Cleto La Triplice: un uomo, un avvocato, un Iron man
Il termine sport racchiude in se innumerevoli significati, lo identifichiamo per come siamo abituati a viverlo, una parte di noi lo vive a livello agonistico, taluni per sentirsi bene, per altri è una passione talmente forte da essere maniacale e guai se non ci fosse. Di questi esempi ce ne sono tanti, magari non li conosciamo personalmente, a me basta guardare, non nascondo il velo di ironia, i maniacali amanti della corsa che tutti i santi giorni, ad ogni ora vedo muoversi ai bordi delle strade trascinando stancamente le gambe e offrendo agli automobilisti di passaggio il più pietoso degli sguardi, quello da acido lattico. Non fa nulla se c’è il sole cocente o la pioggia più fitta, l’importante è farlo, qualunque cosa accada pena il fallimento più totale o lo svenimento immediato. Sono cinica? Strano vero? Beh, ho trascorso così tanti anni in questa dimensione da trasformarla nel mio lavoro senza però viverla a livello psicotico. Come si dice, la virtù sta nel mezzo delle cose e lo sport non fa eccezione. L’attività agonistica, se si sceglie di perseguirla con consapevolezza, presuppone tanta abnegazione, sacrifici e costanza ma, come nello studio o nella vita o nelle relazioni personali, è dalla qualità delle nostre azioni che dipende l’obiettivo che abbiamo deciso di raggiungere. Ti dirò di più, nell’agonismo più che l’estenuante sforzo è la ripetizione e l’automatismo dei gesti tecnici a dare validità ai programmi prefissati, l’importante che questi siano mirati e adeguati alle caratteristiche dell’atleta. Mi sono lasciata andare a elucubrazioni personali, me ne rendo conto, ma tutto questo l’ho vissuto e conosco in qualche modo il famoso “dietro le quinte”.
Il triathlon, non fa eccezione e gli atleti che si cimentano in questa disciplina, ai tempi dei greci o dei romani, sarebbero stati considerati dei semidei. La sua è storia giovane, nasce nel 1977 da una scommessa di un gruppo di amici su di una spiaggia di Honolulu, alle Hawaii. Tra loro si discuteva su quale gara fosse la più dura finché un comandante della Marina, John Collins, suggerì di riunire le tre prove in un’unica gara senza sapere che da questa idea sarebbe nato il Triathlon. Alla prima gara di Ironman alle Hawai parteciparono solo 14 atleti, le regole erano quasi inosservate: alcuni comprarono la bicicletta il giorno prima, chi si fermò al Mac per riposare, nonostante tutto la prima gara ebbe il suo primo vincitore, un certo Gordon Haller. Con il tempo le cose e anche le regole sono cambiate, nei programmi olimpici si percorrono a nuoto 1500 mt, 40 km in bicicletta e 10 km di corsa, il numero dei partecipanti è salito in maniera esponenziale anche in virtù delle difficoltà che grazie alle specificità consentono a diversi di poter accedervi. La grande partecipazione di atleti ha spinto il CIO nel 1994 ad inserire il Triathon nelle Olimpiadi di Sydney 2000, un momento importante per la nuova federazione in attesa di una conferma ufficiale.
Per tornare all’appassionato senza regole, il personaggio di cui oggi ti voglio parlare è davvero sui generis; all’inizio leggendo la sinossi del suo primo libro Uno scemo con la medaglia al collo la prima reazione è stata di riderci sopra, nello scorrere poi altri suoi scritti sono rimasta un po’ interdetta. Che sia un amante di questo sport così singolare è un dato di fatto ma una volta vissuta l’esperienza agonistica si è fermato a riflettere e dai suoi pensieri sono nati altri due libri simpaticissimi e i titoli sono uno spasso.
Questa è la sua breve ma incredibile storia.
Lui si fa chiamare Cleto La Triplice ma è solo uno pseudonimo; per quello che sono riuscita a scoprire è un avvocato bolognese innamorato del Triathlon per il quale è necessario, se non indispensabile, essere veloci, saper nuotare e andare in bicicletta. Ho usato termini facili per semplificare il tutto ma capirai che sono tre qualità fondamentali e diverse tra loro, attitudini non facili da far convivere in un solo individuo. Per il nostro simpatico avvocato tutti questi limiti non sono mai esistiti, almeno finché mettendosi alla prova, ha scoperto non solo di non possedere, purtroppo, le attitudini giuste ma che, la lunga lista di ex mogli prodotta dalla fanatica caparbietà nel coltivare questo sport, era molto più lunga di quello si pensasse. Stravolto dalla verità imbarazzante ha preso carta e penna e ha scritto un altro simpatico libro Il mio ex faceva l’Ironman edito da Del Faro, e la sua presentazione è davvero troppo simpatica.
Cleto La Triplice è un grande amante dello sport. Un triatleta convinto. Un Ironman equilibrato, ma soprattutto lento. Stanco di allenamenti a fianco di fanatici e invasati della triplice disciplina, ha deciso di punirli smascherando in quest’opera vizi e capricci di una categoria intera. Le situazioni descritte non sono di fantasia, ma sono state vissute dall’autore in prima persona e con grande sofferenza. Grande sostenitore del fatto che questo sport sia splendido purché sotto il vigile controllo di una donna. Il dolore e lo sconforto che negli anni ha riposato negli occhi delle rispettive mogli e compagne dei triatleti trova qui una vendetta.
Non contento, per eliminare ogni dubbio ha pensato bene di partecipare alla prova mondiale di Iron man a Kona, nelle isole Hawaii, il sogno dei triathleti amatoriali di ogni età; un’allucinante ma fantastica esperienza che ha descritto a suo modo, in un diario di viaggio sportivo Kona. Il mondiale di Ironman raccontato da Cleto La Triplice nel quale rivela con un linguaggio grottesco, vizi e debolezze di gran parte dei praticanti di questa durissima disciplina multipla.
“Il racconto è visto dagli occhi dello scrittore, che insieme a due amici non più giovanissimi alla gara ha in un modo o nell’altro, realmente partecipato, e che alle Hawaii ha comunque “lasciato il cuore”, in una sorta di romanzo autobiografico.
Una storia di triathlon, di sentimenti, amicizia (sebbene con altri deficienti), psicosi, monotoni allenamenti e vite agonistiche, che solo chi sta loro accanto può comprendere pienamente e che agli occhi del lettore sedentario, descrive in modo iperbolico in tutta la “loro demenza” la vita “tragicomica” dei protagonisti.
Spiega La Triplice, “Siamo davvero malati. Abbiamo davvero passato il segno. Felici di essere drogati di triathlon! Ma sapendo riderci sopra e ammettendo che il triathlon è donna! Solo una ragazza può fare bene tre cose nello stesso momento. Nella stessa giornata. L’uomo riesce a fare solo una cosa alla volta e molto spesso rischia di esagerare.”
Cleto sei un grande!