Ho provato a morire e non ci sono riuscito di Alessandro Valenti edito da Blu Atlantide un libro che forse ha un che di autobiografico, considerato che il nome dell’autore è quello del nostro protagonista – potrebbe benissimo essere una coincidenza, sia ben inteso -, un romanzo che il nostro Alessandro ci pone come un racconto di quello che è stato, appunto, il suo primo, vero, tormentato, sognante grande amore: si può amare e si può, al contempo, soffrire per amore quando si è poco più che adolescenti? Esiste una qualche regola che sostiene che si debba amare – e quindi soffrire – in maniera diversa a seconda dell’età?
No. La risposta è no. Perché quando si ama davvero, si ama senza limiti, non importa che tu sia un bambino, un adolescente o un adulto: la sostanza delle cose cambia poco o nulla.
Ho provato a morire e non ci sono riuscito: che cover!
La copertina di questo libro è magnetica: saranno i colori, sarà l’immagine di questo ragazzo del quale se ne scorge solo la sagoma – peraltro di colore blu – ove una parte del volto è coperta da un’ombra nera, saranno i caratteri con i quali sono stati impressi titolo e nome autore, ma ti colpisce a colpo d’occhio. La particolarità sta nello sguardo del ragazzo dritto avanti a sé, come perso in qualcosa, e queste rotaie che attraversano una galleria che fa breccia proprio all’altezza del cuore: lo tranciano, lo stringono, lo segnano indelebilmente.
Alessandro Valenti un giovane adolescente quattordicenne è alle prese con le prime pulsazioni del proprio cuore, siamo in un’era già moderna dove l’uso dei social (quali whatsapp, instagram…) impazza, dove i selfie vano già di moda; il giovane ragazzo incontra Emma, anche lei adolescente, e da qui succede tutto quello che deve accadere: l’amore, la forzata comprensione, i viaggi diventati comoda routine, i dubbi e le incertezze, la rabbia, il volere a tutti i costi qualcosa che ti sta sfuggendo di mano – e tu, consapevolmente lo comprendi, il problema è farlo capire a lui: il cuore -.
Ho provato a morire ma non ci sono riuscito: sarà davvero così?
Il libro si compone di venti capitoli, taluni indicano la località ove si svolge in quel momento la storia, infine un epilogo. Refusi pressoché inesistenti, il linguaggio è semplice, scorrevole e ben scritto, niente di arzigogolato, vi sono parecchi dialoghi che vedono l’utilizzo del dialetto romano: ciò l’ho trovato affascinante, sarà per il semplice motivo che ho sempre trovato questo idioma piuttosto caratteristico, ma d’altro canto quale idioma non lo è?
Si riscontra anche qualche scambio di battute in gergo napoletano. La storia si disloca fra varie città italiane: Verona, Roma, Benevento, un accenno alla Calabria. Grande risalto viene però dato alla città Eterna che diventa parte integrante della vicenda.
La narrazione è rigorosamente in prima persona, raccontata direttamente dalla voce del nostro protagonista che ci prende per mano e ci porta con sé in quella che è la sua vita. Saremo a fianco a lui ad ascoltare i suoi patemi d’animo, a leggere nel suo cuore, a stare attenti alle sue continue elucubrazioni, a quella che si tramuta da passione in ossessione, voglia di non arrendersi all’evidenza dei fatti.
Dopo le primissime battute iniziali del primo capitolo – nel quale ci troviamo nel suo presente – l’autore apre una grande, enorme parentesi e ci riporta di due anni indietro con lui nella sua vita, una vera e propria digressione di secondo grado piuttosto ampia; e così inizia a raccontarci ciò che è successo, com’è accaduto e perché è accaduto; lo vedremo arrabbiato, innamorato, allo sbando e con una parvenza di strafottenza come se nulla gli importasse – a parte lei – .
«Aveva un’intelligenza scaltra e un po’ malata, Emma. E io di fronte a lei fui stupido. Ma veramente. Stupido con trasporto, con slancio […] Emma… mi hai fregato perché il sentiero per raggiungerti non lo hai segnato con le briciole ma con i crepacci.»
Arriverà quindi al cosiddetto punto di non ritorno? Giungerà ai piedi del precipizio: si getterà nel vuoto o rinsavirà?
Mi è piaciuto come l’autore ha disegnato il personaggio di Alessandro: un ragazzo che si trova a combattere con quei conflitti interiori, le sofferenze causate dall’amore, qualcosa che tutti noi abbiamo vissuto certo, solo che ognuno di noi percepisce le emozioni in maniera diversa, sensazioni che annebbieranno a tal punto la mente al nostro protagonista tanto da non fargli più cogliere quella sottile linea di demarcazione tra ciò che possiamo e quello che, invece, non ci è consentito.
Ci sono parecchi personaggi che gravitano attorno al nostro protagonista, taluni – per ovvie ragioni – avranno un ruolo più marcato – come Emma -, altri saranno delle fugaci apparizioni, ma ognuno di essi è ben incastrato nel ruolo che è stato appositamente pensato per loro.
Ho provato a morire e non ci sono riuscito credo che sia un libro che ogni adolescente dovrebbe leggere e saper cogliere quel significato profondo che va oltre la storia.
«Mi picchiavo perché la leggerezza con cui mi stava trattando era insopportabile. Perché mi ero fatto fregare. Perché volevo avere anche la faccia da cattivo ragazzo […] mi picchiavo perché anche se ti va tutto bene ci vuole un qualcosa in più. Perché senza la ‘nnamurata tua anche solo un piccione investito dal bus è troppo triste da digerire.»