Ieri abbiamo visto come il mondo dell’editoria si trovi in difficoltà a causa del grande numero di atti di pirateria. Ma chi sono i pirati dei libri? Sicuramente troviamo gli studenti universitari, che sono costretti a ricorrere all’uso di fotocopie dei testi per far fronte alle spese da sostenere, soprattutto quando si è un fuori sede.
Chi sono i pirati dei libri?
Oltre un italiano su tre (il 36% della popolazione sopra i 15 anni), ha compiuto almeno un atto di pirateria editoriale nell’ultimo anno. Nello specifico, uno su quattro (il 25%) ha scaricato gratuitamente almeno una volta un ebook o audiolibro da siti o fonti illegali su Internet, il 17% ha ricevuto da amici/familiari almeno un ebook, l’8% ha ricevuto da amici/conoscenti almeno un libro fotocopiato, il 7% ha acquistato almeno un libro fotocopiato. L’incidenza della pirateria è particolarmente alta tra i lettori forti (lettura giornaliera o settimanale) di libri cartacei (45%), tra quelli di ebook (68%), e tra quelli di audiolibri e podcast (66%).
Se guardiamo però ai settori specifici dell’editoria universitaria e degli utenti dell’editoria professionale, la situazione è ben più allarmante. Ha compiuto nell’anno almeno un atto di pirateria l’80% degli studenti universitari. Mediamente, ognuno di questi utenti ha piratato oltre 10 testi (10,1). Se prendiamo invece in considerazione l’universo dei liberi professionisti (avvocati, notai, commercialisti, ingegneri, architetti e altri), il 61% di costoro ha compiuto almeno un atto di pirateria nell’ultimo anno, con una media di 9,2 atti ciascuno.
Se è vero che la stragrande maggioranza degli italiani, ovvero l’84%, è consapevole del fatto che gli atti di pirateria sono illeciti e/o illegali, molti tendono a minimizzarne gli effetti. Solo il 15% pensa che gli atti di pirateria siano molto gravi e quindi da perseguire legalmente. Per il 46% sono abbastanza gravi e per il 39% lo sono poco o per niente. Il 23% della popolazione, inoltre, non sa che lo Stato punisce severamente ogni atto illecito e il 66% ritiene comunque poco o per niente probabile la possibilità di essere scoperti e puniti.
Gli italiani sono convinti di farla franca e non incorrere in sanzioni
Se è vero che la stragrande maggioranza degli italiani, ovvero l’84%, è consapevole del fatto che gli atti di pirateria sono illeciti e/o illegali, molti tendono a minimizzarne gli effetti. Solo il 15% pensa che gli atti di pirateria siano molto gravi e quindi da perseguire legalmente. Per il 46% sono abbastanza gravi e per il 39% lo sono poco o per niente. Il 23% della popolazione, inoltre, non sa che lo Stato punisce severamente ogni atto illecito e il 66% ritiene comunque poco o per niente probabile la possibilità di essere scoperti e puniti.
La ricerca Ipsos per Aie, ha spiegato Nando Pagnoncelli, è stata svolta a novembre del 2019 su un campione di 4.000 interviste così suddivise: 3338 casi rappresentativi per genere, età, area geografica, ampiezza centro, professione e titolo di studio, 452 studenti universitari rappresentativi per genere, età e area geografica e 466 liberi professionisti sempre rappresentativi per area geografica.
Per il sottosegretario con delega all’Informazione e all’editoria, Andrea Martella, questo fenomeno “incide sul concetto di democrazia stessa, la riduce” e per arginarla bisogna pensare ad una campagna istituzionale che faccia capire, soprattutto ai giovani, che la pirateria “è un furto”. Quindi, come strumento di contrasto ipotizza, oltre ai sistemi repressivi, “un nuovo sistema di incentivi fiscali a prodotti editoriali che promuova la lettura e la legalità”.
Per Ricardo Franco Levi, presidente Aie, “la pirateria ruba ricchezza al paese e futuro ai giovani. Una volta – ha sostenuto – c‘erano le fotocopie, ora c’è la rete e ci sono i libri gratis ovunque”. Quindi, “le piste sono almeno tre: l’educazione, per spiegare quanto forte sia il danno; il contrasto con l’affermazione della legalità e il sostegno alla forma di acquisto legale“.
Sulla stessa linea il presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, che si dice d’accordo sulla campagna istituzionale che cambi l’approccio culturale al problema. “Noi ci siamo come editori. Deve essere una campagna istituzionale, di tre o quattro argomenti, che sia una goccia tutti i giorni“; e che aiuti, ha concluso, a “recuperare il gap italiano rispetto alla cultura dell’Europa del Nord, dell’Est o addirittura dei giapponesi. Oggi l’unione di editori e Fieg è un passo importante“.