Devo dire la verità, carissimo lettore, io dagli anni ’90 non ne sono mai davvero uscito. Potrò pure risultare nostalgico, ma quel decennio ha segnato profondamente la mia vita e di gran lunga la mia gioventù. È proprio questo il punto: il fatto che i famosi bei tempi, per noi poco più che quarantenni, coincidono proprio con il decennio che ha preceduto l’arrivo di internet. Decennio che oggi rivive nel nuovo libro di Max Pezzali: Max 90. La mia storia. I miti e le emozioni di un decennio fighissimo, edito da Sperling & Kupfer e disponibile in tutte le librerie dallo scorso 30 marzo.
Gli anni ’90: a spasso tra i ricordi
Prima di parlare del libro Max 90, mi piacerebbe lasciarmi andare in quelli che sono i miei ricordi di quegli anni, alcuni dei quali già condivisi – da me e dalle mie colleghe di redazione – negli articoli che per tutto lo scorso anno ci hanno tenuto compagnia con la rubrica Accadde che…
Vista la mia passione per la musica, mi viene naturale partire da questa forma d’arte. La musica anni ’90 ancora oggi fa parte delle mie playlist e ho sempre accolto con piacere la notizia che nelle discoteche spopolano i party dedicati al quel decennio (fino a poco prima della pandemia, si intende).
Io ricordo con piacere le cassettine. Le musicassette che si registravano utilizzando quelle radio con due vani porta cassetta oppure i compatti: gli stereo a dimensione ridotta in cui c’era la possibilità di ascoltare i CD, la radio e appunto le musicassette.
Si restava pronti con il dito sul pulsante pause, dopo averlo schiacciato insieme al rec, in attesa della canzone preferita che si voleva registrare. Un po’ come succedeva con il videoregistratore quando si registravano i videoclip delle canzoni da Videomusic.
Vista la mia vena artistica, io prestavo sempre molta attenzione alla scrittura dei titoli sulle copertine e sul foglietto che andava ripiegato nel dorso della custodia. Usavo le penne colorate e cercavo di personalizzare quei foglietti il più possibile. Mi sembrava di creare un oggetto prezioso che ogni volta andava a rifornire la collezione che trattavo come un vero e proprio tesoro.
Credo che oggi, con la musica digitale fruibile facilmente, si sia perso un po’ il peso del valore di avere delle preferenze. Perché la musica si sceglieva dopo una gran scrematura, nonostante io sia stato un ragazzo che ha sempre ascoltato davvero di tutto.
La nostalgia più grande è quella per programmi come Festivalbar, che segnavano l’arrivo delle vacanze da scuola e che erano a tutti gli effetti la colonna sonora della nostra estate. In molti oggi vorrebbero il ritorno di questa kermesse canora, che vedeva il suo apice alla finale presso l’Arena di Verona, ma io penso che in questo caso fossero proprio i cantanti che vi partecipavano a fare la differenza; oggi ci troveremmo davanti alla musica delle nuove generazioni e storceremmo il naso. Almeno, noi grandi.
Perché il punto, e lo sottolineo ancora una volta, è proprio questo: per ogni generazione c’è il decennio preferito, che spesso e volentieri coincide con gli anni più belli della gioventù. È ovvio che per noi che avevamo tra i quindici e i venticinque anni ai tempi di Beverly Hills 90210, dei Take That, degli Oasis, dei Nirvana e di Jack Frusciante che era uscito dal gruppo la nostra memoria accende ricordi indelebili e malinconici ogni volta che si fa un focus su quel periodo.
Un’altra cosa che ricordo sempre con piacere sono i poster, quelli appese nelle nostre camerette, che spesso si trovavano all’interno dei giornaletti che si compravano in edicola. Anche in questo caso mi viene da pensare che ognuno di noi sceglieva una élite di personaggi di cui essere fans, senza allargare il campo a tantissime possibilità.
Nella mia camera svettano i poster di Roberto Baggio, dell’Italia arrivata terza ai mondiali casalinghi del 1990, di sua maestà Michael Jordan e di Brenda Walsh, ovvero l’attrice Shannen Doherty. Nessun altro. A dire il vero nei confronti del Divin Codino avevo creato un vero e proprio altare ricco di ritagli di giornale, figurine, foto e sciarpe.
Tornando ai giornalini che si compravano in edicola per sentirci più vicini a questo cantante o a quell’attrice, mi piace pensare che siano stati gli antenati dei social network, in particolare delle stories di Instagram. Sfogliando le pagine poteva capitare di vedere uno dei nostri attori preferiti che si raccontava per far conoscere le sue passioni e i suoi gusti, oppure una cantante che ci piaceva tantissimo seguire mentre giocava con il suo amico peloso a quattro zampe. Pensaci bene, caro iCrewer, non è forse quello che vediamo oggi quotidianamente sui social? La spinta che ci portava in edicola ogni settimana è la stessa che ci fa scorrere le bacheche virtuali, oggi.
Con la differenza che allora ci concentravamo su chi ci piaceva davvero, oggi abbiamo fame di tutto.
Max 90: il libro sugli anni ’90 di Max Pezzali
Tutto questo, e immagino molto altro, anche perché sarebbe da starci a scrivere per quattrocento pagine, lo possiamo leggere, trovare e ricordare grazie al nuovo libro di Max Pezzali: Max 90. È fuori dubbio che l’ex cantante degli 883 sia una delle voci più autorevoli che hanno cantato e raccontato quegli anni.
Il loro successo con Hanno ucciso l’uomo ragno è stato incredibile e attraverso le loro canzoni, specie nei primi album, hanno davvero catturato l’essenza del vivere dei giovani di quella generazione.
Non a caso io e i miei amici, nonostante avessimo una vena molto più rocchettara, abbiamo sempre considerato Max Pezzali un vero e proprio guru, depositario della verità della nostra esistenza. A partire dalla passione per il calcio fino ad arrivare alle difficoltà evidenti che ci caratterizzavano quando si trattava di cuccare, tra l’altro termine troppo anni ’90.
Il libro, Max 90, uscito dunque per Sperling & Kupfer, partendo proprio da quelle canzoni che hanno raccontato il decennio, porta il lettore in un viaggio che per forza di cose darà la possibilità di riconoscersi, almeno per chi quegli anni li ha vissuti davvero.
Io ho già ordinato la mia copia, alla mia libraria di fiducia, e non vedo l’ora di immergermi in questa avventura che mi aprirà un sacco di cassetti della memoria.
In attesa di leggerlo, mi congedo con la sinossi:
Erano i primi anni 90 quando gli 883 si fecero conoscere da milioni di giovani con canzoni destinate a entrare nella storia della musica italiana. In quei brani c’erano la vita di provincia, i ragazzi senza cellulare (perché era roba da manager in giacca e cravatta) che per darsi un appuntamento si incontravano al bar e la domenica ascoltavano le partite alla radio; c’erano i gruppi di amici in giro con un «deca» in tasca e la certezza che la serata si sarebbe conclusa con un nulla di fatto; c’erano il sogno americano e la nebbia di Pavia, la radio a 1.000 watt e i pomeriggi d’inverno trascorsi in sala giochi.
C’erano le immagini vivide di un decennio che Max Pezzali ha saputo consegnare come nessun altro, fino a renderle mitiche. In questo libro, Max ha selezionato oggetti (alcuni ormai spariti), espressioni, icone presenti nelle canzoni del suo repertorio e li ha disposti in fila – proprio come le tracce di un album – per raccontare gli anni 90, una generazione e il suo immaginario. In quegli anni, cosa rappresentava la maglietta nera citata in “Non me la menare”? Che cosa voleva dire scrivere lunghe lettere d’amore come si canta in “Come mai”, o «trafficare» con i VHS e le riviste a luci rosse, come fanno i protagonisti di “Cumuli”?
E molto, moltissimo altro ancora, in una carrellata di aneddoti e racconti personali capaci di dare forma a una singolare e divertente «autobiografia» per temi e di consegnarci lo spirito di un decennio indimenticabile. Sempre con i brani degli 883 e di Max a scandire le tappe di questo viaggio straordinario.
Max 90 è arricchito dalla prefazione di Lodo Guenzi e da una nota di Mauro Repetto.
P.S questo articolo potrei averlo scritto tranquillamente anche sulla mia Smemo.