Caro iCrewer, viviamo nell’era dell’abbondanza e siamo la generazione più ricca e longeva di sempre eppure dal dopoguerra in poi, si è radicato un senso di inadeguatezza e inappagamento sia collettivo che a livello personale. Insomma negli ultimi cinquantanni il disagio è stato sulla bocca di tutti, da Freud agli Youtuber, dai rapper alle linee di abbigliamento.
Le cause di questo malessere diffuso sono ben spiegate in Disagiotopia. Malessere, precarietà ed esclusione nell’era del tardo capitalismo a cura di Florencia Andreola, pubblicato da D Editore e appena uscito in libreria.
Un saggio a più voci attraverso cui vengono mostrati gli effetti collaterali modello capitalistico, che se da un lato ha dato vita al boom economico, dall’altro ha creato anche diseguaglianza, nevrosi e precarietà di massa.
Disagiotopia
Il termine disagio esprime un malessere ormai endemico che ognuno vive e interpreta in modo del tutto personale. Risulta quasi un non-stato, un limbo di malessere dai confini sfumati. Per capire il fenomeno conviene quindi partire dalla definizione:
Disagio [di-ʃà-gio]
Mancanza di agi, di comodità; condizione o situazione scomoda, spiacevole. Senso di imbarazzo, di impaccio. Condizione di malessere, di inquietudine, di insoddisfazione.
Secondo una interpretazione più antica del termine: mancanza di ciò che è necessario.
Florencia Andreola, ricercatrice indipendente che si occupa di storia e critica dell’architettura e della città e dei temi sociali ad esse connessi, ha voluto ulteriormente approfondire questa tematica attraverso l’esplorazione degli spazi domestici, urbani, economici e sociali.
In Disagiotopia, il disagio viene messo sotto la lente di ingrandimento dalla professoressa Andreola insieme a un team di esperti, che lo hanno esaminato dal punto di vista storico, filosofico, architettonico, urbanistico, sociologico e psicologico.
Hanno dato il loro contributo all’opera :
Pier Vittorio Aureli, architetto e docente presso l’Architectural Association di Londra. La sua ricerca si concentra sulla relazione fra l’architettura, la teoria politica e la storia urbana.
Federico Chicchi professore di sociologia economica del lavoro presso l’Università di Bologna, dove insegna Sociologia economica e del lavoro. Svolge attività di ricerca sulle trasformazioni del lavoro, del capitalismo e della soggettività.
Umberto Galimberti filosofo, psicoanalista, sociologo e giornalista. Ha rivisitato e reinterpretato, in maniera originale il pensiero filosofico e la cultura in generale, il suo maggior contributo riguarda lo studio del pensiero simbolico.
Maria Shéhérazade Giudici architetto e insegnante della School of Architecture presso il Royal College of Art. la sua tesi The Street as a Project: The Space of the City and the Construction of the Modern Subject è una critica dell’idea contemporanea di spazio pubblico e un tentativo di ripensare il “vuoto tra gli edifici” come oggetto di intenzioni politiche e architettoniche. Il suo lavoro attuale è incentrato sul rapporto tra i tipi di alloggio e le politiche del lavoro riproduttivo, ed è anche la fondatrice della piattaforma editoriale ed educativa Black Square.
Loretta Lees professoressa di Geografia al Kings College di londra e autrice di articoli accademici sulla gentrification. Un concetto sociologico che indica il progressivo cambiamento socioculturale di un’area urbana da proletaria a borghese a seguito di riqualificazione e rinnovamento di zone o quartieri cittadini, con conseguente aumento del prezzo degli affitti e degli immobili e migrazione da parte di soggetti abbienti.
Guido Mazzoni, è un poeta, saggista e critico letterario. È tra i fondatori del sito letterario Le parole e le cose. Nella poesia La pura superficie scrive: “leggo il silenzio tra le parole come un disagio che passa la psicologia”.
Saskia Sassen, è una sociologa ed economista statunitense nota per le sue analisi sulla globalizzazione e i processi transnazionali. Secondo la Sassen, la globalizzazione dell’economia, accompagnata dall’emergere di modelli di potere transnazionali, ha profondamente alterato il tessuto sociale, economico e politico degli stati-nazione, di vaste aree sovranazionali e, non da ultimo, delle città.
Raffaele Alberto Ventura Oltre alla sua pagina Eschaton cura una rubrica per Wired. Il suo primo libro, Teoria della classe disagiata, è stato uno degli esordi più acclamati degli ultimi anni. Il suo libro d’esordio è un’analisi della crisi economica e degli effetti che questa ha su una generazione di giovani benestanti altamente istruiti che non riescono a trovare un lavoro all’altezza delle loro ambizioni.
Lo scopo di Disagiotopia è quello di apprendendere e fronteggiare il fenomeno “Disagio” e creare nuovi equilbri che meglio bilancino l’interesse economico e benessere sociale. Nuove strategie e approcci per contenere effetti collaterali dell’abbondanza, e ridurre il livello di malessere come prezzo da pagare per la ricchezza.