Volgendo lo sguardo alla storia, è difficile incontrare il nome di donne importanti nel campo delle scienze. Letterate? Forse. Maestre dell’arte? Più facilmente muse di qualche grande talento maschile. Non sorprende, quindi, che siano ancora meno i nomi delle scienziate che spiccano, prima del passato più recente. Un’eccezione è rappresentata da Émilie du Châtelet.
Voltaire lo conosciamo tutti, ma di Émilie du Châtelet non ci parla nessuno
Émilie du Châtelet fu una scienziata e letterata che visse negli stessi anni in cui in Francia operava Voltaire, celeberrimo filosofo e intellettuale illuminista. Nata nel 1706 in una ricca famiglia, ebbe il privilegio – abbastanza unico per l’epoca – di venire educata non soltanto in abito letterario e linguistico, per cui dimostrava una spiccata propensione, ma anche scientifico, sebbene quest’ultimo fosse generalmente esclusiva degli uomini.
Pur non potendo mai usufruire di quella che oggi noi chiameremmo istruzione superiore, la dama riuscì ad arricchire enormemente il proprio bagaglio culturale grazie all’assunzione di vari precessori privati, a una grade mole di letture da autodidatta e alla sua partecipazione ai salotti e ai ritrovi culturali dell’epoca, dove le fu possibile entrare in contatto e conoscere alcune delle più grandi personalità a lei coeve.
Sposatasi a diciannove anni con un’unione volta a soddisfare richieste sociali, non fu mai fortemente legata al marito. Si può dire, invece, che l’amore della sua vita fu proprio Voltaire, a cui fu legata prima da un sentimento passionale e, negli ultimi anni, da uno platonico. Émilie du Châtelet non solo discuteva con lui di filosofia, ma lo aiutò a comporre – e poi scrisse lei stessa in autonomia – testi divulgativi rivolti a un pubblico dal livello culturale medio-basso, in modo da poter diffondere la coscienza e le ultime scoperte scientifiche anche tra coloro che non avevano facile accesso alla cultura, come voleva lo spirito illuminista.
Anche quando la componente romantica della relazione tra i due scemò, rimasero comunque in ottimi contatti, tanto che, quando Émilie du Châtelet morì nel 1749 di parto (era rimasta incinta del nuovo amante, a un età considerata molto pericoloso per l’epoca, in cui il tasso di mortalità delle puerpere era elevato. La bambina non sopravvisse che per brevissimo tempo, e lei se ne andò sei giorni dopo) Voltaire, nella sua corrispondenza privata, scrisse: “Non ho perduto un’amante ma la metà di me stesso. Un’anima per la quale sembrava fatta la mia“.
Viene, quindi, spontaneo chiedersi: se l’influenza di Émilie du Châtelet sul filosofo e il suo contributo nella stesura di alcune opere sono stati così importanti per Voltaire e per gli intellettuali del tempo, non dovrebbero esserlo, proporzionalmente, anche per noi?
La nuova pubblicazione Sellerio su Émilie du Châtelet
Se ti dovesse interessare approfondire meglio le vicende della vita di Émilie du Châtelet, ti consiglio una pubblicazione Sellerio editore uscita di recente. Si tratta di La ragazza con in compasso d’oro di Paola Cosmacini.
Émilie du Châtelet (1706-1749) fu una delle personalità più straordinarie del suo tempo. Scrittrice, traduttrice, donna colta e curiosa, si intendeva di filosofia, fu memorabile soprattutto per la storia della scienza: matematica di genio riconosciuto e scienziata sperimentale, con le sue pubblicazioni e traduzioni aiutò a diffondere in Europa il «newtonianismo».
Figlia di un barone funzionario di corte e moglie di un marchese appartenente all’alta aristocrazia, univa in sé le più preziose caratteristiche delle classi fortunate della sua epoca: femme savante in anni in cui la diffusione dei saperi apriva alle donne accademie e biblioteche, sempre in movimento tra la Parigi frenetica, i suoi castelli e altri tranquilli ritiri, benevola e amichevole nei salotti mondani, frivola quando ciò la ispirava.
Nel 1733 l’incontro con Voltaire, da cui nacque un legame sentimentale e soprattutto intellettuale. «C’è una dama a Parigi che si chiama Émilie e che per creatività e capacità di ragionamento supera di gran lunga coloro che si vantano e dell’una e dell’altra. Ella comprende Locke assai meglio di me», scrisse il filosofo nella sua Corrispondenza. Mme du Châtelet divenne infatti sua protettrice e benefattrice nel celebre ritiro di Cirey, interlocutrice autorevole nei dibattiti, talvolta guida scientifica per quel filosofo non segnatamente versato in queste discipline.
Questa biografia vivace e documentata entra in tutti gli angoli di una vita di scienza e di passione, abbandonando la storia della donna «addomesticata», musa-amante. E mentre accompagna il lettore nella società aristocratica della prima metà del XVIII secolo, offre il ritratto di una donna che anticipa i temi dell’emancipazione femminile, rivendicando il diritto all’uguaglianza e a una educazione libera da pregiudizi.