I talent, sono indispensabili? Senza troppi peli sulla lingua mi verrebbe da scrivere NO e basta!
Non voglio pensare che siano l’unico modo per sbarcare il lunario.
Vasco Rossi non è certo diventato un superbig cantando davanti ad un giudice. Anzi, la sua fortuna è stata arrivare ultimo al famoso Sanremo con una canzone che ancora oggi è un “best seller della musica”! Il talento se c’è non ha bisogno di giudici che ne decretino la presenza. Esce fuori prima o poi senza se e senza ma. Ognuno è cosciente delle sue virtù che siano canore, interpretative o quant’altro, il segreto a parer mio, sta nel perseverare. Ma qui viene il bello. “La realtà dice il contrario”!
I talent, la voglia di mettersi in gioco
Dicono che i talent sono un mezzo per trovare il proprio posto al sole. In effetti, non c’è artista, giovane o no che non sogni di andare sotto i riflettori del talent di turno. Lo dicono i milioni di ragazzi che si iscrivono senza sosta ai famigerati provini, emozionati come mai, magari spinti da un solo secondo di notorietà.
Sì anche quello. Vedersi dietro allo schermo rende felici, fa nulla se alla fine invece di quattro SI arrivano quattro sonori NO. L’importante essere al centro dell’attenzione, sia pure per il tempo di una canzone. Ognuno sale su quel palco con la speranza di realizzare un sogno ma per quanto può durare? Certo se hai un viso da schianto, ti scopri animale da palcoscenico, strimpelli bene anche il piano e riesci a sfoderare la grinta giusta oltre che le note, la torta è bella che fatta.
Mi chiedo ancora, ma cos’è che decreta un ragazzo talentuoso? Quali sono i meccanismi che trasformano o per i quali si ritiene che un giovane possa diventare il big di successo. L’esperienza? la vocalità? le capacità interpretative? o la spontaneità, la semplicità l’essere quello che si è, senza fronzoli, magari nudi e crudi ma con la consapevolezza di esprimere i propri sentimenti. Certo è che lo spavaldo che tecnicamente non ha problemi non raccoglie i consensi quanto invece chi ha vissuto un passato magari difficile. In quel caso fa nulla se la voce o la performance non è quella che ci sia spettava, si premia la volontà.
E già! Il solito dilemma di sempre. Cosa si deve preferire. Colui che s’impegna allo stremo pur non avendo molte qualità o il giovane di talento troppo consapevole delle sue virtù? La virtù dovrebbe stare nel mezzo ma è così difficile. Forse è per questo che si preferisce istituire degli pseudi tribunali artistici dove al No di un giudice si passa al Sì di un altro. Quanta confusione. Immagino anche per chi spera che quell’attimo diventi il sogno della sua vita.
Certo che in mancanza di idee chiare il coraggio non manca e già è una grande cosa. Certo è che chi riesce ad entrare nella diabolica macchina dello spettacolo l’esperienza è indimenticabile. Viene risucchiato da dinamiche adrenaliniche da far fuori il cervello. Dopo qualche mese di prove di canto trucco e parrucco l’anatroccolo di turno si trasforma in un cigno, ormai artista navigato e pronto per essere sdoganato e scaraventato nell’arena. E lì non ce n’è per nessuno. Che siano i giovanissimi alla corte di Amici della famosa Maria o quelli assoldati dai giudici di XFactor, la parola chiave è alzare l’audience!!!
Ne hanno fatto anche dei libri pur di attirare l’attenzione di ogni fascia di pubblico.
I talent, il protagonista è il talent o l’audience? Amici
Eccolo lì il protagonista assoluto. La vera star! Quella che realmente decreta il bello e il brutto di qualsiasi cosa. E non venirmi a dire che a decretarlo è il talento. Dissento. Qui il talento c’entra poco. Pur in presenza di evidenti virtuosità ad innalzare gli ascolti è ciò che accade dietro le quinte, una sorta di “grande fratello” che spia i pensieri espressi, le parole dette fuori dal coro, amplifica le macchiette improvvisate, le sceneggiate. I giudizi arbitrari hanno poco a che fare con il desiderio di forgiare il giovane artista quanto di fomentare la curiosità morbosa del pubblico. Detto questo alla fine chi rimane in gara è comunque meritevole se non altro di essere sopravvissuto a cotanta demenza.
Ho accennato al Grande Fratello? Mi dispenso dal giudizio. Non per bigottismo, me ne guardo bene. Fin quando (mi riferisco al primo tentativo di molti anni fa) l’obiettivo primario è stato capire quali fossero le dinamiche psicologiche di un gruppo chiuso in un contesto mi è andata bene, quello che è stato partorito successivamente mi ha lasciata alquanto perplessa.
La natura psicologica dell’evento è stata sopraffatta dallo smodato e morboso desiderio di svelare dinamiche che di psicologico non hanno proprio nulla. E più sono morbose più il successo è assicurato! La risposta è sempre la stessa. Tutto è immolato al sacro vincolo dell’audience. Le dinamiche relazionali (se le vogliamo chiamare così) scompaiono davanti all’obiettivo di stimolare gli istinti primordiali della gente, quasi fosse affamata o in astinenza da recondite aspirazioni che la vita reale non consente.
Insomma nonostante i dubbi e le incertezze, i talent rimangono comunque una realtà globale. Giusta o negativa che sia è un’alternativa a cui i giovani non sanno rinunciare. E allora pur nelle ovvie e naturali contraddizioni è giusto che ognuno scelga per se il modo per scoprire il suo XFactor, bene o male, sarà stata un’altra piccola esperienza da non dimenticare.