Raccontare la storia di Eugenio Scalfari, scomparso il 14 luglio a 98 anni, significa ripercorrere la storia del giornalismo italiano, alla ricerca di quella parola che diventa azione oltre che espressione di una mente illuminata, che ha avuto un profondo impatto sul destino economico e politico del nostro Paese.
Fondatore di “La Repubblica” e dell'”Espresso”, Scalfari ha curato fino alla fine il suo rapporto con il lettore. E anche se il tempo ha cominciato la sua partita a scacchi con questa fervida mente, con il tentativo di gettare tutto nell’oblìo, le numerose testimonianze, il ricordo dei suoi editoriali, i libri da lui pubblicati, contribuiscono a montare pezzo per pezzo, il puzzle di questo intellettuale che ha mostrato e mostrerà ai posteri un modo di fare giornalismo nel nome del progresso umano, etico, politico, sociale e civile.
Benchè laico, non ha mai rinunciato alle sue conversazioni con Papa Francesco. Ne troviamo infatti testimonianza in Dialogo tra credenti e non credenti edito da Einaudi. Per la prima volta un Papa scrive a un giornale e nasce così un’interessante dialogo tra fede e lacità.
Scalfari se ne è andato in piena crisi di governo portando con se i brandelli di un mondo che sta scomparendo e delirando. Di fronte ad una grande perdita e alla consapevolezza dell’attuale morte civile e morale dell’umanità, ai posteri non resta che raccogliere gli aspetti positivi per ricostruire un mondo culturale nuovo, nel quale la circolazione delle idee non sia pura posa e compiacimento, ma vita vera, rivoluzione, crescita.
Così lo ricorda Walter Veltroni:
“Era un democratico convinto, amante della libertà e delle libertà. Ha fatto della sua cultura di riferimento, una cultura di massa. Amava Berlinguer, stimava De Mita a cambiare la Dc. Non è mai stato comunista né democristiano. E’ stato socialista. Ma lui ha sempre avuto una idea guida, l’idea di un economia liberale. Ha creato dei giornali comunità, non partito. Repubblica è stata un’identità. Ha inventato due giornali nuovi per forma e contenuti. Un grande italiano, quella generazione che ha liberato il paese dalle macerie e l’ha fatto correre finché ha potuto. Se n’è andato in un Paese smarrito e slabbrato. Le ultime volte che l’ho sentito si sentiva ormai pure lui straniero in patria, era amareggiato”.
Eugenio Scalfari una guida e un seduttore intellettuale
Nasce il 6 aprile del 1924 a Civitavecchia, città di mare che segna il destino di Eugenio, quello di essere “comandante di una barca”, “condottiero”, “patriarca”.
Fu proprio al Liceo classico che si formò la sua grande cultura e la sua personalità. Dapprima frequentò il Mamiani a Roma, poi si trasferì con i genitori a Sanremo, dove suo padre ricevette l’incarico di dirigere un casinò e frequentò il liceo Cassini. Qui conobbe Italo Calvino che fu suo compagno di banco e suo amico intimo.
Quest’amicizia nacque all’insegna di Atena “dagli occhi fulgenti” e di Odisseo “l’eroe della conoscenza”. Il mare e le feste in casa accompagnate dai primi dischi di musica Jazz di Armstrong costituirono l’humus culturale di questi adolescenti che si preparavano per cambiare la storia e la letteratura.
Suo padre aveva aderito al Fascismo e partecipato all’impresa dannunziana di Fiume. Scalfari come molti giovani di quell’epoca che andavano alla ricerca di un’identità, aderì alla Gioventù fascista. Era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza e frequentava il GUF (gioventù universitaria fascista) e collaborava con molti giornali fascisti. Già da giovane manifestava dunque la sua vocazione per il giornalismo.
Nel 43 venne espulso dal GUF e venne privato della divisa perché in un articolo accusò dei gerarchi fascisti di aver fatto delle speculazioni edilizie nel quartiere dell’Eur.
Milano, il lavoro in Banca, “Il Mondo”
Negli anni 50 Scalfari andò a Milano poiché fu assunto dalla Bnl. Ma con passione e innocenza si presentò da Mario Pannunzio il Direttore del Settimanale “Il Mondo”.
Fu un incontro informale dal quale nacque una significativa ed intensa collaborazione. Cominciò a scrivere di Economia, materia nella quale Scalfari era molto preparato, con la guida di Ernesto Rossi.
Ben presto nella redazione de “Il Mondo” si delinearono delle differenze di vedute. Scalfari ed Ernesto Rossi definirono il liberalsocialismo. Si trattava di un liberalismo che andava a sinistra e si univa ad un socialismo di tipo riformista lontano dal Comunismo sovietico.
Eugenio Scalfari: L’Europeo, L’Espresso, La Repubblica
Con Arrigo Benedetti cominciò la sua collaborazione con “L’Europeo”, un settimanale con una tiratura molto più vasta e più popolare rispetto a “Il Mondo”. Benedetti affidò a Scalfari una rubrica, poiché quest’ultimo sapeva scrivere di Economia in maniera comprensibile anche per i non addetti ai lavori.
I due avevano un grande progetto, quello di trasportare il linguaggio e la grafica del settimanale in un giornale quotidiano con lo scopo di fare un’informazione in grado di garantire l’interesse collettivo del Paese. I due giornalisti avevano individuato Adriano Olivetti come un possibile finanziatore. Ma Olivetti riusciva solo a finanziare un altro settimanale, così il 2 ottobre 1955 nasce “L’Espresso” di cui Scalfari ricoprì la carica di Direttore Amministrativo e scriveva articoli di economia. La linea politica di stampo liberale era molto simile a quella de “Il Mondo”, ma era molto più popolare e registrò una tiratura di 70.000 copie.
Scalfari voleva raggiungere con “L’Espresso”, numerosi strati di popolazione e nel nome dell’interesse pubblico denunciare la corruzione. Nel 1967 fece conoscere la corruzione del SIFAR e il tentativo di colpo di Stato chiamato Piano Solo. Nel 1971 sottoscrisse la lettera aperta all’Espresso contro il commissario Luigi Calabresi, ma nel 2017 se ne pentì.
All’Espresso si unì anche Carlo Caracciolo, cognato di Gianni Agnelli, che aveva avuto gran parte delle azioni del settimanale da Adriano Olivetti. Scalfari lo definì il “suo alter ego” e fu un lungo rapporto di amicizia e di lavoro. L’indipendenza editoriale, gli introiti ottenuti con l’Espresso e l’obiettivo di raggiungere dei target di pubblico non ancora raggiunti da altri quotidiani, ossia giovani, donne, comunisti, furono quei fattori che portarono Scalfari a poter finalmente riconsiderare e raggiungere il sogno del quotidiano.
Nel luglio del 1975, presso la villa di Giorgio Mondadori editore si posero le basi per la nascita del quotidiano “La Repubblica” e venne firmato l’atto di costituzione. Il primo numero di La Repubblica uscì il 13 gennaio 1976. Per la redazione erano stati selezionati circa una quarantina di giovani e importanti firme come Sandro Viola, Giorgio Forattini, Enzo Forcella, Corrado Augias, Paolo Guzzanti, Miriam Mafai, Natalia Aspesi, Giorgio Bocca. Ci fu una tiratura di 300mila copie e furono tutte vendute.
“La Repubblica” aveva il formato tabloid che allora era innovativo per un quotidiano, più maneggevole e che consentiva anche un risparmio di carta. Univa quindi l’innovazione dei contenuti con l’innovazione del formato. Si proponeva come un giornale di sinistra, ma non legato ai partiti e che nel rispetto della massima obiettività criticava anche la stessa sinistra. All’inizio mancava la pagina sportiva. Poi incontrò Brera che all’epoca scriveva sulla “Gazzetta dello sport” e gli fece un’insolita assunzione in treno.
“La Repubblica” ha così affrontato e attraversato le vicende d’Italia, dagli Anni di piombo a Tangentopoli. Nel 96 Scalfari decide di lasciare la direzione del Giornale e nomina Ezio Mauro come direttore. Tuttavia Scalfari scrive gli editoriali della domenica.
Per Ezio Mauro Scalfari era riuscito a fare un patto col lettore:
“Scalfari ha individuato il suo lettore tipo, lo ha portato a fare parte di una comunità di cui erano titolari sia chi lo scriveva, sia chi lo leggeva. Il lettore non era un cliente ma un partner. Il giornale era la testimonianza di questo patto. Era una lettura critica dell’Italia e di un cambiamento possibile”.
I libri di Eugenio Scalfari
Scalfari era anche un grande appassionato di Filosofia, una scienza che investiva ogni aspetto della sua vita e che trovò espressione nei libri che il giornalista ci ha lasciato quasi tutti pubblicati da Einaudi o Mondadori. Uno di questi è L’amore, la sfida, il destino. Il tavolo dove si gioca il senso della vita. Intorno ad un tavolo di gioco si riuniscono dei personaggi mitologici che discutono del senso della vita.
In questa fondamentale ricerca, il libro rappresenta il seguito di Incontro con Io, L’uomo che non credeva in Dio, Per l’alto mare aperto e Scuote l’anima mia Eros.
Il Dio unico e la società moderna. Incontri con papa Francesco e il cardinale Carlo Maria Martini. L’autore raccoglie qui le sue interviste con Papa Francesco e sul Cardinale Martini a proposito del rinnovamento e della funzione della Chiesa della modernità.
Per informazioni sulla sua bibliografia vai su Mondadoristore.