Quando si nominano i tarocchi, le immagini che si creano nella mente potrebbero essere tendenzialmente due, o tre. Direi che iniziamo certamente con uno tenda da scostare, all’interno di un parco divertimenti o di una fiera di stramberie vecchio stile, dietro la quale si nasconde un tavolino, a cui sta seduta una donna ingioiellata, o dall’abbigliamento insolito – quasi gitano, oserei dire.
Oppure potrebbe essere una scena più hippie o new age, di un gruppo di amiche che tra cristalli e sali profumati dispone sul tavolo una carta dopo l’altra, chiedendo al fato o agli spiriti risposte ai dubbi della propria vita, e cercando di dipanare le nebbie sul futuro.
Sicuramente più recente è la visione della lettura dei tarocchi come un momento di meditazione personale, di lavoro su se stessi, di ricerca interiore.
Qual è, però la verità?
L’origine dei tarocchi
Le prime citazioni dei tarocchi in fonti storiche italiane sono datate intorno alla prima metà del XV secolo, nel 1440 circa, e si riferiscono a essi come a mazzi di carte da gioco. Esatto, non strumenti per l’occulto o la cartomanzia, ma carte usate per giochi simili a Briscola, in cui lo scopo è, per dirla semplicemente, prendere le carte (ovviamente la faccenda è molto più intricata, ma io a Briscola mi limito a soccombere alla strategia infallibile di mia nonna).
Tornando ai tarocchi, la loro vera origine è incerta, ma si pensa che siano stati portati nella nostra penisola da mercanti e migranti Mamelucchi egiziani, sebbene a quel punto la loro forma fosse già pressocché consolidata, tanto da attecchire su suolo italiano senza grandi modifiche. I mazzi erano composti da settantotto carte: cinquantasei divise tra i quattro semi tradizionali (bastoni, spade, coppe e denari) che comprendono anche le carte di corte (fante, cavallo, re e regina) solitamente illustrate; ventun carte dette tronfi, numerate con numeri romani e illustrate con immagini di creature mitologiche, animali o umani; e una carta chiamata Il Matto.
Con il passare del tempo, le carte che componevano un mazzo di tarocchi aumentarono o diminuirono, a seconda della zona in cui venivano impiegati, e anche le modalità di gioco subirono parecchie variazioni.
I primi tre centri in cui il gioco con tarocchi prese subito piede furono Ferrara, Bologna e Milano. Dopo essere stato portato in altre città italiane, senza riscuotere particolare successo, il gioco si diffuse prima in Francia, in Austria e in Svizzera, attraverso i soldati che furono inizialmente stanziati a Milano durante l’occupazione francese (inizio del 1500), e poi in tutta Europa.
La creazione dei primi mazzi di tarocchi era un processo complesso e costoso, visto che potevano essere miniati su pergameta uno a uno, oppure incisi su tavolette di legno. Si passò poi a matrici in legno di pero e stampini per l’applicazione del colore. Tuttavia fu soltanto con l’avvento della stampa – xilografia, calcografia, e a caratteri mobili – che fu possibile produrre grandi quantità di mazzi a prezzi più contenuti.
Da carte da gioco a strumenti di divinazione
Ora possiamo finamlmente congiungere i punti, unire i tarocchi come carte da gioco ai tarocchi in quanto strumenti di divinazione. Iniziamo dicendo che vennero usati per la cartomanzia (un metodo di divinazione in cui si utilizza un mazzo di carte) per la prima volta a Bologna nel 1600. Tuttavia, le caratteristiche occulte con tutt’ora sono loro attribuite derivano dalla visione e all’uso che ne fecero soprattutto Antoine Court de Gébelin e Etteilla alla fine del secolo successivo.
In uno dei sui scritti, Antoine Court de Gébelin individuava nei tarocchi una versione codificata dei Libri di Thot – quarantadue manoscritti che la leggenda vuole siano stati scritti dal dio Thot, contenenti previsioni di eventi planetari futuri. I sacerdoti egiziani avrebbero creato le immagini dei tronfi in modo che il sapere contenuto in questi libri mitici non andasse perduto. Etteilla, invece, si concentrò sull’approfondimento del legame tra i tarocchi e i Libri di Thot, con particolare attenzione al significato dei tronfi.
Oggigiorno, per quanto si ancora in uso la pratica di leggere i tarocchi a terzi, sotto corrispettivo di denaro, per rispondere a dubbi e domande concernenti il futuro, prende sempre più piede la tendenza ad usare le carte come uno strumento d’introspezione e d’indagine personale. Chi legge i tarocchi lo fa allora per se stesso, e il risultato dipende dalle sue credenze personali, spirituali e non.
Se sei interessato a questo argomento, e cercassi qualche spunto di lettura, ti lascio giusto un paio di titoli: Tarocchi: il manuale completo di Diego Meldi; Tarocchi: guida completa per leggere e interpretare le carte, per conoscere gli altri e per la crescita personale di Morgana Cavalieri e infine Il Tomo dei Tarocchi di Mauro Mazzarelli.