Ho letto la raccolta di Federico Romagnoli, In nome del mio demone privato poi come di solito quando si tratta di lettura poetica, ho lasciato a decantare le sensazioni che la lettura mi ha lasciato per un paio di giorni. Al terzo l’ho ripreso e riletto, un pomeriggio è bastato per le sue ottantasette pagine… Ciò che non sono bastate invece, sono state le due letture. Ce n’è voluta una terza, prima di potermi approcciare alla recensione che stai leggendo.
Non ti nego, caro lettore, che questa è una di quelle volte in cui non sono ben sicura di interpretare ciò che vuole dire un autore con i suoi scritti. Una cosa è certa e penso lo sia universalmente: un libro, prosa o poesia che sia, quando esce dalla penna di chi lo scrive ed è dato alle stampe, non appartiene più a chi lo scrive ma è diventa “proprietà” di chi lo legge.
Il lettore può apprezzare o non apprezzare, capire o interpretare il pensiero dello scrivente, ritrovandosi nelle sue parole oppure no, una cosa è certa: quel libro diventa condiviso, lo scrivente ne perde in parte il possesso in favore del lettore.
Con questa profonda convinzione mi avvicino ad una interpretazione personalissima di In nome del mio demone privato di Federico Romagnoli che, sinceramente, non so quanto si potrà trovare concorde, ma… Sai che c’è, caro lettore? C’è che una recensione non si stila per compiacere l’autore, a prescindere. Si stila per esprimere in termini di emozioni, ciò che un qualsiasi libro lascia dopo la lettura.
È con questo spirito che mi accingo a recensire In nome del mio demone privato di Federico Romagnoli, edito da Oèdipus, nel Gennaio del 2018.
Sono state necessarie tre letture come dicevo, non perché il libro è scritto in aramaico antico, anzi. Non è frequente incontrare la grande proprietà di linguaggio che ho incontrato fra le pagine di In nome del mio demone privato di Federico Romagnoli. La questione piuttosto risiede nelle tematiche della raccolta, ma a questo arrivo in seguito.
Federico Romagnoli, qualche dettaglio tecnico
In prima istanza, preferisco raccontarti la raccolta da un punto di vista “tecnico”, cosa non secondaria né in una raccolta di poesie, né in un romanzo o in un saggio perché è proprio tutto l’insieme che rende un libro godibile o meno, pregnante e ricco di significati oppure vuoto e insulso.
In nome del mio demone privato è un libretto di 87 pagine diviso in tre sezioni anticipate da tre racconti, propedeutici del contenuto poetico delle sezioni. Le sezioni hanno, in ordine, come sottotitolo Il cerusico, Demonologia di un sonetto, Il Nome. Fra le pagine, sparsi qua e là, sono presenti anche dei particolari disegni, presumo siano dello stesso Federico Romagnoli, che danno un altro tocco personalissimo a tutto il libro.
L’insieme, copertina compresa, è sicuramente inusuale ma piacevole alla vista. Aggiungo inoltre che la scelta di collocare una poesia per pagina, anche quando si tratta di componimenti brevi, è una scelta felice in quanto rende il tutto molto elegante e di “respiro”.
Ogni singolo componimento ha bisogno di spazio e di respiro in poesia. Chi legge non deve essere distratto da altre poesie presenti nello stesso spazio. La poesia ha bisogno di essere letta, masticata ed interiorizzata, ha bisogno di un foglio libero che consenta la concentrazione, soprattutto quando non è di facile comprensione.
In nome del mio demone privato: una raccolta ostica
I versi di Federico Romagnoli non sono di facile comprensione questo è un dato di fatto, oso dire, oggettivo. Come sono oggettive le piacevoli assonanze e rime che rendono i versi estremamente musicali. La musicalità è data dall’uso quasi frequente di versi di uguali sillabe: settine, novine, endecasillabi che siano, anche in ordine sparso, rendono la lettura scorrevole e come dicevo sopra, musicale.
Che Federico Romagnoli conosca le regole classiche di base dello scrivere in versi, non ci sono dubbi: le conosce e ne fa un buono ed appropriato uso. Senza per questo apparire né retorico né impostato. La sua poesia è infatti tutt’altro che retorica ed impostata, i temi anzi sono quanto di più avanguardistico si possa pensare! Raramente mi è capitato di leggere poesie a tema dentario… Non ti chiedere se ho sbagliato a scrivere né se hai letto male: è proprio “dentario”.
ciò che ci unisce/ lasciandoci sempre più schiavi/ sfiniti/ caro dentista/ odontotecnico per sillabismo/ che mi leggi coi denti/ tra rapidi squarci di luce/ epifania d’onestà intellettuale/ è quella stessa verità/ la sensibilità/ d’un dente. (Sensibilità)
La prima sezione di In nome del mio demone privato, Il cerusico, è infatti incentrata sui denti. I brani contenuti in questa sezione hanno la particolarità di avere un titolo che riguarda i denti e le loro caratteristiche. Inoltre, Federico Romagnoli non sempre usa la punteggiatura e rifugge dalle regole nell’applicazione del maiuscolo facendone un suo uso personale.
A parte questi piccoli dettagli tecnici che probabilmente sono un vezzo, Federico Romagnoli utilizza l’orifizio orale come originale metafora per raccontare e raccontarsi. Il brano che hai letto sopra ne è un esempio: il poeta si rivolge direttamente al lettore-dentista-odontotecnico, dichiarando che ciò che ci unisce, lettore e poeta, è la sensibilità che permette in rapidi squarci di luce, ossia di comprensione, l’epifania, il manifestarsi, della stessa verità, ossia l’univocità tra il pensiero del poeta e quello del lettore.
Ad una prima lettura In nome del mio demone privato appare surreale, onirico ma puntando lo sguardo oltre e fra le righe si scopre in primo piano la figura dell’uomo-poeta, i suoi pensieri, il suo sentire più profondo, le grandi contraddizioni, i dolori, le fragilità, i tormenti, le paure: tutti quei demoni privati e non privati di cui nessuno, in varia misura, è esente.
I sonetti personali di Federico Romagnoli…
La seconda sezione, Demonologia d’un sonetto, è anch’essa anticipata da un racconto. I componimenti che Federico Romagnoli definisce sonetti, in realtà al sonetto assomigliano soltanto in quanto hanno, sì, i canonici quattordici versi ma mancano di altre peculiari caratteristiche, come per esempio i versi, di solito endecasillabi, distribuiti in quartine e terzine ecc., specifiche del sonetto classico.
Non sto qui a masturbarti il cervello, caro lettore, con dettagli tecnici che hanno importanza, a mio avviso, relativa. Diciamo che l’autore in questa sezione si è ispirato al sonetto adeguandosi alle sue esigenze di scrittura? E diciamolo!
… e il suo demone
È un poeta che si scruta Federico Romagnoli guardando in faccia il suo demone. Si scruta e si racconta impietosamente, ora con ironia, ora con rabbia, ora con la consapevolezza di un’esistenza e di un sentire non comuni. Un confronto e un rapporto con il mondo circostante che non lo vede omologato, tutt’altro. I demoni, si sa, qualche effetto devono pur sortirlo.
se questa pelle urlasse/ e nella pelle/ in questa pelle/ s’abbatta visione di me/ queste mie vene/ di carne/ oggi e nel tempo di ieri hanno fame/ […] (da La pelle)
La terza sezione di In nome del mio demone privato, anticipata dal racconto Il mio primo nome, ha come titolo Il nome e si può definire un poemetto in quanto è un brano lungo sessantatre versi. Il demone privato di Federico Romagnoli risiede, a mio avviso, proprio in questa ultima parte.
il mio demone non aveva un nome/ e sostanzialmente mi tormentava/ prossimo era e prossimo stava/ appollaiato sulla mia ombra/ […]
Esordisce così l’autore che sembra in un primo momento subire, essere vittima del suo demone. Nello svolgersi dei versi però si assiste quasi ad una trasformazione: da maledizione il demone muta e si sublima in quella che è l’essenza stessa del poeta:
Io mi autoregalo poeta/ autografo ululati e latrati/ a beckett, kafka e shakespeare consacrati/ mi merito l’enigma dell’esteta./ […]
Sono strani questi poeti! Strano e particolare è Federico Romagnoli che per dichiarare amore e appartenenza alla poesia inventa parole, versi e demoni esprimendo in modo originale un mondo interiore denso di bellezza e sensibilità.
P.S. Sinceramente non so, il dubbio mi è rimasto anche dopo la terza lettura della raccolta, quanto ho centrato il pensiero del poeta ma come ho detto all’inizio, un libro quando è dato alle stampe diventa “proprietà” di chi lo legge.