Emily Dickinson – nome completo Emily Elizabeth Dickinson – e la sua poesia sono ancora oggi considerate momenti sacrali della letteratura: la donna, infatti, ha lasciato un’orma indelebile nel panorama culturale.
Quando a divenire culturalmente immortale è un’esponente del sesso femminile ogni opera assume quello che possiamo definire come un valore aggiunto, senza nulla togliere a tutti i grandi letterati, poeti, cultori di sesso maschile.
D’altro canto sappiamo bene quanto ogni conquista per le donne rappresenti una vera battaglia, dalla più piccola alla più grande, in special modo in periodi epocali ove il ruolo della stessa non era di certo quello emancipato dei giorni nostri (ah! l’emancipazione: che cosa difficile da ottenere), tutt’altro: la figura femminile veniva vista come colei che non sarebbe mai riuscita a destreggiarsi in determinate situazioni, poco adatta a ruoli designati come prettamente maschili, avvezza – a detta di tutti coloro che oggi potremmo definire come maschilisti – al ruolo di angelo del focolare domestico, spesso bistrattata e relegata in un angolo.
Per fortuna non sempre è stato così, per fortuna la storia è costellata da tante grandi Donne che la storia l’hanno creata. Così è stato anche per Emily Dickinson.
Un po’ Emily Dickinson per tutti noi
La donna nacque il 10 dicembre del lontanissimo 1830 ad Amherst e dove morì anni dopo, esattamente il 15 maggio del 1886. Ma chi era davvero Emily? Le immagini che la ritraggono ci trasmettono serenità, lo sguardo è placido, ma la poetessa aveva realmente un animo sereno? Riusciamo a cogliere quel turbamento interiore che provava e che non diede mai a vedere? Di certo la donna possedeva una grande sensibilità, amava la natura, l’amore, l’amicizia: le proprie opere, difatti, assorbivano di questi temi contorni e concetti, ne erano, insomma, permeate.
Benché dubbiosa nei confronti della religione, si sentiva attratta dalla sfera spirituale e dal rapporto con Dio.
Emily, inoltre, temeva la morte – anche a questo evento, così come al dopo mortem, dedica parecchi scritti – così ad un certo punto della sua vita – precisamente nel 1865 – iniziò a vestirsi di bianco, il colore che per antonomasia simboleggia la purezza.
La poetessa decise di rintanarsi all’interno dell’abitazione di famiglia, isolandosi dall’esterno, per motivi ancora oggi ignoti, ne uscì solo in pochissime occasioni; anche per quanto riguarda l’amore, pare che la donna provò un intenso sentimento nei confronti del reverendo Charles Wadsworth, amore che però rimase solo ideale, non trovando questo rapporto un risvolto concreto.
Emily, la donna dalla grande sensibilità, durante la sua vita conobbe numerose personalità di spicco fra le quali Samuel Bowles, che non era altri che il direttore dello Springfield Daily Republican, con il quale intrattenne un vero e proprio rapporto epistolare. In realtà, la poetessa, scriveva spesso lunghe lettere e per tale ragione molte di queste sono anche state allegate ad alcune delle sue opere.
Questo non fa altro che confermare quanto delicato e sensibile fosse il suo essere.
In seguito, la donna si innamoro’ del giudice Otis Phillips Lord, un uomo anziano, amico del padre: questi era rimasto vedono e la donna sarebbe stata disposta a sposarlo ben presto se non fosse che l’uomo morì un paio di anni dopo. Fu proprio a causa di questo evento funesto, assieme alla morte del nipote prediletto che la poetessa decise di non uscire più dalla sua camera, proprio in quegli anni si acutizzò quella che venne diagnostica come agorafobia, unitamente, si dice, ad un disturbo agli occhi, se non addirittura una forma di epilessia.
Morirà a soli 55 anni di nefrite.
«Quando sentiamo il bisogno di un abbraccio, dobbiamo correre il rischio di chiederlo» (Emily Dickinson)
Emily Dickinson le opere, la pubblicazione post – mortem, quei temi forti manifestazione della sua personalità sensibile
La poetessa, v’è da dire, studiò molto da autodidatta, la casa familiare, ergendosi a luogo di ritrovo culturale, alimentava l’intelligenza e la voglia di sapere della donna. Benché durante la sua vita scrisse moltissimo, si contano circa duemila scritti, poche sono state le opere pubblicate prima della sua morte. I suoi contemporanei spesso snobbarono le opere di Emily Dickinson, poiché gli stessi andavano alla ricerca di uno stile un po’ più articolato.
Le poesie della donna non sono altro che espressione del suo essere, come d’altronde è per ogni poeta o letterato che si rispetti: la poetessa, come detto, era un’amante della natura e faceva in modo che questa sua passione venisse fuori dalle sue poesie, componimenti segnati dalla semplicità, da quel benessere che le veniva appunto trasmesso dal profondo rispetto che nutriva verso tutta la natura in genere.
Caratteristica della sua scrittura era, ad esempio, la punteggiatura: Emily era solita intercalare, all’interno delle sue opere, l’utilizzo delle lettere maiuscole in modo non concordato – verosimilmente ciò che per il resto della gente poteva non avere un senso, per lei di certo lo aveva -, o ancora l’utilizzo delle rime asimmetriche e delle metafore elaborate, ma tutto questo non fece altro che caratterizzare le opere di una poetessa che, è bene precisarlo, hanno assunto maggiore riconoscimento dopo il suo decesso piuttosto che durante la vita della stessa.
Sembra triste tutto ciò, se pensiamo ad Emily ed alla vita che ha condotto: portandosi dentro quel malessere che forse non è noto nemmeno a noi.
Si pensi che dopo la sua morte, tra le raccolte scoperte dai propri familiari, ve ne fu una che gli stessi, prima di farla editare, pensarono bene di far eliminare quelle parti che trattavano dei temi ritenuti inopportuni – sempre in considerazione dell’epoca nella quale ci si trovava -: in questa raccolta vi era un riferimento all’amore saffico ed altri temi definiti, quindi, scabrosi.
Alcune opere di Emily Dickinson
Tra le opere che possiamo citare, ricordiamo Che io sia la tua estate, le più belle poesie d’amore «Emily Dickinson è tra le voci più note e citate della lirica moderna: nei suoi versi la continua oscillazione tra estasi assoluta e smisurato dolore, tra desiderio e privazione, tra attesa e abbandono commuove il lettore, che immediatamente si identifica nell’esperienza personale dell’autrice.
Questo volume raccoglie alcune delle sue poesie d’amore più belle: l’intima irrequietezza e la tensione spesso lacerante che sono un tratto saliente della biografia della Dickinson emergono con chiarezza anche nella sua opera, comunicando un’intensità e un’espressività inconfondibili.»
Ed ancora una raccolta a cura di Barbara Lanati, dal titolo Emily Dickinson Silenzi edito Feltrinelli «Con questa raccolta Barbara Lanati intende smentire l’immagine tuttora prevalente della Dickinson come vergine riservata, chiusa e timida del New England, la ragazza perbene vittima del potere del padre e del vittorianesimo imperante, e intende restituirne, con la traduzione, la scrittura inquieta e inquietante, astratta e insieme raffinatamente sensuale sgorgata da una vita fatta di reclusione, silenzio.
Scabra, dura, ironica, spoglia di rime e facili assonanze che ne avrebbero ammorbidito il passo spasmodico, la poesia della Dickinson trascrive l’esperienza di una donna che seppe abbracciare la condizione della solitudine e farne un provocatorio strumento di conoscenza e avvicinamento all’uomo.»
E mi sembra assolutamente doveroso concludere questo breve articolo su questa straordinaria poetessa, apprezzata dal mondo letterario e non solo, con un suo componimento che, a mio avviso, la rispecchia e la racchiude:
«Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi,
non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita,
o guarirò una pena,
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido,
non avrò vissuto invano.» (E.D.)