Nel cuore dell’Italia del Quattrocento, in un’epoca in cui alle donne era raramente concesso di studiare, Dorotea Bucca divenne una figura straordinaria: la prima donna al mondo a ottenere una cattedra universitaria.
La sua storia, oggi poco conosciuta, è un esempio luminoso di talento, determinazione e passione per la conoscenza.

Una nascita nel sapere: la famiglia Bucca
Dorotea Bucca nacque nel 1360 a Bologna, città che all’epoca ospitava una delle università più antiche e prestigiose d’Europa. Suo padre, Giovanni Bucca, era un noto medico e professore di filosofia e medicina presso l’Università di Bologna.
Fin da bambina, Dorotea ebbe accesso a un’educazione fuori dal comune per una donna del Medioevo: studiò latino, filosofia naturale e medicina, seguendo le orme paterne con curiosità e rigore.
La sua formazione avvenne probabilmente in ambiente domestico, ma sotto la guida di uno dei più importanti medici del suo tempo. Quando Giovanni morì, l’Università di Bologna riconobbe il talento della figlia e la chiamò a succedergli nella cattedra di medicina e filosofia. Era il 1390, e Dorotea aveva solo trent’anni.

Una donna cattedratica nel Medioevo
L’ingresso di Dorotea Bucca nel corpo docente dell’università fu un evento senza precedenti.
In un’epoca in cui le donne non avevano diritto di voto, non potevano ricoprire cariche pubbliche e raramente venivano ammesse alle aule universitarie, Dorotea sedette tra i professori più stimati di Bologna, guadagnando rispetto e riconoscimento.
Secondo le cronache, il suo stipendio era di 100 lire all’anno, una cifra pari a quella dei docenti maschi più illustri dell’ateneo. Questo testimonia non solo il valore del suo insegnamento, ma anche la stima di cui godeva presso colleghi e studenti.
L’eredità culturale di Dorotea Bucca
La figura di Dorotea Bucca è oggi considerata una pioniera dell’emancipazione femminile nel campo delle scienze. La sua carriera aprì simbolicamente la strada ad altre donne che, nei secoli successivi, avrebbero sfidato i confini del sapere maschile: da Elena Cornaro Piscopia, prima donna laureata al mondo (1678), a Laura Bassi, fisica e docente anch’essa a Bologna nel Settecento.
Dorotea non lasciò opere scritte note, ma la sua esistenza documentata ha un valore simbolico inestimabile. Dimostra come anche nel Medioevo ci fossero spazi — seppur rari — in cui il talento poteva prevalere sul pregiudizio di genere.
Bologna e le donne del sapere

Non è un caso che proprio Bologna sia stata la culla della carriera di Dorotea Bucca. L’Università bolognese vantava una tradizione di apertura senza eguali in Europa: già nel XII secolo aveva riconosciuto il ruolo di donne come Bettisia Gozzadini, giurista che insegnò diritto, e successivamente di Novella d’Andrea, altra docente di diritto civile.
Questa continuità storica rende Bologna un luogo simbolico per la storia dell’istruzione femminile, e Dorotea Bucca ne è una delle protagoniste più illustri.
Raccontare la vita di Dorotea Bucca significa riconoscere le radici dell’uguaglianza nel sapere. In un mondo che ancora oggi lotta per la parità di genere nelle discipline scientifiche, la sua figura diventa un’icona di ispirazione: una donna che, oltre sei secoli fa, riuscì a rompere le barriere sociali e intellettuali del suo tempo.
Dorotea non solo insegnò medicina, ma dimostrò che la conoscenza non ha genere. La sua storia è un invito a riscoprire le tante donne dimenticate dalla storiografia ufficiale, ma che hanno contribuito in modo determinante alla costruzione del pensiero moderno.