Conosci le fiabe dei fratelli Grimm? Di solito, iCrewer, è la prima raccolta che ci viene in mente quando pensiamo a fiabe e favole per bambini. Tuttavia, Le fiabe del focolare sono davvero racconti per bambini? Lo sono sempre stati? E soprattutto, hanno avuto un grande successo dalla loro prima edizione, o ci è voluto del tempo?
Ti va di scoprirlo con me?
I fratelli Grimm e le fiabe popolari
Prima di tutto, è necessario chiarire subito una cosa: i fratelli Grimm non sono gli autori delle fiabe contenute nel volume, ma solo coloro che le hanno trascritte. Tutti i racconti erano conosciuti già da secoli e venivano raccontati dagli anziani, dai nonni, ai giovani della comunità, magari di sera, davanti allo scoppiettare del fuoco.
Inoltre, Jacob e Wilhelm Grimm (i fratelli Grimm, appunto), non furono certo gli unici a pubblicare un’opera simile. Devi sapere, infatti, che all’inizio del XIX la riscoperta delle antiche origini era diventato un’argomento quasi di moda, visto lo spicco che ricopriva all’interno del movimento del Romanticismo.
Quindi, quando nel 1812 venne pubblicato il primo volume di Le fiabe del focolare, non si trattò certo di una novità, anzi. Visto l’aumentare sia del grado di alfabetizzazione, sia della letteratura pedagogica, il mercato si era lanciato a capofitto in questo ambito.
I Grimm, però, erano animati anche da un animo da studioso: la prima versione della loro opera, diversamente a come accadde per le – molto numerose – successive, non era rivolta a piccoli lettori, ma ad accademici, colleghi dei fratelli. I due furono gli inventori della filologia germanica: non si accontentarono della versione più recente delle fiabe, ma scavarono a fondo, confrontando varie versioni in vari dialetti teutonici.
Così, a partire dal 1806, girarono per le campagne, taccuino alla mano, pronti a trascrivere tutto ciò che arzille vecchiette erano disposte a narrare loro. A spiccare su tutte le altre fonti fu Dorothea Viehmann, custode di ben trentasette fiabe.
Sai cosa scoprirono, durante i loro studi? Molti racconti, che si credevano squisitamente germanici, vantavano invece versioni anche in altre culture: un’equivalente delle fiabe Rosaspina, Dognipelo, Cenerentola e Cappuccetto Rosso si può trovare in versione francese – ne I racconti di Nonna Papera, di Charles Perrault; mentre Biancaneve è presente nella tradizione letteraria italiana – all’interno del Pentamerone, di Giambattista Basile.
La prima edizione di Le fiabe del focolare fu edita in due tomi: l’inchiostro del primo si asciugò nel 1812, mentre il secondo fu pronto nel 1815. In tutto, i due volumi contenevano circa un centinaio di fiabe. Purtroppo, però, i colleghi non valutarono molto bene il lavoro dei fratelli Grimm: troppo accademico e complesso per dei bambini (il titolo tedesco è Kinder- und Hausmärchen, dove Kinder significa “bambini”) e lo stile era troppo diretto. Furono persino accusati di aver copiato alcuni racconti da altre raccolte coeve.
Com’è possibile, allora, che oggi sembriamo aver dimenticato tutti gli altri trascrittori, in favore dei fratelli Grimm?
Le fiabe del focolare: una storia lunga fino al 1857
Un passo avanti, in termini di notorietà della raccolta, si ebbe già con la terza edizione, del 1822: i fratelli Grimm, infatti, decisero di separare le fiabe dai commenti filologici, relegando questi ultimi in un volume a parte. In questo modo, gli accademici avrebbero comunque potuto consultare le note, e per i bambini la lettura sarebbe stata molto più scorrevole. Wilhelm attuò, inoltre, una selezione del contenuto: ammise solamente le fiabe più conosciute.
A ciò si aggiunse l’aiuto di un altro fratello, Ludwig Emil, il quale creò litografie in rame delle fiabe Cenerentola, Biancaneve, La guardiana d’oche, La figlia della Madonna, Hänsel e Grethel e Cappuccetto Rosso. Inutile dire che il pubblico le adorò.
Non siamo ancora giunti, però, alla versione a noi familiare, frutto di anni di lavoro e di modifiche. Wilhelm, che a partire dalla terza edizione curò da solo le fiabe – Jacob era impegnato a esplorare altri ambiti accademici – decise di cambiare veste ai testi. E così, penna alla mano, ne modificò lo stile: da scarno, quasi frettoloso, tipicamente parlato, divenne quello descrittivo e pieno di orpelli che oggi associamo a Le fiabe del focolare (ho controllato: ciò che nella seconda versione si compiva in una frase, nella terza poteva occupare un’intera pagina).
Anche il contenuto non si salvò dai cambiamenti di Grimm: siccome voleva che i racconti trasmettessero i comportamenti e le qualità ritenuti più appropriati dalla società borghese, Wilhelm cambiò il copione a molti dei suoi personaggi.
Sparirono tutte le allusioni sessuali; l’antagonista per eccellenza divenne la matrigna (spoiler: a consultare lo Specchio, nella prima versione era la mamma di Biancaneve, non la sua matrigna); certe attitudini e qualitàvennero sempre premiate e altre sempre condannate.
Insomma, quella che conosciamo noi è la versione coperta di riccioli di panna e zuccherini colorati delle fiabe, non certo quella che nonne incurvate dagli anni raccontavano durante i freddi inverni della Foresta Nera!