La vigilia di Natale è generalmente un giorno di grande attesa e di preparativi! Non dimenticatevi però di ritagliarvi qualche attimo di relax, magari guardando un film natalizio o leggendo qualche buon libro.
Per questo ho deciso di lasciarvi in quest’ultima casella del calendario dell’avvento un altro racconto.
Un racconto che intende celebrare la gioia e lo spirito di condivisione che il Natale porta con sè.
Non mi resta dunque che augurarvi una buona lettura e soprattutto…un buon Natale!
Il vecchio albero di Natale
Il cielo era luminoso quella vigilia di Natale. Caldi raggi dorati filtravano attraverso le tende fino ad illuminare l’ampio salone di casa Rhodes. La famiglia era riunita proprio lì e contemplava con occhi incerti il vecchio albero di Natale tirato fuori dalla cantina.
Aveva un fusto esile e grigiognolo e i rami si erano fatti assai radi con quegli aghi, un tempo di un verde brillante, ora ridotti a sottili filamenti marroncini e giallognoli. La cima del vecchio albero, poi, era piegata da un lato, stanca e priva di forze.
«Sta bene il nostro albero, mamma?» chiese la piccola Emma, una bambina di appena dieci anni con lunghe trecce bionde.
«È solo un po’ stanco» rispose mamma Rose, accarezzando la testa della figlia «Ormai ha tanti anni».
«Perché non andiamo a comprarne uno nuovo?» propose papà Jon.
Emma guardò i genitori con gli occhi lucidi di gioia prima di annuire vigorosamente col capo.
In men che non si dica Jon caricò il vecchio albero di Natale sull’auto e con il resto della famiglia si diressero verso il vivaio della città. Durante il tragitto la piccola Emma lanciava sguardi tristi e preoccupati al vecchio albero di Natale.
Ripercorse con la memoria tutti i bei Natali passati sotto quell’albero che ora appariva così dimesso e privo di vita ma che allora era stato verde e luminoso, ricco di decorazioni e luci colorate.
Le strade erano deserte. Probabilmente erano tutti indaffarati a preparare le proprie case al Natale ormai imminente.
Il vivaio era un enorme edificio da cui si respirava, senza neanche entrarvi, un fresco odore di terra e muschio. Anche lì non c’era nessuno, fatta eccezione per un uomo dall’aspetto trasandato e dagli abiti logori, gettato su un angolo del marciapiede accanto ad un bidone da cui si sollevavano piccole e timidi fiamme.
Emma osservò per un attimo, incuriosita, il mendicante che teneva un cappello malandato in una mano tremante nella speranza di racimolar qualche spicciolo.
«Vieni Emma» la richiamò la mamma «andiamo a scegliere il nuovo albero di Natale!».
Il volto della bambina si illuminò e con un grosso sorriso seguì i genitori nel vivaio.
All’interno c’erano tantissime specie diverse di piante. Alcune erano alte e con fusti enormi, altre erano piccole e piene di fiori minuscoli e dalle forme diverse. Emma si lasciò incantare da tutta quella miriade di colori, forme e profumi prima di dirigersi verso una specie di giardino al cui ingresso campeggiava la scritta “Alberi di Natale”.
Ma appena varcò la soglia di quell’angolo del vivaio la luce sul suo volto svanì come la fiamma di una candela che si spegne sotto un soffio di vento improvviso.
«M-ma mamma! Non c’è niente qui!» la serra degli alberi di Natale, infatti, era completamente vuota. Era rimasto solo qualche manciata di terra e qualche sottile ago di pino qua e là.
«Mi dispiace» rispose il vivaista. Era un signore anziano dall’aspetto allegro che, scopa alla mano, spazzava il pavimento dai residui rimasti dalle ultime vendite «Gli alberi di Natale sono terminati».
Jon e Rose si lanciarono degli sguardi preoccupati. Entrambi strinsero la piccola Emma che aveva piegato il capo così da nascondere le lacrime che a fatica cercava di soffocare.
Mentre i genitori si fermarono a parlare con il proprietario del vivaio Emma fuggì fuori dal negozio diretta ad ampie falcate verso la propria auto. Voleva solo nascondersi e sfogare tutta la propria tristezza e delusione.
Fuori l’aria s’era fatta pungente e un vento gelido sferzava con violenza i loro volti, schiaffeggiandoli quasi a volersi far beffe di loro. Nuvole grigie e pesanti s’erano addensate davanti al sole, schermandone la luce. Stava facendo buio.
Quando raggiunse l’auto, però, trovò il vecchio mendicante appostato vicino al finestrino. La bambina si immobilizzò temendo che il barbone volesse derubarli ma poi notò qualcosa che la incuriosì e tranquillizzò allo stesso tempo.
L’uomo aveva gli occhi lucidi, proprio come i suoi, e non sembrava affatto avere cattive intenzioni. Se ne stava lì fermo, immobile a contemplare l’auto. Il suo corpo tremava ma ad Emma sembrò che non fosse per colpa del freddo.
«Che costa sta facendo?!» chiese allarmato il padre di Emma mentre la mamma afferrava la figlia e la stringeva in un abbraccio protettivo.
Il mendicante sobbalzò e si ritrasse nascondendo il volto tra le mani con aria spaventata
«Scusatemi! Io non stavo facendo niente! Solo che…ecco…stavo…»
Emma sfuggì alle braccia della madre che lanciò un grido preoccupato mentre la figlia si avvicinava all’uomo
«Ti piace il nostro vecchio albero di Natale, non è vero?» domandò la piccola con aria innocente.
Il mendicante chinò il capo con aria quasi colpevole, quasi si volesse nascondere tra la barba grigia e la massa di capelli ispidi che contornava il volto.
«Sì» ammise «È da tanto tempo che non ne ho uno a casa mia. Per questo passo sempre qui vicino la vigilia di Natale» gli occhi si erano fatti umidi nonostante cercasse di nasconderlo.
Emma non ci pensò due volte prima di rispondere:
«Allora possiamo darti il nostro! A noi non serve più» si voltò verso i genitori chiedendo loro conferma.
Rose e Jon la guardarono preoccupati ma poi si rassicurarono.
Sul volto della figlia era tornato il sole.
«Certamente!».
Il mendicante disse di chiamarsi Levi e li condusse a casa sua, una piccola casupola malandata fuori città, con le pareti scrostate e ingiallite dall’incuria. Nonostante le proteste dell’uomo, Emma e i suoi genitori insistettero per portare il vecchio albero di Natale all’interno.
La casa era buia e in disordine e s’avvertiva un forte odore di chiuso. Rose, entrando, scorse subito alcune foto all’ingresso: vi era raffigurato un giovane Levi che stringeva tra le braccia un bambino, non più grande di Emma. Sembravano così felici insieme.
«Emma» chiese dolcemente la mamma «Ti va se aiutiamo il signor Levi a decorare l’albero?»
Per tutta risposta Emma trotterellò felice verso l’auto e tirò fuori tutte le vecchie decorazioni per portarle dentro.
«N-no! Non c’è bisogno di…» protestò Levi ma Rose gli pose una mano sulla spalla e gli sorrise.
Emma si divertì un mondo a decorare e sistemare la casa assieme a Levi e ai suoi genitori. Le ragnatele e la polvere di quella casa furono spazzate via dall’entusiasmo della piccola. E allo stesso modo anche le ombre dal cuore del povero Levi furono rischiarate da quella luce così travolgente.
Il vecchio albero di Natale sembrò rianimarsi e prendere nuova vita. Levi non riusciva a smettere di ridere osservando quel vecchio albero pieno di luci difettose, palle di Natale un po’ opache e altri stracci e addobbi improvvisati.
Anche Emma era felice.
Il suo vecchio albero di Natale non era mai stato tanto bello.