazzi di allora, la psicologia, approfondita in letture extra-scolastiche, specie quando si cercavano risposte profonde e risolutive alle pene d’amore e al modo di affrontarle. Puntualmente di specifico non si trovava niente (logico) ma per un momento ci si illudeva di capire e di sollevarsi da quella sofferenza. I libri di Eric Fromm, L’arte di amare, Avere o essere, Il linguaggio dimenticato, una novità assoluta per quei tempi, erano i più ricercati e letti e si passavano di mano in mano, di amico in amico, in giri interminabili e addirittura prenotazioni e turni.
E che dire delle fotografie dimenticate in mezzo alle pagine? Ti rivedi ragazzina, con un abbigliamento improbabile ma che a quell’epoca faceva tendenza, i capelli più strani dei vestiti che indossi, ti guardi e quasi non ti riconosci. Vivo nella memoria è invece il momento dello scatto: una pausa a scuola, una gita o una semplice passeggiata e il solito amico/a con la mania fotografica e una Polaroid a portata di mano. A quei tempi i cellulari erano argomento fantascientifico e il selfie era un termine che aspettava ancora di essere inventato. Le foto di allora, riguardate a distanza di quasi quarant’anni, hanno il sapore del tempo che, inesorabilmente, scorre e quell’alone sbiadito di nostalgia per un’esistenza da scoprire, rimanda a progetti e sogni in parte realizzati, in parte accantonati.
Eccolo qui, ho tra le mani uno dei libri che ho amato di più, è fra tutti quello messo più male: la rigida copertina ancora resiste, la sovraccoperta è svanita nella nebbia e nella memoria ma il titolo, Guida al Novecento di Salvatore Guglielmino, è ancora leggibilissimo sulla copertina grigio-lucido e nella mia memoria. Quante ore passate a scoprirne i misteri, quante pagine lette, studiate e divorate nella smania (proprio smania si) di capire le tematiche di poeti e scrittori… Quando mi capita di raccontarlo alle mie figlie, mi guardano come se venissi da un altro pianeta (e io devo ammettere, a volte mi ci sento un po’ aliena): oggi la critica letteraria del novecento non si studia quasi più a scuola, colpa di un sistema scolastico che, oltre ad essere tutto da rivedere, ha tutto l’interesse a oscurare poeti e scrittori scomodi… ma questo è un altro argomento più lungo e articolato, lo so. Oh, ma guarda, proprio fra queste pagine ritrovo dei biglietti di autobus con scritta a penna rossa, una data e un luogo, a memoria di un breve viaggio clandestino in una cittadina vicina. Il ricordo di una piccola trasgressione fatta in gruppo, in un giorno di scuola saltata di nascosto e vissuto come un’avventura dal rientro preoccupato: la fifa di essere scoperti al rientro faceva anch’essa parte dell’avventura.
Memorie, ricordi e nostalgie mescolati alla polvere che combatto a colpi di straccio mentre dalle pagine un po’ ingiallite spunta anche qualche fiore o qualche romantica poesia a testimoniare le prime cotte, i primi amori più o meno fortunati o il gesto di qualcuno la cui timidezza vinceva sul desiderio di dichiararsi apertamente. Sorrido al pensiero di quel tempo, sorrido alle poesie scritte e poi dimenticate, ai testi delle canzoni di protesta di cui L’avvelenata di Francesco Guccini era la portavoce, sorrido ai testi tradotti di Bob Dylan, alle poesie in musica di Fabrizio De Andrè o di Francesco De Gregori, conservate gelosamente fra le pagine, cantate in gruppo o in solitario, tentando di strimpellare le corde di una chitarra, giornate e serate ritrovate intatte nella memoria, in questo giorno di lotta alla polvere.
Forse sto vincendo la battaglia con la polvere ma i miei vecchi libri, quelli che hanno avuto un ruolo essenziale nella mia vita, si stanno prendendo una rivincita sulle mie emozioni, che carogne!
Eppure loro sono sempre stati qui, forse in attesa di essere riaperti, forse a testimoniare che anche i libri sono memoria, fanno parte del vissuto e stanno li a ricordare quanta strada si è macinata, come si era e come le vicende della vita, inevitabilmente, trasformano sogni e progetti lasciando un sapore dolce amaro nei ricordi.
Sarà capitato anche a te di andare a ritroso nel tempo sfogliando dei vecchi libri? Sarei davvero curiosa di saperlo…
Bellissimo! Meraviglioso! Libri che hanno segnato una vita, impolverati e in attesa di essere riaperti per svelare il vissuto e i segreti celati al loro interno. Ahimè i miei per mancanza di spazio li avevo lasciati a casa di mia madre a due passi da casa mia in attesa della loro rinascita, ma mio fratello ha deciso di mettere ordine nella libreria, tra le mie cose. Ha buttato via tutto, tutti i miei ricordi, il mio essere, il mio volermi ritrovare, senza neanche dirmi una parola. Immagina la mia “sorpresa” una delusione infinita. Ci penso ogni singolo giorno e ogni singolo giorno vorrei “punirlo”. Gli ho chiesto che tipo di malore scaturisse dai libri e che fastidio gli recassero, senza ottenere alcuna risposta. Il fatto è che mi ha privato del mio piccolo mondo.
Non tutti viviamo i libri allo stesso modo purtroppo.. Un piccolo consiglio per tuo fratello? Uccidilo… ???
Scherzi a parte, grazie Sandra. ♥️