Buongiorno iCrewer! Oggi vorrei parlarti del libro che ho appena finito di leggere. Si tratta di un’opera di qualche anno fa, ma che è ancora in voga e in buona posizione nelle classifiche mondiali: Eleanor Oliphant sta benissimo, di Gail Honeyman, edito da Garzanti.
Anna Francesca aveva già recensito il romanzo poco dopo la sua pubblicazione, mentre io ho conosciuto questo titolo solo di recente. Non trovi che sia una delle esperienze di lettura migliore, potersi confrontare con altri che hanno già terminato lo stesso volume che occupa i tuoi pensieri?
Soprattutto perchè quello di Gail Honeyman è un lavoro che, a mio parere, si presta a una moltitudine di interpretazioni, lascia trasparire così tante sfumature che se ne potrebbe parlare per ore.
Un po’ di trama
Eleanor Oliphant è felice. Conduce una vita stabile, con una routine testata e solida, che non l’ha mai tradita. Certo, ha contatti sociali molto limitati – soprattutto in ambito lavorativo – e un rapporto tutto fuorché idilliaco con sua madre, ma non è una cosa così insolita, no?
E poi, all’improvviso, l’incontro contro con una persona speciale, con un uomo che cattura la sua attenzione istantaneamente, le fa scattare qualcosa dentro. E quello pare essere solo il primo dei cambiamenti che la vita sta per riservare a Eleanor.
Cosa l’aspetta nell’imperscrutabile futuro?
Eleanor Oliphant sta benissimo: la recensione
Il romanzo di Gail Honeyman mi è piaciuto. Eleanor Oliphant sta benissimo è una storia molto particolare, così come lo è stata la mia esperienza di lettura. Non ti nascondo che, nei primi capitoli, ho annaspato un po’. Non capivo bene che tipo di racconto avessi tra le mani, che donna fosse Eleanor, e forse sono stati proprio questi interrogativi a spingermi a continuare.
Pian piano la trama mi ha avvinto, la voglia di sapere cosa stesse succedendo, cosa stava per accadere, mi ha conquistata, e ho divorato le pagine restanti.
Eleanor è un personaggio particolare, che osserva la realtà in modo quasi straniato. A suoi occhi la società scozzese contemporanea è quasi un mistero: non conosce molte delle usanze implicite, non comprende certi comportamenti, non ha nessun indizio su cosa sia appropriato o meno fare in determinate situazioni.
Ciò ci dà la rara possibilità di osservarci attraverso un occhio esterno, ragionare su ciò che diamo per scontato, fino a renderci conto che, a volte, i nostri modi di fare sono davvero assurdi (o quanto meno strani). È quasi come se venissimo spogliati di ogni automatismo e, attraverso la protagonista, non solo riscoprissimo il tempo in cui viviamo, ma anche noi stessi.
Mi è piaciuto davvero molto il modo in cui Gail Honeyman ha caratterizzato Eleanor. Facciamo la sua conoscenza allo stesso modo in cui accadrebbe con una persona in carne ed ossa: non è subito chiaro come sia, non si prevede pienamente il suo modo di agire o pensare. Sinceramente, all’inizio del romanzo non mi stava proprio simpatica (non esattamente il ritratto della cortesia, leggermente saccente, di giudizio abbasta facile). Poi, però, nel corso della narrazione, la situazione è cambiata.
L’introspezione, l’analisi interiore, la complessità dei suoi pensieri e dei suoi ragionamenti sono descritti così efficacemente e nel dettaglio, che pian piano mi è sembrato di avere davanti una vecchia amica e l’unica cosa che avrei voluto fare, era abbracciarla.
Raymond, invece, mi è piaciuto fin da subito. Non lo definirei esattamente il protagonista maschile, ma di sicuro un componente essenziale di tutta la storia. Con il suo carattere mite, comprensivo e paziente, guida inconsciamente Eleanor alla scoperta e nella comprensione del vivere sociale. È in grado di rimanere lucido, obiettivo, ma anche di scaldarsi quando necessario.
Lo stile di Gail Honeyman, così come quello del traduttore Stefano Beretta (perchè dobbiamo ringraziare anche lui, per la straordinaria leggibilità della versione in italiano), è scorrevole. Incisivo e chiaro, ma senza essere cinico o asettico. Ho apprezzato davvero molto l’intervallare, ad esempio, il flusso di pensieri della protagonista, con descrizioni naturali molto suggestive.
Trovo molto appropriata anche la cover. Sebbene ci voglia un bel po’ per capirne il motivo, non appena si chiude definitivamente il volume, è subito chiaro il perchè di questa scelta.
Concludendo, Eleanor Oliphant sta benissimo è un romanzo particolare, scorrevole ma che fa riflettere. Tranquillo ma coinvolgente, con colpi di scena nei momenti perfetti. Davvero, se cerchi una nuova lettura, scegli quest’opera di Gail Honeyman!
Gail Honeyman
Il sogno più grande di Gail Honeyman è sempre stato quello di scrivere. Puoi immaginare, allora, quanto spossa essere stata felice, come le debba essere sembrato un sogno vedere il suo romanzo d’esordio, Eleanor Oliphant sta benissimo, riscuotere un successo così grande.
L’opera, infatti, è stata venduta in più di quaranta Paesi, ha vinto un numero molto alto di premi (motivo per cui non sto qui ad elencarteli tutti) e, anche anni dopo, non solo fa ancora parlare di sé, ma viene suggerita con entusiasmo dai librai ai lettori in cerca di linfa vitale (sì, se te o stessi chiedendo, è esattamente così che ne sono entrata in possesso).
“Ciò ci dà la rara possibilità di osservarci attraverso un occhio esterno, ragionare su ciò che diamo per scontato, fino a renderci conto che, a volte, i nostri modi di fare sono davvero assurdi (o quanto meno strani)”
Mi piace molto questo passaggio della tua recensione, con la quale mi trovo assolutamente d’accordo, perché appunto questo romanzo fa riflettere .
È soprattutto un monito a non cadere nella trappola della solitudine quando il mondo ci sembra così ostile da non riuscire a sentirsene parte. Tante volte mi sono sentita anche io un po’ Eleanor Oliphant. Ma poi è anche vero che c’è sempre qualcuno “strano” come noi che può comprenderci se solo glielo concediamo.
Sono contenta che la recensione ti sia piaciuta!
È vero, spessissimo anche a me succede di sentirmi strana -o anche solo diversa- rispetto a chi mi circonda. Penso che questo libro aiuti a mettere un po’ in prospettiva le cose. A farci rendere conto che non siamo gli unici ad avere dubbi o sentirci fuori posto e che, come dici tu, probabilmente c’è qualcuno che aspetta solo che lo facciamo entrare.