Ritorna in libreria il clandestino, ormai naturalizzato italiano, Eltjon Bida. Ritorna con Che fine ha fatto quel clandestino?, sequel naturale di C’era una volta un clandestino, suo romanzo d’esordio che ho avuto già modo di leggere e recensire qualche tempo fa.
Da quel passato di clandestino in poi, Eltjon Bida ha avuto modo di mietere successi con la sua scrittura, il romanzo è infatti stato apprezzato da pubblico e critica ed è risultato vincitore di svariati ed importanti premi e, devo dire, li ha meritati tutti. Non solo, ha lasciato nei lettori il desiderio di conoscere l’evoluzione della sua storia di immigrato albanese. Ed ecco arrivata nel settembre 2021 la pubblicazione, curata da Pubme per la Collana Policromia, di Che fine ha fatto quel clandestino?
In entrambi i romanzi Eltjon Bida racconta se stesso e le esperienze di ragazzo costretto a lasciare la sua terra, l’Albania, per cercare un “eldorado” di fortuna in Italia. Eldorado che ha in parte trovato ma al costo di enormi sacrifici e di un grande spirito di adattamento. A questi elementi ha aggiunto, cosa non indifferente, una grande bontà d’animo, un’immensa disponibilità e generosità in tutte le circostanze della sua vita.
Che fine ha fatto quel clandestino?: un pezzo di vita di Eltjon Bida
Come C’era una volta un clandestino, il sequel Che fine ha fatto quel clandestino?, è il racconto di un pezzo di vita, la vita reale di Eltjon Bida. Una vita e un destino che malgrado le mille difficoltà, Eltjon non smette di ringraziare. Lo fa nel contesto della storia raccontata nel libro ma lo fa anche e ne sono sicura, nella vita reale. Eltjon Bida è una persona vera, uno a cui l’insperato ma meritato successo di scrittore non ha dato alla testa, caratteristica questa che gli è universalmente riconosciuta.
Umiltà, gentilezza, disponibilità e lealtà sono il suo biglietto da visita, nel romanzo come nella realtà. L’Eltjon protagonista di entrambi i romanzi è lo stesso Eltjon che scrive e si stupisce per l’affetto e il successo che la vita gli riserva: forse non sa o se lo sa se ne meraviglia, che quanto riceve è frutto del suo dare… Perché è vero che a chi dà, sarà dato in misura maggiore.
Con una scrittura semplice, scorrevole, con uno stile lineare e confidenziale ma nello stesso tempo coinvolgente ed accattivante Eltjon Bida racconta le sue reali esperienze di immigrato in cerca di una vita migliore, i mille lavori fatti sempre con infinita buona volontà, le amicizie, l’amore… Il tutto condito e realizzato da e con modi schietti e puliti. Accontentandosi di poco e ringraziando Dio e la buona sorte o chi la rappresenta, per ogni cosa.
Eltjon Bida però, forse non ha compreso che la buona sorte è anche frutto del suo modo gentile ed educato di porsi, nella vita come nel romanzo.
Leggere Che fine ha fatto quel clandestino? è come sentire un racconto reale dalla viva voce del suo autore, tanto è la semplicità con la quale l’autore si interfaccia con i suoi lettori. Semplicità e verità che arrivano direttamente al cuore di chi legge che, coinvolto, si trova a tifare con lui e per lui. La cosa che colpisce maggiormente, leggendo Che fine ha fatto quel clandestino? è capire che quanto Eltjon Bida racconta è vera vita. In entrambi i suoi romanzi è essenzialmente la verità che si legge, pur non mancando qualche passaggio in cui è inevitabile l’invenzione letteraria.
Eltjon Bida un uomo semplice, uno scrittore spontaneo
Mi è difficile in questa recensione staccare la persona dallo scrittore, pur conoscendo Eltjon Bida solo attraverso i social e attraverso qualche molto sporadico messaggio, mi è difficile dicevo, perché ritengo non ci sia una reale distinzione fra i due ruoli: Eltjon scrive di sé stesso così com’è, semplice e spontaneo, capace di ringraziare persino se gli prometti di leggere il suo ultimo libro che gentilmente ti ha inviato.
A Che fine ha fatto quel clandestino? auguro lo stesso successo di C’era una volta un clandestino perché è il naturale e sincero seguito del racconto di un pezzo di vita. Ad Eltjon Bida auguro invece di poter realizzare i futuri progetti di scrittura magari facendo sapere ai lettori cosa o chi è diventato quel ragazzo albanese che, arrivato con un gommone sulle coste italiane, ha saputo conquistare una fetta di pubblico e di estimatori con la semplicità della sua scrittura. E magari, perchè no? Trasformare in un unico volume le sue esperienze di vita: potrebbero diventare anche il soggetto per un film che racconta un pezzo di storia…
Un sincero post scriptum…
Siccome ritengo di essere una persona estremamente sincera come te, caro Eltjon consentimi di fare un solo piccolo appunto al tuo libro: mi permetto di dirti di accantonare la poesia, terreno duro e ostico da coltivare e di continuare con la prosa perché quello è il tuo campo: un terreno sul quale puoi seminare e raccogliere tanto.
Per l’ignaro lettore che si starà chiedendo cosa intendo dire con questo non richiesto consiglio, mi sembra doveroso precisare che nel contesto della storia di Che fine ha fatto quel clandestino?, Eltjon Bida inserisce alcuni brani che, da estimatrice di versi e affini, non mi sento di definire poesie, sono piuttosto piccoli esperimenti di scrittura in rima. Eltjon Bida rende molto meglio in prosa. È più spontaneo e più vero senza rime e versi forzati. I suoi romanzi sono già poesia così come sono, nella semplicità della loro essenza.