Oggi su F(t)E(a)M parliamo della figura straordinaria di Lucia Bosè grazie all’ultimo libro della giornalista Laura Avalle intitolato Lucia Bosè. L’ultimo Ciak edito da Morellini Editore. Questo libro è un romanzo dedicato alla diva, purtroppo scomparsa nel 2020 e pubblicato nella collana Femminile Singolare, diretta dalla grande scrittrice Sara Rattaro.
Di cosa parla Lucia Bosè. L’ultimo Ciak?
Laura Avalle racconta la vita straordinaria di una donna, divenuta star indiscussa di Cinecittà, musa di Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, che è sempre stata in anticipo sui tempi. Un esempio per le donne di tutte le età, alle diverse latitudini, soprattutto in un momento storico come questo, dove ancora in troppi Paesi la figura femminile è oggetto di discriminazione e disprezzo.
La vita di Lucia Bosè è fonte di riflessione anche nel nostro “civilissimo Occidente”, dove fino a meno di cento anni fa le donne dovevano lottare per difendere il proprio valore e i propri diritti.
Classe 1931, la Bosè è una ragazza del popolo, destinata alla fortuna e a grandi successi personali e professionali. Miss Italia nel 1947, legata ad amicizie importanti come Franco Zeffirelli, Mauro Bolognini e tutto il gotha del cinema italiano, fu amante di Edoardo Visconti e Walter Chiari, regina dei rotocalchi e dei set cinematografici. Di lei hanno scritto tutti i più grandi, da Alberto Moravia a Oriana Fallaci.
Una carriera esaltante e unica ma, proprio al culmine della notorietà e della fama, Lucia si ritira dalle scene per amore di Dominguín, il più grande Torero di tutti i tempi. Il loro amore è passionale e travolgente: Lucia lo seguirà a Madrid, in quella Spagna cattolica e franchista dove vivrà anche dopo lo “scandaloso” divorzio (era il 1968), evento che segnerà il suo ritorno al cinema con i più grandi registi – Fellini, Taviani e Özpetek, segno che quel mondo non l’ha mai dimenticata.
Nata in epoca fascista, quando le donne non avevano ancora il diritto al voto, Lucia Bosè si è sempre battuta in prima persona per l’uguaglianza di genere, sostenendo i principi di libertà e di parità dei sessi di fronte alla legge, ottenuti pacificamente dalle donne con la rivoluzione del Sessantotto.
E proprio in nome dell’indipendenza di cui è stata paladina, è arrivata a sfidare persino il regime della Spagna franchista: in quegli anni i diritti delle donne erano severamente limitati, alle mogli venivano proibite quasi tutte le attività economiche, il diritto di proprietà privata o addirittura viaggiare da sola.
A queste restrizioni Lucia non si è mai piegata: guidava la macchina, era un’intellettuale, economicamente autonoma, aveva scelto di comune accordo con Dominguín di non sposarsi in chiesa (e per questo considerata dalla società dell’epoca una sorta di concubina). Ad un certo punto, stanca dei tradimenti del marito, chiede il divorzio, affrontando a testa alta la gogna mediatica di una società che iniziò a dipingerla come una poco di buono e a chiuderle “tutte le porte e anche tutte le finestre”.
Nessuna donna, prima di lei, aveva osato ribellarsi al regime. Non si piegò, Lucia, e tenne testa al torero e al suo avvocato – che volevano privarla persino dei figli, ottenendo alla fine la loro custodia, ma non il mantenimento. Soltanto grazie al suo lavoro di attrice poté prendere quella decisione, un privilegio negato a molte donne, costrette a dipendere in tutto e per tutto dai loro mariti.
Il suo coraggio, l’amore smisurato per la vita, la determinazione a farsi valere ed a combattere affinché tutte le donne vedessero riconosciuti i loro diritti, rendono Lucia Bosè una figura femminile esemplare e affascinante.
Figura che Laura Avalle tratteggia con rigore e passione, raccogliendo il ricordo del regista del suo ultimo film, che parla di una donna dei nostri tempi, forte, indipendente, libera e anticonformista, amante del blu e degli angeli. Una grande attrice, icona della bellezza italica, che non ha mai smesso di lottare, continuando a sperare in una società migliore.