Sguardi persi di Donatella de Filippo
Caro iCrewer è venuto il momento di Donatella de Filippo e Sguardi persi uno dei racconti presente nella raccolta Quando il fine non giustifica i mezzi. In questi giorni, in cui ognuno sta reinventando la propria quotidianità, una storia che profuma di verità e speranza
Questo racconto leggetelo nel silenzio di queste lunghe giornate e pensate a cosa farete quando tutto tornerà “normale”. Non indugio oltre, ti auguro buona lettura!
>>> SECONDA PARTE <<<
È passata una settimana da quella sera e ogni giorno accade qualcosa. E’ come se mi aspettasse. Io non gli do molta corda, ma lei mi guarda e mi sorride e quando non lo fa, quasi mi preoccupo, e penso che forse ho fatto o detto qualcosa che non dovevo, poi penso che mi faccio un sacco di seghe mentali. Uffa, penso troppo! Me lo dicono tutti. Tutti chi poi. Se devo proprio pensare a qualcuno con il cervello, è Adriano. Mi manca Adriano… maledetti uomini.
“Ei ci sei?” mi strattona Loredana. “E’ da un po’ che ti guardo, mi sembri Miriam quando guarda la lavagna”.
“Che ne sai tu di Miriam?” rispondo secca.
“Sarai diventata la sua psichiatra?” mi risponde.
“Non ti smentisci mai eh?” rispondo incazzata.
“Che avrò mai detto? Da quando sei seduta accanto a quella svitata ti sei svitata anche tu!”.
In effetti la mia vicinanza con Miriam era diventata oggetto di discussione in classe e a me questo cominciava a dare fastidio, appena Miriam mi prendeva la mano capivo che voleva andare da qualche parte e io la seguivo, senza parlare e tutti ci guardavano. E poi il falco, la prof. d’italiano, era stata chiara, dalla riuscita dell’incarico passava anche la mia promozione ed era l’unico modo per farle cambiare idea su di me.
E comunque, piano piano, ogni giorno, scoprivo di lei qualcosa in più e questo mi piaceva, ma non piaceva alla classe. Infatti, appena mi allontanavo per qualche motivo dal banco Miriam mi seguiva con lo sguardo smarrito, come se avesse paura di ritrovarsi da sola, Giulio ne approfittava per darle fastidio e ogni volta era la stessa storia.
“Giulio la lasci in pace?”
“Certo che tu e la matta siete diventate una cosa sola” mi sussurra avvicinandosi all’orecchio.
“Ma ti senti quando parli?” faccio io
“Dai non prendertela, non ho mica detto nulla di male”, continua, “ho solo detto che da un po’ non ti fai più vedere, non esci più con noi, stai sempre con quella.”
“Quella ha un nome!” rispondo mentre prendo il cappotto per uscire dalla classe. “E ti pregherei, almeno per una volta, di fare il serio. Se foste diversi e meno superficiali capireste che Miriam non è diversa da noi, basterebbe solo ascoltarla, aspettare che si metta in contatto con voi. Bisogna rispettare i suoi tempi, aiutarla. Ma questo per te è difficile da capire vero?”
“Eccola là, Santa Valeria da Cascia, ti faranno santa subito!” Risponde Giulio.
“Vabbè inutile parlare con te, fatica sprecata me ne vado.” Mi allontano verso il portone ma Loredana mi blocca.
“Giulio sarà pure un cretino ma ha ragione, non vieni neanche agli allenamenti perché?”
“Perché non posso, ho promesso alla mamma di Miriam di aiutarla a studiare.”
“Ah già, si mangia a casa di Miriam, si studia a casa di Miriam, dormi a casa di Miriam?”, mi risponde acida Loredana.
“Ho capito”, rispondo “Ti sei bevuta il cervello anche tu.”
“Ok. Ok, aspetta, forse abbiamo esagerato, è che non ti vediamo più, secondo la classe, stai un po’ esagerando, tutto qui! Se proprio, vuoi passare il tempo con quella non ci sono problemi ma, almeno non dimenticarti di noi?”
Mi fermo, in fondo non hanno tutti i torti, da quando vado a trovare Miriam, lo faccio quasi ogni giorno, mi sono allontanata da tutti e una bella serata in pizzeria o un sano cinema, lo ammetto, mi mancano un po’.
“Hai ragione”, rispondo, “mi sono allontanata un po’, ma Miriam è migliorata tanto da quando…”
“Miriam, Miriam, non riesci a pensare ad altro”, risponde Marco “noi sabato andiamo in pizzeria e poi al cinema, vieni sì o no!”
“Non so; sì, sì vengo, ok vengo, magari potremo invitare anche Miriam, che ne dite?” aggiungo timidamente.
“Parli sul serio?” risponde Giulio uscendo dalla scuola
“Certo ragazzi! Miriam verrà con noi! Aiutiamola, diamole la stessa opportunità che abbiamo noi, di avere amici, ridere, senza intimorirla, vedrete che staremo benissimo. Vi prego aiutatemi!” li guardo supplicandoli.
“Tu sei matta!” mi dice Giulio mettendo in moto il motorino.
Non ero sicura di avere avuto una buona idea nel decidere di portare Miriam con noi, ma ormai era fatta e non si poteva tornare indietro: mi sembrava l’occasione giusta per farle trascorrere un’esperienza nuova.
Mi faccio accompagnare a casa da Marco, lo ammetto non ho una faccia tranquilla e a mia madre basta un secondo per capirlo.
“Ciao tesoro, tutto bene? Come è andata a scuola? Ti hanno interrogata? Non è andata come speravi?”
“Mamma, calmati!” rispondo, sorpresa “Niente di tutto questo, è che sono un po’ preoccupata, sabato vogliono andare in pizzeria e poi al cinema, io gli ho detto che voglio portare anche Miriam con noi, ecco ho paura che …”
“E perché sei preoccupata? Non dovresti,” m’interrompe abbracciandomi mia madre “hai fatto la cosa giusta, tesoro, forse è arrivato il momento di aiutare Miriam sul serio e di dare la possibilità ai tuoi amici a diventare persone migliori, non credi?”
“Sì mamma, lo credo anch’io e speriamo vada tutto come deve andare”, rispondo sorridendo.
Era tutto facile in teoria, ma nella pratica non ne ero così sicura. Pur con qualche dubbio, ho avuto il permesso di portare Miriam solo in pizzeria con la promessa solenne di tenere il cellulare sempre accanto e acceso qualora fosse accaduto qualcosa e già questo mi metteva l’ansia addosso, in fondo, è la prima volta per lei ma lo è anche per me con lei.
Non credo di poter dimenticare quel sabato con Miriam, per me è stato importante, comunque, e credo anche per i miei compagni.
Giulio e Marco sono venuti a prendermi con la macchina e siamo andati da Miriam. Non ho avuto bisogno di suonare il campanello, è già fuori dal portone con sua madre. Mi sorride, ma il suo questa volta è un sorriso strano, preoccupato, mi segue ma senza lasciarmi la mano.
Entriamo in pizzeria, non la lascio un attimo, le spiego con calma dove stiamo andando, cosa stiamo facendo e lei mi sorride, ma non mi lascia la mano. Inaspettatamente anche Giulio e Marco cercano il tavolo più tranquillo, aiuto Miriam a sedersi e mi allontano un attimo per lasciare il cappotto. Loredana chiama il cameriere per le ordinazioni e si siede accanto a Miriam, anche Giulio senza dire nulla si siede accanto a lei, io di fronte.
Li guardo un po’ preoccupata mentre ordino.
“Ragazzi non fate scherzi, mi raccomando, vi prego!” Dico preoccupata. “Dobbiamo aiutare Miriam ad avere un buon ricordo di questa serata. E’ importante che vi comportiate bene, ok? Socializzate con lei, non fate gli agitati come al solito e non bevete come spugne!”
“Tranquilla gioia” risponde Giulio “non la lasciamo sola un attimo, vero Miriam? Gli ordini sono ordini.”
Miriam comincia a muoversi, guarda Giulio e poi Loredana, non è tranquilla, le stringo una mano e si calma. Nel frattempo Marco le riempie il bicchiere di birra, lei mi guarda, prende il bicchiere e mi fa segno di bere, sorride, le faccio le boccacce e bevo. Mi sento toccare una spalla.
“Guarda chi si vede?” Mi giro e la mano di Adriano mi arruffa i capelli.
“Adriano, tu… che ci fai qui”. Rispondo ipnotizzata “Quando sei arrivato?”
“Ho chiamato a casa e tua madre mi ha detto che eravate qui e sono venuto, ho fatto male?”, mi risponde.
“No no, anzi, hai fatto bene. E’ che non ti aspettavo, sei sparito, non ti sei fatto più sentire, pensavo…”
“Te l’ho sempre detto, tu pensi sempre troppo, quando imparerai a non pensare con la testa degli altri sarà sempre troppo tardi, ma chi è lei?”
“E’ la mia compagna di banco, da un mese, l’abbiamo portata con noi per farla socializzare un po’. Guardo Miriam e le prendo la mano, non voglio dare troppe spiegazioni. Anche lei ci guarda, sorride e abbassa gli occhi.
“Ragazzi vi rubo Valeria per qualche minuto, posso?” Adriano mi prende per mano e mi trascina fuori dal locale, ho solo il tempo di avvisare Giulio e Loredana, mentre Miriam mi guarda smarrita.
“Mi raccomando”, dico a bassa voce.
Fuori dal locale, Adriano si accende una sigaretta e mi prende per mano: “Facciamo due passi.”
“Sì, ma non posso stare moltissimo, devo rientrare per Miriam.”
“Chi è quella ragazza? Perché sei così legata a lei?”, mi chiede, curioso.
“E’ nuova della classe, è una ragazza autistica e sto cercando di aiutarla. All’inizio non è stato facile ma, a poco a poco, mi sono affezionata a lei, sento che mi vuole bene. Ho pensato che una serata fuori, fatta di cose normali, potrebbe aiutarla a stare meglio, ma è la prima volta, capisci, ho un po’ paura che accada qualcosa, ecco perché non posso stare troppo tempo fuori.”
“Capisco”, mi risponde, “non mi sono mai sbagliato su di te. Sei la dura con il cuore d’oro, forse è per questo che non riesco a dimenticarti. Tu sai arrivare al cuore delle persone e io ti adoro! Mi sei mancata sai?”
“Anche tu… tanto”. E’ l’unica cosa che mi è venuta da dire prima di ritrovarmi abbracciata a lui, senza parlare, e lo saremmo rimasti se un cameriere non fosse uscito gridando.
“Signorina presto, c’è una ragazza che si sta sentendo male!”
Con il cuore in gola entro nel locale correndo, seguita da Adriano. Penso subito a Miriam, accidenti a me, lo sapevo, non la dovevo lasciare sola.
Trovo Miriam in un angolo della sala, tremante, con la faccia rivolta verso il muro, le mani che toccano la fronte, le prendo la mano e l’abbraccio.
“Sono qui. Tranquilla, non è successo nulla”. Le sussurro con dolcezza, ”è tutto a posto, ora sono qui con te, ok ?”. Le prendo la mano e la porto verso la sedia.
“Cos’è successo?”, chiedo a Giulio, “Mi sono solo allontanata un attimo?”
Giulio e Marco mi guardano quasi dispiaciuti e la cosa, in verità, mi ha fatto piacere. Per la prima volta, li vedo preoccuparsi per qualcosa che non riguarda se stessi.
“Vale, scusami”, mi dice Marco, “pensavo che farla ballare un po’ le sarebbe piaciuto. Ci ha provato anche Giulio. Anzi le abbiamo dato anche un po’ di birra così per scuoterla un po’. Tu ci hai sempre detto che lei non esce mai, non vive la vita che facciamo noi e io ti ho preso in parola. Non pensavo che avrebbe avuto una reazione così. Così forte, ecco.”
“Ragazzi”, rispondo, “non ho parole. Come vi è venuto in mente di darle la birra? E di farla ballare? Vi avevo chiesto di essere tranquilli, con lei, di non farla agitare.”
“Ho cercato di fermarli”, dice Loredana con le lacrime agli occhi. “L’ho detto subito che non era il modo giusto per farla divertire”.
“Sì, hai ragione. Siamo stati due stupidi” continua Giulio prendendo le mani di Miriam, ancora intimorita e senza staccare gli occhi da lei. “Lei con gli occhi ci diceva che aveva paura, ma noi non l’abbiamo ascoltata, abbiamo pensato con la nostra testa e non con la sua. E ci dispiace. Non volevo farle del male, volevamo che stesse bene, ma non è questo il modo giusto. L’ho capito solo ora. E l’ha capito anche Marco, vero Marco?”
“Si. Mi dispiace e ti chiedo scusa, non volevo”, risponde Marco a occhi bassi e molto imbarazzato.
Appoggio le mani sulle spalle di Miriam che alza gli occhi, mi guarda e sorride, la sento più serena.
“Non dovete chiedere scusa a me, ma a Miriam” rispondo “E’ a lei che dovete dimostrare di avere sbagliato nonostante le buone intenzioni. Ma non sarò certo io a dirvi come fare, lo sapete già, lo avete imparato stasera, stando con lei.
Ognuno di noi è diverso dall’altro ed è per questo che va rispettato, qualunque sia il problema che sta vivendo. E va ascoltato, non solo con la mente ma con il cuore, è questo che rende le persone più sensibili di altre. E ora se non vi dispiace, ho fame e voglio mangiare la pizza. Non è per questo che siamo venuti? Vero Miriam?
In questo momento, non so quanti pensieri siano passati nella mente di Miriam, che cosa abbia pensato di me, di noi, di quello che è accaduto. So solo che ora siamo tutti insieme, seduti a questo tavolo, e siamo tutti più tranquilli, ridiamo e scherziamo, e anche Miriam, in fondo, nel suo mondo, sa che tutto, d’ora in poi, andrà meglio, perché, da stasera saremo tutti migliori.
Io ne sono certa.
Ah dimenticavo, ho presentato Adriano a Miriam, sapete cosa è successo? Mi ha guardato, ha appoggiato la sua mano sulla mia e mi ha detto:
“Batti cinque, Valeria!”
>>> FINE <<<