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Lettura: Ferie al paese. Gli eterni ritorni. (Poesia e vita, vita è poesia)
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Ferie al paese. Gli eterni ritorni. (Poesia e vita, vita è poesia)

Pina Sutera 5 anni fa Commenta! 9
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Ferie al paese è una poesia di Filippo Giordano, inserita nella silloge Se dura l’inverno del 1980 e ripubblicata in Nebrodiversi, raccolta del 2017 che comprende tutta la sua produzione poetica dal 1973 al 2017. Ho avuto modo di presentarti Filippo Giordano… E quindi non aggiungo altro. Caso mai non ti ricordassi, ti rimando ad un mio articolo di Poesia e vita, vita è poesia, interamente dedicato a lui.  Diciamo pure che lo conosco molto bene? Intanto gustati la poesia e poi capirai il perchè della mia scelta di oggi…

Contenuti
Ferie al paese, il rito e il ritornoUn paese, il sonno, la veglia

Ferie al paese

Agosto. Sono tornati

uomini fatti di saluti agli amici,

dispersi nell’anno, a Torino

o chissà e ora ritrovati,

magari solo per un’ora

perchè delle ferie non hanno

lo stesso altare di giorni.

E su queste pietre, ridiventati

lucertole al sole, meditano

che qui il riposo non ha incubi

di solitudini abbarbicate ai grattacieli.

ferie al paese gli eterni ritorni

Parto da qui, da questa poesia, in questo post-ferragosto quando la parabola dell’estate comincia a discendere e le ferie estive si sono già quasi consumate con i loro cliché fatti di ritorni al paese d’origine. Già il paese. Le ferie al paese: il nostro piccolo microcosmo, nel contesto del macro è solo un puntino straluccicante di addobbi, lungo il corso. Eppure, sembra il centro del mondo per chi ritorna, per chi ha qui la patria del cuore.

Le radici non si dimenticano. Nell’anonimato di una grande città, si può forse avere il benessere economico, i servizi e tutto quello che la pubblicità e i consumi impongono, non si ha però la sensazione di essere “a casa”. Girare per le strade e riconoscere un pezzetto di ricordo, lasciato lì per caso, un profumo nell’aria, un sapore, un volto amico che anche se con qualche ruga in più sorride, ripaga un anno di assenza.

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Gli agrumi trapiantati sulle Alpi del poeta, hanno bisogno del concime e del sole degli affetti rimasti qui, per fruttificare:

Voi che ogni volta mi sembrate non avere cuore di ripartire, ma solo testa, cosa siete voi, agrumi, forse, trapiantati sulle Alpi? da: Rami di scirocco, F.Giordano

Ferie al paese, il rito e il ritorno

Così per la serie tutto il mondo è paese, in questi ultimi scampoli di Agosto regalo a te che hai la bontà e la pazienza di leggermi, questi pensieri sparsi a sud dell’esistenza ma stabilizzati al nord di quell’inimitabile triangolo che gli antichi appellarono Trinacria e i moderni chiamano Sicilia. Dai Nebrodi, da Mistretta già Mitistratum, già Amastra in tempi migliori che vive il suo Agosto di ferie, al resto d’Italia fatto di paesi che vivono come lei, gli eterni ritorni dei loro figli emigrati altrove.
E si ritrovano facce vecchie e nuove, si incontrano mani che si stringono (covid o non covid) in saluti e si incrociano sorrisi e occhi, con la gioia di rivedersi ancora per un altro Agosto e la mestizia per volti e sorrisi assenti, salpati per altri ed eterni lidi. Facce distese e vacanziere, solcate da qualche segno aggiunto dal tempo che passa, girano per i vicoli ombrosi, le vanedde serpeggianti (invase dall’erba, ma questo è un secondario e, si spera, “momentaneo” altro scenario) e lungo la via salottiera che si snoda e si intreccia ad altre, nel ventre antico di questa deposta regina dei Nebrodi. Scorre uguale dappertutto la vita dei piccoli centri. I ritorni e i paesi si assomigliano ovunque.
Facce aperte al sorriso, animi disposti all’incontro, alla convivialità, al ritrovarsi nel ricordo di giorni andati ma con i pensieri proiettati al futuro, altrove. Si ritorna per immergersi nel gusto e nel profumo delle proprie radici, quel magma primordiale che ha forgiato caratteri e plasmato personalità, evoluti in altri lidi. Qualche giorno, la festa del Santo Patrono, immancabile nei paesi: attorno a lei ruotano le ferie e i festeggiamenti. Gli “schiticchi” (scamapgnate) con parenti e amici, conditi da mangiate e bevute pantagrueliche, tutto nella regola consolidata dei ritorni estivi… Poi il rientro ad abitudini lasciate in attesa, in diverse dimensioni.
Le ferie al paese con gli eterni ritorni vedono il corso che come un salotto, ospita e mescola le vite: dai bambini agli anziani, in sosta sulle panchine con discorsi antichi sulle labbra, nella mente e nel cuore. Ad ascoltarli chi ritorna si ritrova. Ritrova intatti ricordi e abitudini accantonati ma mai dimenticati. Ritrova le proprie origini. Si ritorna anche per questo, per ritrovarsi. E poi gli amici, quelli rimasti, quelli che hanno scelto di vivere al paese. Si ritrovano e il tempo sembra non essere mai passato: al tavolo di un bar nel corso-salotto, ci si racconta della propria vita, della famiglia, dei progetti e delle speranze.

Lieti visi annegano in abbracci distanze, forzate o volute. Calda notte di gaiezza festosa di suoni e rumori, risate e parole. Mentre di solitudine c’è chi riempie una panchina.

ferie alk paese. gli eterni ritorni

Un paese, il sonno, la veglia

Un paese, un qualsiasi paese, si anima, risveglia e rivive durante le ferie, inebriandosi della gioia dei ritorni. Io (e forse anche tu che leggi) che vivo per scelta e per necessità in uno strano paese addormentato, osservo arrivi e partenze compiersi come rituali di ogni estate e penso che questa eterna alternanza, mentre la vita dipana i suoi giorni e li avvolge in un gomitolo di gioie e dolori, assomiglia quasi ad uno stato di coma semi-vigile che intervalla eternamente il sonno e la veglia.

Il mio paese dorme sui Nebrodi, in montagna, con la canicola estiva che lo scalfisce appena (dove dorme il tuo?) e il suo sonno è pesante e duraturo. Ogni tanto apre un occhio, guarda intorno, forse si alza per fare pipì… E poi ritorna a sonnecchiare se non a dormire profondamente. Strano paese! Si sveglia solo in qualche periodo della stagione estiva, ma le ossa stanche faticano a mettersi in piedi e ad ogni anno che passa gli acciacchi producono l’effetto dimagrimento tipico di chi è prossimo alla dipartita.

Si sveglia al suono della banda che annuncia la festa del Santo Patrono, (centurione nell’antica Roma, trafitto e accoppato per motivi di credo religioso) che suona distesa il Flic-floc dei bersaglieri che niente a che vedere nè col Santo nè tanto meno con la Fede, ma tant’è! Potere taumaturgico di un Santo e di una marcia dei bersaglieri…!

Il sonno scompare e lo strano paese si rianima, si ringalluzzisce per 2 settimane, si veste a festa e si stampa in faccia il sorriso migliore… Poi, poi ritorna a dormire. Troppa fatica stare svegli 2 settimane. Lo strano paese si ridistende sul suo letto di monti, chiude gli occhi e riposa.

Mentre chi ci vive, resta schiacciato dal suo peso inerte, ma non si muove: aspetta un altro risveglio e altri ritorni.

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