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Lettura: Gli ultimi Duchi di Milano di Carlo Maria Lomartire. Recensione. Luglio 2020
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Gli ultimi Duchi di Milano di Carlo Maria Lomartire. Recensione. Luglio 2020

Francesca Del Campo 5 anni fa Commenta! 5
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Caro lettore,

Oggi ho il grande piacere di presentarti l’ultimo libro di Carlo Maria Lomartire: Gli ultimi duchi di Milano, un interessante saggio uscito in luglio 2020 per Mondadori. Il crepuscolo degli Sforza e l’inizio delle dominazioni straniere è il sottotitolo per un libro che attraversa il ‘500 del millennio scorso e che narra le ragioni dell’insofferenza e della diffidenza dei milanesi per le dominazioni straniere. Sentimenti che hanno accompagnato la città e il ducato tutto fino alla costituzione del regno d’Italia nel 1861.

Recensione de Gli ultimi Duchi di Milano

Gli ultimi duchi di MIlano

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Il periodo interessato è quanto mai complicato per le intricate vicende sul territorio italiano. La penisola è teatro di rivendicazioni da parte delle potenze europee: da una parte l’Imperatore, dall’altra parte il Re di Francia Francesco, su un terzo versante il Papato, e non parlo di un singolo pontefice giacché il potere della chiesa è passato di mano in mano ma, nel 1500, è rimasto appannaggio di uomini ben poco spirituali e molto terreni.

Milano, il ricco e redditizio centro del ducato, è preda ambita da tutte le potenze in questione e per di più non ha alleati abbastanza solidi e fedeli a cui poter domandare aiuto. Preda dei saccheggi degli avidi mercenari svizzeri che impoverisce le casse ducali, la città e i suoi cittadini ambiscono al prestigio e alla grandezza che il ducato raggiunse con il Moro, lo Sforza che rese grande Milano, e vedono nei suoi figli la possibilità di riscattarsi.

Di sicuro le vicende narrate in questo saggio, che fornisce un interessante quadro geopolitico del periodo, sono avvincenti. Si parla di personaggi dai nomi importanti, che rimbalzano tra i secoli come leggende: dal Valentino, Cesare Borgia, a Isabella d’Este fino alla famiglia de Medici. Si accenna alla tigre della Romagna, quella Caterina Sforza, signora di Forlì e Imola, la donna più importante del rinascimento italiano, che darà i natali a Giovanni dalle bande nere, padre a sua volta del primo granduca di Toscana Cosimo I.

Eppure, purtroppo, questo bel saggio, leggibile e godibile, perde di appeal quando si scava un po’. Le parentele sono appena accennate (i reggenti europei erano tutti imparentati quindi sarebbe stato davvero utile mappare le genealogie), la vita quotidiana è trattata con grande superficialità, mancano dettagli.

Perfino le fitte trame di amanti e relazioni clandestine sono appena accennate. Certo questo non vuole essere un libro di società ma di racconto storico per cui si concentra maggiormente sugli eventi che sui fenomeni di costume, ma si sa che a volte questi ultimi sono la sostanza che riempiono la forma. Se paragoniamo questo libro a un edificio avremo mura esterne solide. mura interne sottili e una totale mancanza di mobilio.

Aggiungo che in Gli ultimi duchi di Milano, pare che l’autore voglia rendere quasi commerciale un saggio. Infarcisce il racconto di dialoghi (davvero poco verosimili) tra in personaggi, con l’intento di alleggerire una narrazione che potrebbe sembrare altrimenti uno scarno elenco di cause effetti. Ebbene può essere un metodo: è però una scelta rischiosa perché, come secondo me succede in questo volume, si perde sia la leggerezza del romanzo, sia l’autorevolezza di un saggio.

È un po’ come se questo libro non sapesse bene cosa vuole fare da grande: alterna lunghi passi di spiegazioni storiche a dialoghi che non hanno nulla di spontaneo ma sono funzionali all’illustrazione degli eventi. Una tecnica che non convince.

Gli ultimi duchi di Milano rimane comunque una lettura interessante, un ottimo alleato per chi vuole approfondire la storia di Milano e capire dove la città affonda le sue radici di grandezza ancora così presenti e importanti. Un libro poco fruibile da chi di storia ne mastica così e così, dal linguaggio semplice e lineare, senza particolari ricercatezze linguistiche ma con una piacevole scorrevolezza.

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