Caro iCrewer, hai mai sentito parlare di Clotilde Marghieri? Probabilmente no, ed è per questo che ho voluto portare sotti i riflettori questa scrittrice italiana.
Di origini napoletane, Clotilde Marghieri nasce il 17 gennaio 1897. Il suo cognome da nubile era Betocchi, ed era cugina del poeta Carlo Betocchi. Nata da una famiglia altoborghese, ha studiato presso il Collegio delle Montalve alla Quiete di Firenze.
Ritornata a Napoli, sposa Gino Marghieri nel 1920. Nel 1926, la cara amica Pellegrini Rosselli le presenta lo storico d’arte Bernard Berenson, con il quale instaura una profonda amicizia e un fitto rapporto epistolare.
Nei primi anni Trenta inizia a scrivere, pubblicando racconti e novelle nelle riviste napoletane per signore Modella e Modellina e, dietro suggerimento dell’amico Bernard Berenson, su Il Mattino illustrato, Il Gazzettino, Il Giornale di Brescia e Il Corriere di Napoli. Seguono poi elzeviri su vari quotidiani a carattere nazionale, tra cui Il Corriere della Sera, Il Mondo, Il Mattino, La Nazione.
Nello stesso periodo lascia l’abitazione napoletana per la campagna, si trasferisce alle pendici del Vesuvio, presso Torre del Greco. Per essere precisi, va a vivere nella frazione di Santa Maria la Bruna, nella Villa La Quiete. La villa è lo sfondo dei suoi 22 racconti, che sono raccolti nel suo libro d’esordio Vita in villa.
Così la ricorda un suo amico ed estimatore, lo scrittore e giornalista Giovanni Battista Angioletti, che viveva nello stesso paese:
Vita in villa è un libro di memorie vissute con intensità, da una donna colta e impegnata. Lei ha saputo rappresentare con arte e con sapienza, come meglio non si poteva, quell’avvicendarsi di passioni e di avversioni che è proprio della gente del Vesuvio; questa gente che sempre ritorna alla propria calda, amorosa umanità, così come il Vulcano, dopo ogni furore, si ricompone nella sua stupefacente bellezza.
Clotilde Marghieri scrive:
Per decantare le mie ire, per salvare i miei furori, per salvare, anche questa volta, la bella favola che era stata la mia vita in campagna nei primi tempi, per fermare sulla carta persone e personaggi che intorno a me sembrava chiedessero a gran voce di essere ritratti, presi a scrivere della mia vita in villa.
Le opere di Clotilde Marghieri
Il suo primo libro di Clotilde Marghieri, Vita in villa, esce nel 1960 (nuova ed. Avagliano, 2004) accompagnato da una lettera di G.B. Angioletti. A seguire Le educande di Poggio Gherardo (1963), che vince in quello stesso anno il Premio Telese e il Premio Spoleto, mentre la nuova edizione Vallecchi intitolata Le educande“(1972) si aggiudica il Premio Novaro.
Il successivo romanzo Il segno sul braccio del 1970 ottiene il Premio Villa San Giovanni. Nel 1974 esce il romanzo epistolare Amati enigmi, ispirato alla corrispondenza con Luigi Baldacci, a cui viene assegnato il Premio Viareggio.
Costruito sotto forma di un’unica lunga lettera, scritta la notte di Capodanno a un uomo misterioso di nome Jacques.
Di bello, di tenero, di voluttuoso, nella mia esistenza di oggi non ci sono più che i sogni. Nei sogni, che sconfiggono il tempo, ho sempre vent’anni, o sono da fuori di ogni età, perché essi mi restituiscono a quella che fui, che sono ancora, e mai a quella che appaio.
Amati enigmi, trasformato in un lucido monologo, è stato messo in scena da Licia Maglietta nel 2018.
Clotilde Marghieri si spegne a Roma nel 1981, e nello stesso anno esce il volume Specchio doppio (1927-1955), che reca un’ampia selezione del carteggio intercorso con Bernard Berenson.
Negli anni successivi si aggiungono due significative edizioni, ossia il volume unico Trilogia (1982) che raccoglie le prime tre opere di Clotilde Marghieri, e infine la pubblicazione postuma di due suoi scritti nel volume Lento cammino alle lettere. Conferenza letta al Circolo della stampa di Napoli – Caccia piccola. Commedia inedita in tre atti (1991).
Adesso che conosciamo un po’ Clotilde Marghieri, vi lascio con una sua frase:
Mi domando se una sola vita basta ad esaurire le energie di un’anima. Io, per esempio, dovrei rinascere più d’una volta, per non andarmene inadempiuta.