Parliamo di Incontri (storie tra le pieghe della storia), un libro di Graziano Scotto di Clemente che si merita un pollice verso. Andiamo a vedere perchè.
Incontri (storie tra le pieghe della storia).
Innanzitutto, e mi rivolgo all’autore in linea diretta: carissimo, ce lo mettiamo un pochino d’impegno a mandare i libri per le recensioni? Un formato che mi ha costretta a mettermi gli occhi in mano per leggerlo (sono miope per 8 diottrie e ho subito un intervento per un distacco alla retina… sai che gioia?) e niente che mi possa facilitare il compito di inserire il tuo libro in un contesto più ampio, per ragionarci meglio sopra. Non si fa così a collaborare con persone a cui tu, liberamente, decidi di far leggere il tuo libro perchè ne diano un parere e ti concedano visibilità.
Ma passiamo al libro, avrei perdonato tutto, francamente, se mi fossi trovata davanti a un’opera di spessore. Si sa, noi lettori siamo facilmente corruttibili, ci date una storia che ci convince e andiamo in brodo di giuggiole. E invece no, neanche questo! Intanto: cosa è questo volume? Un romanzo? Una sceneggiatura? Non si capisce. I capitoletti sono nominati come scene, scena 1, scena 2 così via, ma la narrazione salta da fingersi un brogliaccio per un regista, come se l’autore fosse il direttore di un film, a replicare (male) le regole di un romanzo in terza persona.
Incontri (storie tra le pieghe della storia), a cui, abbiamo detto, non si sa che identità affibbiare, racconta su due piani temporali diversi, mettendo in connessione i movimenti liberali e i seguaci garibaldini alle rivolte studentesche del sessantotto e poi degli anni settanta. Già così il parallelo mi provoca acidità di stomaco (non mi addentro nelle riflessioni sociologiche e storiche perchè sono qui a parlare di questo volume, non a fare sfoggio della mia sapienza). Se poi ci mettiamo che l’autore finge l’esistenza di un manoscritto di memorie garibaldine trovate a Parigi, scimmiotta un po’ Manzoni e un po’ Ultimo Tango a Parigi, e non sa gestire la tecnica dei punti di vista… embè il libro non funziona nemmeno un pochino!
Incontri (storie tra le pieghe della storia)
I piani temporali del 1859 e del 1968/70 sono confusi, non distinti, l’autore alterna i capitoli e gli scenari ma non concede nessun elemento al lettore per raccapezzarsi di dove è, in che epoca ci ha sbattuti. Di Clemente sottopone il lettore a una fatica davvero inutile, il libro è dispersivo, i personaggi appena tratteggiati, senza nessuna profondità, si interscambiano tra di loro e la narrazione non segue il filo logico di una trama ben costruita.
Mi è sembrato davvero che l’autore si beasse della prova a cui ha sottoposto l’avventato acquirente di Incontri (storie tra le pieghe della storia).
Un buon libro, però (in realtà anche un libro mediocre, senza voler andare a scomodare i maestri della grande narrativa storica) ha una storia chiara, anche complessa ma ben raccontata, ricca di dettagli, con personaggi di cui si conosce ogni cosa, con storie d’amore credibili, con relazioni sociali ben collegate e riflessioni ideologiche (e mettiamocele visto che l’autore pare non poterne fare a meno. La prossima volta meglio se scrive un saggio!) ben strutturate e argomentate, inserite nella trama in modo che creino interesse. Non certo lanciate con mezzi paragrafi e poi mollate lì come panni ad asciugare.
L’unica cosa che salvo di Incontri (storie tra le pieghe della storia), caro iCrewer, è la scrittura. Piuttosto bella e priva di refusi. Ma si sa, anche la più bella scrittura, se non sa cosa vuole raccontare, è del tutto sprecata.