Due vite ( Neri Pozza Ed) di Emanuele Trevi è esattamente il libro che mi aspettavo di leggere dopo aver ascoltato la sua presentazione a Lecce da parte dell’autore. Pur avendo lo scrittore un’immagine e un modo di porsi anticonformisma e scanzonato, ho scoperto, al contrario, che la sua è una scrittura ricercata, quasi aulica, un aspetto che rende il libro ancora più interessante.
È lui stesso a rivelare in un intervista ciò che lo ha spinto a ricordare i due amici.
“Tutti questi ricordi” racconta Trevi” sono riemersi quando, mettendo in ordine un armadio, ho trovato delle fotografie che mi raccontavano il tempo che con Pia Pera e Rocco Carbone avevo condiviso.
In quel momento ho pensato che noi viviamo nel tempo, che il tempo è irreversibile, che perdiamo le cose, ma anche che da qualche parte quella serata esiste”.
Due vite che danno voce ai ricordi
Evidente l’unione che deve aver cementato i tre amici, lo si respira in tutta la scrittura. A questo proposito, anche la brevità del testo, ( solo 130 pagine) ha acceso la mia curiosità: mi sono resa conto, infatti, che, oltre a risvegliare l’attenzione sui personaggi oggetto della storia, il testo brilla per lo stile letterario usato per descriverli.
In effetti, la forza descrittiva di Emanuele Trevi costringe a soffermarti sull’umanità dei due scrittori entrando con delicatezza in quella che è stata la loro vita insieme, le goliardie condivise, la loro genialità letteraria, gli aspetti caratteriali e le debolezze individuali, capaci di renderli unici pur nella debolezza e le fragilità.
Trevi sceglie di iniziare il libro parlando di Rocco Carbone, l’amico scrittore di origini calabresi, conosciuto al suo arrivo a Roma nell’inverno del1983 e scomparso in un incidente stradale nel 2008. Le prime note di memoria si concentrano sulla figura, i lineamenti, il suo modo di rapportarsi alla realtà quotidiana,
“Era una di quelle persone destinate ad assomigliare, sempre di più con l’andare del tempo, al proprio nome. Fenomeno inspiegabile, ma non così raro. Rocco Carbone suona, in effetti, come una perizia geologica.
Un’appartenenza forte accumunata non solo dalla condivisione di esperienze letterarie quanto quella generata dall’amicizia. La stessa amicizia che lo lega, sin da giovane, alla scrittrice Pia Pera, anche lei scomparsa nell’agosto del 2016 dopo una lunga malattia, con la quale divide e condivide momenti importanti della sua vita oltre quelli estremi degli ultimi istanti di vita.
Due vite, un libro sull’amicizia: Rocco Carbone
Tre amici legati da una grande amicizia, un sentimento imprescindibile che, in qualche modo, regola le loro vite, smorza le tensioni scatenate dalle diversità caratteriali riemergendo nei momenti di difficoltà. Il rapporto con Rocco Carbone è certamente quello più conflittuale e più complesso, la sua è una personalità controversa, rigida, in conflitto perenne con sé stesso. La diversa visione della realtà e delle relazioni, in più di una occasione, lo costringe a prendere strade diverse per poi fare ritorno all’intimità di valori fondamentali mai perduti.
“Parlare della vita di Rocco significa necessariamente parlare della sua infelicità, e ammettere che faceva parte della schiera predestinata dei nati sotto Saturno.
Ma come definire ciò di cui soffriva Rocco? Volendo far coincidere esattamente un nome ad una cosa, alla fine bisognerebbe coniare un nuovo termine, tipo “rocchite”, “rocchiasi”
“
Rispetto umano e letterario, amore per la cultura, la letteratura, Rocco Carbone è uno studioso, preciso e rispettoso delle norme che regolano la scrittura, “la sua è una tesa all’uniformità, la narrazione non” batte ciglio” anche sporgendosi su abissi di dolore e sofferenza” scrive Trevi.
Guardandolo da lontano, Carbone è visto come un uomo infelice ma, nello stesso tempo, avido nel voler vivere la vita inseguendo sogni di gloria. Rocco Carbone non riuscì mai a raggiungere il tanto desiderato successo letterario e per un “Campione del risentimento cosmico”, come lo definisce Trevi, era già motivo di frustrazione. Dopo l’improvvisa scomparsa dell’amico Trevi stesso ha scelto di completare Per il tuo bene l’ultimo libro postumo dello scrittore calabrese.
Due Vite: il ritratto di Pia Pera, simbolo di resilienza
“C‘è un tipo di saggezza che consiste nell’aspettare la verità come un eremita nel deserto, murato tra le proprie abitudini, insensibile alla mutevole varietà del mondo.
“Può essere: ma Pia era di tutt’altra razza; cavalleria leggera. Mentre si leccava la ferita, era già risalita in groppa”.
Dalla penna di Trevi ne esce la figura di una donna intraprendente, traduttrice o nel caso professoressa di letteratura russa, viaggiatrice disincantata, “curiosa verso la bizzarria umana,” scrive Trevi.
Pia Pera è descritta come una donna sempre sorridente alla vita e capace di resilienza anche davanti alle prove più dure, “un essere incantevole, scrive Trevi. ” e tutto ciò che è incantevole produce uno starno scintillio, e le persone incantevoli spesso si consumano e infine si dissolvono nel loro sciame vorticante di minuscole luci.”
Lo sguardo di Trevi nella vita di Pia Pera è certamente più malinconico. Almeno questa è la mia sensazione leggendo il libro. Nonostante tutto le loro vite comunque si incrociano e lo scambio umano e culturale rimane invariato nel tempo.
“L’ultimo grande libro di Pia è grande letteratura o meglio grande poesia, se intendiamo con questa parola un grado supremo di espressione dell’umano. Del singolare, dell’inadeguato” scrive Trevi e in questa definizione risiede tutta la sua ammirazione umana e letteraria.
Con Due vite Emanuele Trevi restituisce alla memoria i legami interrotti dal destino, dà voce ai ricordi e ricercandoli li rivive quasi fosse indispensabile dare risposte alle proprie domande. Nulla da dire quindi sulla scorrevolezza del linguaggio; da critico letterario Trevi ha saputo sapientemente dosare i termini e sintetizzare i concetti anche quelli più ricercati. Non mi sorprende che abbia vinto il Premio Strega.
Il risultato più importante? Quello di avere acceso la mia curiosità; Rocco Carbone e Pia Pera, almeno per me, sono ora una bellissima scoperta!
“Io cerco di fuggire dal generale, perché ho una certezza: l’individuo è la misura delle cose” .