L’attrice e conduttrice Elena Di Cioccio, dopo 21 anni a nascondere le sue medicine, ha confessato a Le Iene di essere sieropositiva. L’ex Iena ha anche scritto un libro, Cattivo Sangue, nel quale ha spiegato la sua malattia.
Elena Di Cioccio e la sieropositività
“Ciao sono Elena Di Cioccio, ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva”.
Comincia così il monologo di Elena Di Cioccio a Le Iene. L’attrice, conduttrice ed ex inviata del programma racconta per la prima volta pubblicamente, con un monologo e poi con un’intervista durante la puntata del 28 marzo, della diagnosi ricevuta oltre 20 anni fa. Una diagnosi non più sinonimo di morte, ma che resta uno stigma per chi la riceve.
“Ho l’Hiv, sono una di quelli con l’alone viola. Ero molto giovane quando questa diagnosi stravolse completamente la mia vita. All’inizio ho avuto paura di morire, poi di poter fare del male al prossimo. ‘E se contagi qualcuno?’, mi dicevo, ‘Non me lo perdonerei mai’. Non è mai successo, non ho mai contagiato nessuno e non sono morta”.
Nel libro Cattivo Sangue, in uscita il 4 aprile, racconta senza il minimo sconto una vita clamorosamente fitta di sfide e dolori. Una vita fatta di vergogne e paure. Nel monologo a Le Iene ha raccontato:
Invece in questi 21 anni, mentre le terapie mi consentivano via via di vivere una vita sempre più normale, ad uccidermi è stata una smisurata vergogna di me stessa. Ho vissuto la malattia come se fosse una colpa. Pensavo che tra me e l’altro, la persona peggiore fossi sempre io. Mi sentivo sporca, difettosa. Avevo timore di essere derisa, insultata, squalificata dal pregiudizio che ancora esiste nei confronti di noi sieropositivi. Così per difendermi, ho nascosto la malattia iniziando a vivere una doppia vita. Una sotto le luci della ribalta e un’altra distruttiva e depressa.
Ma una vita a metà non è vita, e ho capito che ne sarei morta se non avessi fatto pace con quella parte di me. Io sono tante cose e sono anche la mia malattia. Oggi sono fiera di me, non mi vergogno più, e l’Hiv è molto diversa da come ve la immaginate. Io non sono pericolosa, sono negativizzata e finché mi curo io non posso infettare nessuno. Potete toccarmi, abbracciarmi, baciarmi e tutto il resto. Se volete continuare ad avere paura, io lo accetto, però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico. L’ignoranza.
Il giorno della diagnosi
“Il giorno in cui l’ho saputo, mi sono disintegrata in mille pezzi. Ero un po’ integralista sul preservativo. Sono una rompica***. Questa roba non mi è arrivata perché me la sono andata a cercare, è arrivata per caso. Mi ricordo che era come se avessi letto la data di scadenza. Uscivamo dagli anni 90. Era morto Freddie Mercury, era morto Nureyev. Uscivano queste immagini di questi scheletri a letto che morivano tra le braccia dei propri cari. Questa sindrome era legata alla tossicodipendenza, all’omosessualità e alla promiscuità. Se lo hai preso, hai fatto qualcosa di male”.
Una donna eccezionale e un esempio per tutte quelle persone che credono di aver perso le speranze. Presto leggerò il suo libro. Grazie per aver parlato di lei e grazie per aver ricordato il titolo del suo libro