Come anticipato nello scorso articolo di Parole dall’Oriente – la nuova rubrica che tratta le opere di autori e autrici dell’Asia orientale e del Sud-Est asiatico – iniziamo il nostro viaggio letterario con un volume che si è certamente fatto notare, quest’estate: I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa, tradotto da Gala Maria Follaco e pubblicato da Feltrinelli.
Vorrei poterti dire che alla base della scelta ci siano una particolare esperienza o un momento di epifania, ma la realtà è che smaniavo di leggere questo libro dal momento in cui l’ho comprato (giugno, tipo) e a chiamarmi sono stati il titolo e la copertina: libri e Giappone? Un quartiere di librerie? Ero in cassa prima ancora di registrare cosa stessi facendo.
Iniziamo con due parole sull’autore: Satoshi Yagisawa (il suono gi del cognome si legge come ghi). Originario di Chiba, Giappone, ha esordito nel mondo letterario proprio con questo romanzo nel 2010, vincendo anche il premio Chiyoda. Il titolo originale di I miei giorni alla libreria Morisaki è Morisaki shoten no hibi (森崎書店の日々).
E ora, dopo mesi di attesa (principalmente da parte mia, però magari il romanzo incuriosiva anche te) passiamo a parlare dell’opera!
I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa: la mia recensione
Come preannunciavo, ho atteso con ansia di avere la possibilità di leggere I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa. Un primo motivo è già racchiuso nel titolo: sono estremamente debole, quando si tratta di libri che parlano di libri e librerie. Non ho potuto fare a meno, poi, di sentire una certa sintonia con la protagonista – età simile, carattere simile – che me l’hanno fatta sentire affine prima ancora d’iniziare a leggere. E, be’, fidati di me quando dico che il libro è di una scorrevolezza tale che mi sono dovuta impegnare per farlo durare due giorni, e non finirlo dopo qualche ora (mi stava piacendo troppo, per concludere la magia così in fretta).
Takako ha venticinque anni, e una vita che è andata a rotoli: non ha più un lavoro, non ha chissà che affetti, vive a Tōkyō, lontana dalla famiglia, e ultimamente non ha nemmeno più voglia di rimanere sveglia. Passa le giornate dormendo, uscendo di casa il meno possibile, lasciando che la vita le scivoli addosso.
Fino a quando non riceve una telefonata di suo zio Satoru – che non sente da quasi dieci anni, e di cui quasi non ha riconosciuto la voce – che la invita molto alacremente a trasferirsi nel piccolo appartamento sopra la libreria di famiglia. Lei non deve pagare l’affitto, e lui guadagna un aiuto per le mattinate in negozio. Conveniente, no? Peccato che a Takako i libri non facciano né caldo né freddo, e che la ragazza non abbia praticamente mai messo piede nella libreria aperta dal bisnonno.
Il primo periodo a Jinbōchō, il quartiere delle librerie di Tōkyō (che prima o poi visiterò), non è esattamente dei più entusiasmanti, per Takako. Fino a quando non permette allo zio di fare breccia attraverso le barriere con cui la giovane sta proteggendo il suo cuore. Fino a quando non permette ai libri di mostrarle la via.
Ed è questo che mi è piaciuto della protagonista: il suo cambiamento, la sua guarigione sono molto graduali, naturali. Non è che arriva il primo giorno e dopo due è una lettrice accanita, anche se l’ultima sua lettura risaliva ai tempi delle scuole. Takako oppone resistenza, non vuole cambiare, è convinta che non ci sia nulla di sbagliato nel modo in cui decide di passare il tempo. Per questo, quando apre davvero gli occhi per la prima volta in mesi, il paesaggio su cui si posa il suo sguardo è così bello e inaspettato.
I miei giorni alla libreria Morisaki è un libro semplice, che parla di vita quotidiana con i ritmi della vita quotidiana. Niente misticismo orientale, niente via suprema per la tranquillità, la saggezza o quello che è. È la storia di una ragazza che vuole e deve rimettersi in piedi, e di un uomo che per molto tempo non è stato capito e aveva davvero bisogno di un’altra anima a cui confidare i tormenti del proprio cuore.
Lo stile di Satoshi Yagisawa è molto scorrevole, scarno di arzigogoli stilistici, ma allo stesso tempo pieno zeppo di bellissime immagini (credo di aver sottolineato mezzo libro, praticamente). La narrazione non è estremamente prolissa – parliamo di 160 pagine – ma accade tutto quello che deve accadere. Ci sono confronti, confessioni, nuovi incontri e ritorni di fiamma. Malinconia, tristezza, serenità e speranza. C’è la vita, con il suo scorrere inarrestabile. C’è il sole che entra dalla vetrina, illuminando i volumi della libreria Morisaki.
Consiglierei I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa a chi ama letture snelle; a chi non si trova nel momento adatto per affrontare tomi giganteschi; a chi vuole pian piano passare da forme narrative più brevi al romanzo. Ma soprattutto, a chi vuole un assaggio di Giappone più autentico – niente santuari, o creature mitologiche o samurai qui.
Lo sconsiglierei, invece, a chi cerca una storia in cui compaiono dei gatti. Perchè, anche se sulla magnifica, strepitosa, bellissima cover ne appaiono due, e ogni capitolo inizia con l’immagine di un gattino in piedi sopra un libro, nel racconto non c’è neanche mezzo felino – è tutto marketing: se al fascino del Giappone si aggiunge un gatto, probabilmente il libro andrà bene.
La prossima lettura
Così come ho fatto per I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa, ho deciso di anticiparti già il titolo della prossima opera che recensirò per Parole dall’Oriente. Si tratta di La leggenda del cacciatore di aquile di Jin Yong, pubblicata da Mondadori.
Chissà, magari potremmo far diventare questo appuntamento mensile quasi come un club del libro! Ti aspetto il 15 novembre, per continuare il nostro viaggio.