Il tempo. Quante volte nel corso della giornata ci ritroviamo ad essere in ritardo per un appuntamento o a lamentarci che il tempo non ci basta mai? Vorremmo avere le giornate più lunghe, energie infinite da spendere, anche, più banalmente, per trovare del “tempo per noi”.
La filosofia si è da sempre chiesta cosa sia il tempo, quale sia il suo significato e come “sfruttarlo” al meglio. Ernst Junger è soltanto l’ultimo di questi e la sua riflessione è figlia del suo tempo, un tempo difficile e complicato. Scopriamo insieme tutti i dettagli!
Ernst Junger: vita, opere e pensiero
Ernst Junger è nato ad Heidelberg, in Germania nel 1895. Sin dall’infanzia si distinse per il suo carattere ribelle che lo portò, come molti ragazzi del suo tempo, ad arruolarsi come volontario nella prima guerra mondiale. All’inizio del Novecento, infatti, soprattutto le generazioni più giovani erano esaltate dall’idea di un conflitto, di poter mettersi alla prova per difendere eroicamente la propria nazione. Ma le cose andarono diversamente. La guerra si rivelò distruttiva, feroce e lungi dall’essere “eroica”, molti dovettero prendere coscienza del suo carattere assurdo e bestiale come emerge dalle sue stesse memorie: Nelle tempeste di acciaio, considerato da tutti il suo grande capolavoro.
In essa Junger critica aspramente non solo la guerra ma soprattutto le nuove tecnologie applicate all’esperienza militare. Questa è solo la prima di tante opere letterarie successive in cui Junger si fa portavoce di una condanna disincantata nei confronti del mondo moderno, proprio come, nel frattempo, stavano facendo anche altri intellettuali europei, come Heidegger ma anche Pirandello, Svevo e molti altri.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Junger adottò posizioni nazionalistiche ma non cedette mai alle pressioni del nazismo hitleriano, considerato da lui troppo eccessivo e violento, come si evince dalle moltissime opere, tra romanzi, saggi e diari, che scrisse in questo periodo. Anzi, sembra che fu anche indirettamente coinvolto nell’attentato di Hitler del 20 luglio del 1944.
Junger ebbe una vita lunghissima: morì nel 1998 alla veneranda età di 102 anni. A lui toccò una sorte non molto diversa da quella che colpì D’Annunzio in Italia. La sua figura di intellettuale ribelle e raffinato e le sue idee nazionalistiche, dopo la guerra gli valsero la fama di autore controverso ed enigmatico, le cui opere avrebbero in qualche modo “anticipato” le ideologie naziste.
Per quanto contradditorio e sui generis, Junger non sposò mai l’estremismo e la violenza del nazismo, anzi, negli ultimi anni di vita continuò alacremente a condannarlo e a farsi portavoce di un pacifismo eccentrico ma convinto. Sua è, ad esempio, l’idea di un “anarca” una sorta di leader anarchico e aristocratico molto vicino alla figura del superuomo nietzschiano o d’annunziano.
Il tempo e l’orologio a polvere
Junger fu uno scrittore estremamente prolifico durante tutta la sua vita, affrontando temi che toccavano la guerra, politica, la scienza e il misticismo, dimostrando una sensibilità quasi profetica verso la natura disumanizzante del progresso tecnologico. La concezione del tempo di Junger riflette proprio questa visione della realtà in cui l’essere umano moderno sembra essersi completamente smarrito.
Il filosofo tedesco, ne Il libro dell’orologio a polvere, prospetta l’esistenza di 3 tipi diversi di “tempo”, scanditi da altrettanti orologi differenti. Il primo è l’orologio solare, il più antico, che misura lo scorrere del tempo proprio come una meridiana, basandosi sul movimento degli astri e sulla lunghezza delle ombre. Esso rappresenta il destino, quel tipo di tempo indipendente dall’essere umano e dalla sua volontà e che non può essere controllato.
Esistono poi anche gli orologi tellurici, tutti quegli orologi, cioè, che misurano lo scorrere del tempo secondo processi naturali di una materia che scorre inesorabile o si consuma. La sabbia che scorre nelle clessidre, la cera divorata dal fuoco su una candela, o l’olio che si consuma all’interno di una lampada, sono tutti esempi di orologi “naturali”, soggetti alle forze che governano questo mondo.
Ma nel mondo odierno, spiega Junger, questi orologi non esistono più e sono soppiantati dagli orologi meccanici. Questi orologi sembrano racchiudere in sé le altre due tipologie: il quadrante rimanda ai movimenti degli astri, mentre gli ingranaggi richiamano la terra. Ma essi, in realtà, sovvertono quel tipo di tempo, e lo piegano alla volontà umana: il quadrante è solo una cornice e gli ingranaggi impediscono alle lancette di muoversi secondo la natura forza di gravità.
«Essi sono macchine che creano tempo, che producono tempo», scrive Junger che critica il mondo moderno perché l’uomo sembra aver voluto imbrigliare il tempo, che diventa artificiale, innaturale e costringe chi lo segue a ritmi sempre più frenetici e forsennati. Questo “tempo meccanico” è quello che vediamo quotidianamente nei nostri orologi e nelle scadenze che ci accompagnano incessantemente. È un tempo che ci pressa, ci separa da noi stessi e ci costringe in ritmi sempre più accelerati, in cui ci si perde dietro alle cose da fare e si smarrisce il senso del perché si sta facendo qualcosa.
Ormai siamo tanto più condizionati da questo tempo meccanico che anche quando cerchiamo di “ritagliarci del tempo per noi stessi” finiamo per stressarci ancora di più, perché non riusciamo a liberarci dai ritmi dell’orologio.
Per questo Junger oppone all’orologio meccanico, gli “orologi a polvere”, un concetto simbolico che invita a guardare il tempo non come una sequenza rigida di momenti ma come un flusso continuo, simile alla sabbia che scorre in una clessidra, lento e naturale. Per lui, il tempo non dovrebbe essere visto solo come un bene da controllare e consumare, ma come un’esperienza da vivere con intensità. È un invito a rallentare, a riappropriarsi di un tempo che non si misura in secondi e minuti ma in attimi di significato, di introspezione e di quiete.
Questa visione si rivela particolarmente attuale in un mondo in cui siamo costantemente sotto pressione per essere produttivi e performanti, in cui tutto viene misurato, valutato e monetizzato. Riscoprire l’orologio a polvere diventa allora una forma di resistenza alla frenesia quotidiana, un invito a vivere il tempo come un’esperienza qualitativa e non quantitativa.
Soltanto in questo modo si potrà davvero “trovare il tempo” e scoprirne il suo significato più profondo e originario perché, come spiega Junger, la modernità è «Il mondo degli orologi è il mondo degli uomini poveri di tempo, che non hanno tempo».